A fest d’à Madonn, don Rino Caporusso (intervista): «Alla festa della Madonna incontriamoci per far festa»

di NICOLA RICCHITELLI – Si torna nelle periferie della città quest’oggi, lì dove in fondo il nostro viaggio era partito; si torna nelle periferie e termina il nostro viaggio in questo primo esperimento denominato A fest d’à Madonn, la festa della Madonna, e si chiude nella parrocchia di San Paolo Apostolo, situata nelle zone del nuovo ospedale. Si ringrazia per l’occasione della disponibilità avuta nei nostri confronti, quindi un sentito grazie don Pino, un grazie anche a don Vito per la sua smisurata pazienza, grazie di cuore a don Claudio... si, mi riferisco a te! Grazie infine al dott.Cosimo Cannito e al suo staff, e grazie a don Rino Caporusso, che quest’oggi è qui a raccontarci di questa bellissima festa.

Il nostro viaggio finisce qui o forse, perché in fondo la festa dura tre giorni e la Madonna va via mercoledì, domenica ci sarà una sorpresa, forse... e che parlando con quel tal Gino Pastore che cantava di Barletta nelle sue canzoni di questa festa ci ha raccontato molto e molto altro ancora. Voi accompagnateci in questo nostro peregrinare, in fondo c’è poco da annoiarsi!       

Don Rino, tra qualche giorno la città di Barletta festeggerà i Santi Patroni. Di solito la città si divide tra chi parte e chi resta. Cosa dovrebbe fare un vero barlettano?
R: «Penso che sia importante chiedersi sempre cosa vogliamo dalla vita. Dobbiamo chiederci se vogliamo un mondo vivibile, giusto, partecipativo; se vogliamo un mondo intorno a noi e vicino a noi, ricco in termini di valorizzazione del territorio, della storia locale e della sua identità oppure se scegliamo di essere così egoisti da pensare a “o crist meje”. In quest’ultimo caso dobbiamo iniziare a non lamentarci quando le cose non vanno bene, quando io per prima sono l'individualista per eccellenza, perché quando si parla di una festa, che sia della propria città, del proprio territorio, ciascuno deve metterci la sua parte, non devono esistere lamentele. In una festa patronale come quella di Barletta, non ci si deve allontanare necessariamente per andare chissà dove, anche perché ci sono tanti momenti durante l’anno per farlo. I giorni della festa sono momenti d’incontro tra parenti, amici, tra comitive, tra gruppi; ci si ritrova sotto l’aspetto religioso, culturale, e personale, dandosi una tregua dal tram tram di ogni giorno. La domanda è sempre quella iniziale: cosa voglio dalla vita? Voglio le cose belle? Inizio a non lamentarmi e decido di vivere ciò che è nelle e delle mie radici ».       
E un vero devoto?
R: «Anche un devoto come dici tu, un cattolico praticante, che attende quest’appuntamento con il Divino per mezzo della Madonna, o di un Santo particolare, nel nostro caso San Ruggiero, e lo vive come incontro, come esperienza e ricchezza di fede, confrontandosi con una comunità più allargata che è la città, sente di far festa. Accompagnare la Madonna, andare a vedere la Madonna, sono le espressioni tipiche del barlettano devoto che sente di essere figlio della Madre Provvidente. ».   

Cosa chiedere ai Santi Patroni nel mentre percorreranno le vie della città?
R:«Ai Santi Patroni chiedo per la mia città davvero tanta serenità interiore e tanta giustizia. In questo momento storico chiedo soprattutto il lavoro e il risanamento morale e spirituale. Porto sempre nella mia preghiera i volti e le storie delle persone che conosco e non, affidandole ai Santi Patroni chiedendo di metterci una mano nelle nostre situazioni, perché tante volte la gente porta nel cuore grandi ferite, e se non ci fosse Dio che ci aiuta ad andare avanti, la disperazione sarebbe forte».   

