'Kolam', dove Terra e Cielo si uniscono

di FRANCESCO GRECO - MAGLIE (LE) – Quegli arazzi dai colori vivaci, “mappe celesti” (Claudio Strinati) che le donne del popolo in India al mattino disegnano dinanzi all’uscio delle loro case, sono un modo gentile di accogliere il forestiero, di tenere lontane le energie negative, di invocare ogni benedizione delle divinità alla famiglia.

La famosa fotografa belga (di madre russa) Tamara Triffez li ha scoperti (“simbolico matrimonio fra la Terra e il Cielo”, Strinati), e fotografati durante i suoi viaggi nel continente patria di Tagore e del mahatma Gandhi.

E ne ha fatto il soggetto della mostra: “Kolam. L’India di Acà e l’India di Allà”, appena inaugurata nella deliziosa location della Masseria “Le Pezzate”, la dimora accogliente di Mario Parma (Roma) e Benedetta Pasanisi (Tricase), 7 ettari di uliveto e semenzabile languidamente adagiati nella campagna stordita dalle cicale di Terra d’Otranto, fra Maglie e Scorrano.

Due donne indiane (madre e figlia, secondo la tradizione) hanno accolto gli invitati (visti l’ambasciatore Staffan de Mistura e consorte, il regista Alfredo De Giuseppe e Paola Frisullo, l’attore Renato Grilli, l’attrice Maria Celeste Casciaro, molti belgi felici per il 2-0 sull’Inghilterra) disegnando dei “Kolam” all’entrata che dal cortile porta alla gallery e da lì negli ombrosi giardini dove si affacciano le anatre, le oche, una bellissima cavalla col suo grazioso cavallino.
 
Alla mostra (sino al 2 settembre) hanno collaborato: Strinati (testo critico), Christine Ferry, Daria Padovani, Erri De Cagna, Gianluigi Forte, Giusto Puri Purini, Guendalina Salini, Sara Siviero, Daniele Bleve, Francesco Winspeare, Kaur Simarjeet e la figlia.

DOMANDA: Signora Triffez, cosa sono i Kolam e sono sempre esistiti nella cultura e la tradizione indiana?
RISPOSTA: "I Kolam sono disegni effimeri eseguiti quotidianamente, davanti alle abitazioni, dalle donne. Etimologicamente significa bellezza, forma e gioia, e così questa antica forma artistica che simboleggia un cuore aperto e accogliente, arricchisce ogni risveglio.
Questo soprattutto nello stato del Tamil Nadu, dove si trova l’origine della cultura dravidica. I Kolam nascono in quell’epoca, all’origine della cultura Induista, quindi saranno 5 mila anni che si praticano.
Io trovo interessante che ci sia questa continuità temporale nell'espressione prettamente femminile di questa forma d’arte. Un mondo femminile che ha sempre avuto difficoltà a trovare i suoi spazi, questo per imposizioni culturali varie, così è stato anche in Salento, dove il tarantismo era la valvola di sfogo del mondo delle donne, oltre la famiglia, c’é l’arte e questo è il metodo a loro congeniale, configurando cosi oltre a bellezza e  colore un atto matematico espresso dai disegni labirintici, segnati da centinaia di punti che sono lo schema base.
In natura esistono i frattali, una rappresentazione geometrica. L’atto artistico si trasforma in un esercizio matematico, queste operazioni geometriche sono allo stesso tempo specchio della cosmologia Induista. E vengono chiamati chutzi Kolam".

D. Si possono decodificare come una forma di devozione, di preghiera, di mantra? 
R. "Essendo i Kolam un squarcio di cielo disegnato con la terra sulla Terra, sono una preghiera simbolica che auspica prosperità, buona salute, gioia, saggezza, e in questi tempi direi più materialistici, sovente il richiamo alla divinità Lakshmi portatrice di beni materiali, o perlomeno protezione dalla povertà rappresentata con il simbolo del fiore di Loto.
E, un offerta agli esseri umani, ma anche a piccoli animali che si possono nutrire della farina di riso con il quale vengono realizzati, e come tutte le pratiche di queste società secolari, è anche devozione e preghiera intesa come unione con il tutto cosmico".

D. Perché le donne indiane sentono il bisogno di dipingerne uno diverso ogni mattina?
R. "Probabilmente perché ogni gesto del creare cambia. La creatività trova la sua essenza nella mutazione, nel moto perpetuo della vita della mente, le ispirazioni e desideri per ogni giorno hanno delle varianti, e visto che sono un richiamo, cambia anche la forma.
Un tempo i sadhu erranti, asceti girovaghi, davano l’interpretazione del disegno, leggevano se sulla terra erano tracciati i segni dell’abbondanza, della difficoltà, delle aspirazioni".

D. Perché ha deciso di contaminare i suoi mandala intrecciandoli con i giochi di luci delle luminarie dei De Cagna?
R. "Perché amo trovare, e percepire l’incontro con l’altro da sé. Perché penso che le motivazioni e le aspirazioni, e gli atti devozionali abbiano radici in comune e il Salento ci parla e racconta spesso il suo aspirare al bello e al buono.
Le luminarie salentine sono un'espressione di gioia devozionale, inoltre hanno similitudini sia nelle forme decorative che di colorazioni, sono offerte ai Santi, ma nel medesimo istante sono anche richiesta di protezione. Sono linguaggio del cuore.E questo è la bellezza dell’umanità".

D. Lei parla di street-art: possiamo collegarli, filologicamente e semanticamente, ai disegni sui muri dei nostri writers e dei madonnari?
R. "I madonnari certamente hanno affinità, anche se la loro espressione è più schematica.
Il mandala è un'architettura, un palazzo celeste legato alla cultura religiosa buddista, e viene realizzato da monaci. I madonnari sono uomini che rappresentano scene già eseguite da grandi artisti e sono una versione maschile della devozione. I Kolam sono liberi da schemi artistici e maschili, hanno la spontaneità tipica del mondo femminile.
I writers sui muri sono street-art nata dal disagio sociale e dal bisogno di sostegno sociale. Ma hanno tutti in comune l’essere un'offerta, il senso di dono per gli occhi e il cuore. A ciascuno il suo direbbe Leonardo Sciascia".

1 Commenti

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