Dai 'moti' di Bandiera ai versi di Tusiani: una continua, proficua…’condivisione’

di LIVALCA - «Ascolta amico per me le ‘condivisioni’ sono come le pittule (pèttue a Bari) …spariscono subito e finiscono nello stomaco che fatica a digerirle»: questo ho detto ad un amico, attivissimo e prolifico giornalista, che mi faceva notare come i miei articoli avessero poche condivisioni (termine non solo astruso ma insignificante per generazioni come la mia che avevano difficoltà a condividere anche la propria donna con… altri). La mia convinzione, avvalorata da indizi che potrebbero ‘tramutarsi’ in prove senza difficoltà, parte dalla premessa che ‘condivisione’ non è garanzia di aver letto l’articolo ma sia una di quelle forme che possono generare orgoglio statistico-matematico senza che nessuno sia in grado di individuare la fonte o sorgente: non serve contarsi quando si è moltitudine, ma diventa necessario quando si deve dimostrare un qualcosa che tarda ad emergere. Dimenticavo non sono su Facebook e quindi non ho amici virtuali, ma solo quelli con cui si dialoga, litiga e ci si guarda negli occhi prima di ferirsi o tradirsi. Chiaramente questo non significa che non sia auspicabile aver sempre ‘condivisioni’, perché si tratta senz’altro di una forma che attesta un successo. Prometto di non tornare più sull’argomento fino al termine del secolo in corso. Non ho mai chiesto allo studioso Bandiera se fosse in qualche modo imparentato con il famoso omonimo fucilato nel 1844, ma voglio raccontargli, al riguardo, una storia vissuta dal sottoscritto in prima persona.

In una dignitosa aula del secolo scorso l’insegnante sta interrogando sei ragazzi, tre per ogni lato della cattedra, sui moti rivoluzionari dal 1820 in poi, e chiede al mio amico Pellegrini in che anno e dove furono fucilati i fratelli ‘veneziani’ Attilio e Emilio Bandiera, figli del barone e ammiraglio Francesco Giulio. Io ero seduto al primo banco, vicino la porta e il mio amico si era ‘schierato’ dall’altra parte pronto a recepire gli eventuali suggerimenti. Fu facile fargli capire 1844, problematico Vallone di Rovito ( Cosenza) in Calabria. Il mio amico che era sveglio, intelligente ed esuberante riuscì a carpire velocemente vallone e su Rovito, influenzato dalla sua velocità di pensiero che lo faceva collegare a ‘veneziani’, pronunciò Rovigo. L’insegnante imparziale gli fece ripetere più volte quel nome, onde specificare bene la g e non la t, e mentre io con la mano continuavo a fare ‘no, no, no,’ Stefano perse la pazienza e mi indicò e finimmo entrambi… fuori, in attesa di andare dal preside.
La preside Francesca Marangelli, definita femminista ante litteram e autentico esempio di vita dedicata alla scuola, severa ma saggia ci riportò in classe e disse all’intera scolaresca che nella vicenda ognuno aveva cercato di svolgere al meglio il proprio ruolo, ma qualcuno non era stato in grado di accettarne le conseguenze. Ci propose tre soluzioni ed un ‘invito’ per l’insegnante : studiare di più, imparare a suggerire meglio, abituarsi a fronteggiare gli imprevisti e rivolgendosi a chi era in cattedra: «fino al termine dell’anno scolastico li interroghi sempre insieme». Fu così che io e Stefano decidemmo di studiare insieme.