Per molti dire la Festa della Madonna - qui si va sul piano prettamente organizzativo e logistico - significa dire caos, confusione e quant'altro. Esistono soluzioni che potrebbero essere adottate al fine di rendere questi tre giorni piacevoli da vivere?  
R:«Si esistono, e qui colgo l’occasione per fare un appello alla nuova Amministrazione comunale, bisogna mettere la gente nelle condizioni di rimanere. Nelle periferie, ad esempio, andrebbe valorizzato il pomeriggio e la sera della festa attraverso vari momenti di cultura e musica. Dobbiamo far in modo che la gente rimanga, allargando la festa nelle periferie attraverso varie iniziative (anche in collaborazione con le parrocchie), quindi diversificandola, creando vari interessi. Si deve poter dare la possibilità al cittadino di scegliere (tra l’arte, la musica, lo spettacolo, il cinema, il libro, le mostre, ecc) e di metterlo nelle condizioni di allettarlo e restare sul proprio territorio».       

Con quale stato d'animo andrebbero vissuti questi tre giorni festa?
R:«Con l’animo e con il sentimento di incontrarsi e fare festa. La festa porta all’incontro, allo scambio, allo stare bene insieme, e nello stesso tempo, per noi cittadini della città di Barletta, che abbiamo tanti famigliari sparsi non solo per l’Italia ma per il mondo intero, quel giorno deve rappresentare l’identità di un popolo che si ritrova. Dire la Festa della Madonna anticamente significava “vedere la processione” insieme; mangiare focaccia con il provolone e la mortadella insieme; andare a vedere i fuochi insieme; “sentire” il cantante; portare a spasso sotto la luminaria, la figlia da maritare; vedere le bancarelle, ecc. Tutti questi momenti erano vissuti con quella semplicità e genuinità che oggi ci manca». 

Che ricordi conserva il don Rino bambino della Festa?
R:« Ognuno ha una riserva di memoria collegata alle feste che ha vissuto e uno spazio interiore di attese e desideri collegati alle feste che sono ancora di là da venire. Conservo il ricordo degli zii da Milano e Torino che tornavano a Barletta in occasione della festa, venivano a trovare i parenti, a ritrovare la loro città, i loro odori tipici, a ritrovare i problemi che avevano lasciato della loro città, e perché no, scoprire che a Barletta qualcosa era cambiato. Ricordo l’attesa di comprare le scarpe o i pantaloni nuovi per la festa. Ricordo l’atmosfera di preghiera e sacralità che aveva il passaggio della processione, al punto tale che andava rivista da un’altra calzata di marciapiede ».   

Un bambino oggi vive l'avvicinarsi dei tre giorni con lo stesso palpitare di un tempo?
R:«Diciamo che molto dipende dai genitori, dall’educazione, e di come i genitori stessi vivono questo momento di festa e di incontro. Se la festa è vissuta come un fuggire, ed ancora una volta “abbandonare” la città, oppure se è un rimanere perché tengo alla mia città, all’incontro, tengo alla festa, e perché no, tutto ciò che concerne la cultura e al suo patrimonio da proteggere. ».   

C'è un momento della festa che ti emoziona particolarmente? 
R:«Mi emoziona tantissimo la messa Pontificale in onore dei Santi Patroni celebrata la domenica mattina dall’Arcivescovo con la presenza dei sacerdoti, delle Autorità civili e dal numeroso popolo. Tutti insieme si prega per le nostre famiglie, per la nostra Barletta e per chi l’amministra, perché il nostro Padre del cielo possa illuminare il cammino di tutti noi, e dare sapore e civiltà alla nostra esistenza». 

Quindi chiudiamo con un appello a tutti i barlettani: perchè restare a Barletta alla Festa della Madonna?
R:«Restare per non sfuggirci, per incontrarci fra noi e per incontrare il Divino e fare festa. La festa patronale deve essere un avvenimento che deve segnare la storia personale e sociale come una sorta di punteggiatura che ritma il racconto della biografia di ciascuno. Restare per scrivere il bel libro della nostra vita.

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