Libri: 'Britannica', 500 sfumature di rock

di FRANCESCO GRECO - “La vita è ingiusta/ ucciditi o riprenditela” (“Child’s Psycology”, nell’album “England Med Me”, 1998, del trio londinese “Black Box Recorder”). Cos’è mai il rock nelle sue infinite declinazioni se non un linguaggio universale, trasversale alle generazioni, decodificabile a ogni angolo del pianeta? Un modo di attraversare il proprio tempo, di vivere la vita?

Una password maieutica che rilegge il reale ipotizzando altri mondi possibili, utopie, speranze? Non è un caso che il rock era inviso ai tiranni, che lo leggevano come una minaccia agli equilibri sociali costruiti col terrore, il sangue, la repressione. In Gran Bretagna, il periodo fra gli Ottanta e i Novanta, dal punto di vista musicale, fu denso di esperienze innovative. Se il decennio thatcheriano aveva fatto arretrare e devastato la società in ogni suo aspetto, quello che seguì – con Blair e i laburisti al potere – fu segnato dalla nascita e la diffusione di esperienze musicali alternative che spuntavano in ogni angolo del Regno Unito, dal nord operaio distrutto dalla reaganomics della lady di ferro al sud della City. “Britannica” (dalla scena di Manchester al Britpop), di Alessio Cacciatore e Giorgio Di Berardino, Vololibero Edizioni, Milano 2018, pp. 336, euro 19,50 (copertina e design di Manuele Scalia) ricostruisce quegli anni formidabili.

Un’antologia che allinea band grandi e piccole, che sono ancora vive o si sono sciolte dopo il primo lavoro, nate in ogni città della Gran Bretagna. Cose per noi che siamo ancora abbarbicati al Festival di Sanremo fetish e i neomelodici che sanno solo un accordo, sono impensabili. Cacciatore (Penne, PE, 1978) e Di Berardino (Pescara, 1980: su RadiostArt condiucono “Britannica”) ricostruiscono il contesto storico, politico, sociale, economico, musicale, trovando echi e risonanze di superficie e carsiche. Gruppi di cui avete sentito parlare solo una volta, che hanno inciso solo qualche demo e poi si sono sciolti: li troverete tutti. Forse nemmeno a Londra e Manchester ne hanno traccia. Un lavoro certosino, di quelli che restano. Perché abbiamo tutti un blues da piangere (e ognuno si suicida come gli pare, se proprio non può riprendersi una vita ingiusta…).

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