Ho raccontato questo fatterello perché sembra una di quelle storie che Bandiera con il titolo « Pittule letterarie» ha mandato alle stampe nel 2016 per i tipi della tipografia Castrignanò di Calimera e che nel loro asciutto, schematico, laconico, sintetico evolversi degli avvenimenti possono riportarci, come ci racconta Nicola Savarese in una sapida, arguta e vivace presentazione, senza enfasi: «…alla nostra umanità e a quella che vorremmo trovare anche nel prossimo». Emilio nell’inviarmi il lavoro ha voluto legittimarlo con una dedica: «A Gianni per una salutare pennicchella», pur sapendo che non riposo neanche di notte. Quel salutare mi ha fatto riflettere e mi sono rammentato che il Maestro di vita Emilio è anche Maestro di latino : andando indietro nei ricordi scolastici …pendiculare, latino volgare pendicare (pendeo, es, pependi, pendere) ossia pencolare, essere piegato, pendere da una parte, minacciando di cadere. Stupito che a Carpignano Salentino sappiano che sono in procinto di cadere…minacciato da una parte consistente, li tranquilizzo : posso anche cadere ma sempre da una parte e in piedi…e non solo in senso figurato. Ho letto ad aprile di quest’anno il volume di Bandiera e non riesco a ricordare come finiva il racconto dedicato alle ‘Disavventure dei chierichetti’ e non trovando il testo sulla mia scrivania - sottratto da qualche amico o semplicemente sparito nel caos di manoscritti che fa del nostro Paese un popolo di scrittori e non lettori : entrambi ai primi posti - voglio attestare che la mia potente memoria visiva ricorda che a pag. 15 e 16 vi erano due refusi : mancava una elle e vi era una n al posto della elle. Emilio quando lo ristamperai ti prometto che lo leggerò tutto e troverò minimo dieci refusi : deformazione professionale per cui ricordo gli errori e non i fatti (...per alcuni è un vantaggio).

Pensate, racconta nelle ‘pittule’ Bandiera, che in una masseria denominata Cacorzo vi era un cane che si chiamava ‘Pronto’ e che impazziva quando i giovani facevano esplodere ‘ i tronetti’( fuochi d’artificio artigianali); si parla di ragazzi che si erano cibati con i ‘purcidduzzi’, dolci a base di mandorle, miele, limone e cannella, e quindi erano un poco euforici. Emilio il mio cane, che si chiama Sansone e non Punto, oggi, dopo oltre 12 lustri, fa le stesse cose e i ragazzi vanno a festeggiare fuori, non più in casa, consumando dolci che a noi possono apparire ‘schifezze’, ma sono solo i loro ‘purcidduzzi’. Ti confesso Emilio che quando mi sono beato nella tua voglia di raccontare come si viveva nella seconda metà del secolo scorso e ho messo a punto il tuo modo di esporre asciutto, e pur ridondante di insignificanti particolari, ho pensato ai ‘Racconti romani’ di Moravia : i primi non i «Nuovi racconti romani’, ormai già oltre. La descrizione di quel modo di trascorrere il tempo semplice e pur tanto impegnativo vi pone al servizio della gente, quella disposta ad apprezzare la qualità della vita odierna e a non provare ‘ nostalgia’ per quella ‘povertà’ che è felice solo nella retorica di chi …’sta e stava bene’. Sarà questo il motivo che mi ha portato a considerare che mi sarebbe piaciuto chiedere al poeta italo-americano Joseph Tusiani se rimpiange di essere partito, nel lontano 1947 dalla sua San Marco in Lamis, per raggiungere un padre ‘sconosciuto’ a New York ed iniziare una vita la cui prospettiva era…Manhattan, ma ho ripiegato sulle frittelle di pasta cresciuta di cui si sarà nutrito in Italia…prima di gustarle in lingua latina e americana. Quindi mi sono rivolto ad una delle personalità femminili più attive e mitiche (…perché cerca le cose antiche !) del Gargano, sammarchese da sempre, per sapere come si chiamano in quel luogo famoso nel mondo per il ‘panecotte cu llu latte’, le ‘pittule’ cui fa riferimento Bandiera. Grazia Galante subito mi ha risposto ‘screppèdde’ ( raccomandandomi l’accento ‘grave’ con un…acuto !) e non ho potuto fare a meno di pensare che proprio questi dolci singolari, che Emilio almeno idealmente portava a Joseph nei suoi viaggi americani, siano stati il collante che ha spinto lo studioso salentino ad impegnarsi nell’analisi della produzione poetica in lingua latina di Tusiani. Il ‘The greatest living neoLatin poet’, affermazione di William Cooper, ha stampato nel 2018, nella collana Kleos della Levante editori-Bari, il volume« LUX VICIT Carmina Latina», con introduzione e traduzione italiana di Emilio Bandiera. L’idea che l’effluvio di questa farina intrisa d’acqua, lavorata e poi fritta, asciugata in zucchero o ‘vincotto’, abbia allietato sia Tusiani quando componeva che Bandiera quando traduceva, mi sembra il più bel ‘munus’ che io possa fare ai due amici che nel nome di una ‘pugliesità’, sempre propalata con dignità, fierezza e genuino orgoglio, hanno seminato nel mondo il seme del genio italico: unico ‘spread’ amico che tutti ci riconoscono.

L’uomo che nelle ‘pittole’ ci ha raccontato di un certo Cumpare Peppe pecoraio, contadino e felice esponente di quel minuto gruppo di individui che fanno della ‘saggezza fatta persona’ il loro credo di vita, si è accostato a tradurre i versi latini di Tusiani con la stessa umiltà, sorretta , però, da una profonda conoscenza della ‘latinità’. In ‘Discenda candido’ « Su di me discenda candido l’amore,/coprendomi di tenera e soave luce,/ e sparirà da questi giorni la vecchia/ombra contraria./ Che cosa c’è in me di tenebroso ed atro/ che impedisce che verso me venga/un nuovo amore che mi offra la sua/ felicità beata» Bandiera si è posto in perfetta sintonia con il poeta italo-americano a tal punto che ha voluto ripetere nella traduzione il termine ‘atro’ e non un più agevole nero, tetro, sinistro; grande testimonianza di fedeltà assoluta sullo stile del pensiero di Stendhal : « La fedeltà senza amore è contro natura». Da non credere che i racconti di Bandiera si chiudano con un pensiero di Cumpare Peppe « E fino agli ultimi suoi giorni, incontrando gli amici, ripeteva con la mano destra sul BASTONE e la sinistra rivolta verso il cielo: ‘ Ciò che non vuoi per te, altri non fare’», di contro Tusiani, tradotto da Bandiera, declama in ‘Momento di allegria’ « Gambe, siate forti oggi : finalmente state bene e camminate./Tu, BASTONE, sii di nuovo legno inutile e secco./E tu, stanco vecchio, ora cammina con vigore verso le stelle/ e vai ancora più avanti felice, vola, e con veemenza/ di’ al mondo: “ Genti tutte, la vecchiaia è finita”». Per la serie un ‘bastone’ per Amico. Molto efficace, nel suo nobile e pur accorato appello, la poesia che chiude la raccolta, in cui poeta e traduttore sembrano CONDIVIDERE quello che tutte le persone di buona volontà si sono chieste da quando è partita quella fantastica storia ( Venditti grazie !) che si chiama vita. ‘Dove Andiamo ?’ « Dove andiamo tu e io, “ quo vadimus”./Se stiamo ritornando a Roma, è perché/la grande “Roma est caput mundi” ancora,/o, come sembra più probabile, troveremo lì/ “cruces latronum expectantes nos”,/ due croci buone per ladri e buone per noi ?/ Ma che cosa abbiamo fatto noi due, “quid fecimus”?/ E’ un crimine il credere nella nuova fede di uno,/”est fides crimen” su questa vecchia terra ?/ O terra crudele, “crudelis terra”, mandami,/ inviami alle stelle “committe me/ ad astra”, dove pura luce è sempre più splendente, “ubi lux pura splendet” sempre più».

Come non condividere….’Mi chiamo Gesù e faccio il pescatore….a Bari, Carpignano Salentino, New York, San Marco in Lamis…’.

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