Storia e storie sulla tomba di don Tonino

di FRANCESCO GRECO - ALESSANO (LE). Fu il dono istintivo di una terra generosa, di un popolo ricco di valori, coinvolto, partecipe dell’umanità direbbe Ernest Hemingway. Ognuno volle “sdebitarsi” per quello che aveva ricevuto.

Era l'estate del 1994, don Tonino, vescovo di Molfetta, Ruvo di Puglia, Terlizzi e Giovinazzo, era mancato da poco più di un anno.

E così la pietra tombale la mandarono proprio gli artigiani di Molfetta. Mesciu Ucciu Caccioppola mise a disposizione la sua riconosciuta e apprezzata sapienza di muratore per una “casa” tutta particolare, per l’eternità.

Un prof. di matematica in pensione, Marino Marzo, si ricordò di aver imparato da ragazzo l’arte della pietra a secco, e si mise subito al lavoro per i muretti. Mentre epigrafi e incisioni sono opera del prof. Fernando Campanile. Il suolo fu dato in concessione ai fratelli di don Tonino dal Comune di Alessano.

Tutto sotto l’attenta “regia” di due tecnici che tanto si prodigarono, sapendo che ben presto avrebbero avuto addosso gli occhi di tutto il mondo, dei pellegrini che già arrivavano ad Alessano: l'ingegnere Agostino Laganà e l'architetto Maria Antonietta Solidoro. 

E' il background del “sepolcro” di don Tonino, calato nella nuda terra, fatto che il 20 aprile scorso tanto emozionò Papa Francesco in visita, raccolto in preghiera all’ombra di eucalipti, cipressi, lecci, ulivi. 

I lavori ebbero un retroterra denso di semantica, un concept affollato di infiniti simboli. Contenuti nella relazione tecnica allegata all’opera definita "un luogo di vita dove cercare la speranza e cantare la pace". I tecnici aggiungono: "Sapevamo quanto don Tonino amasse Alessano, la sua terra, il suo profumo, i tratturi della Serra dei Cianci, gli alberi di ulivi, i tramonti, la luce, il mare, il Salento... Qui, intriso di spiritualità francescana, egli ritrovava gli slanci e la forza delle sue iniziative per poi ripartire da campione del dialogo, da costruttore infaticabile di Pace, da pastore mite e protettore dei poveri, degli immigrati e degli ultimi".

DOMANDA: Quale fu l'idea di partenza per la realizzazione della sua tomba?
RISPOSTA: "Don Tonino diceva:“Il Pastore non deve stare né davanti, né dietro alla sua gente. Ma in mezzo al suo popolo”. E’ questa l’idea alla base di tutto: la semplicità di una aiuola circolare radente, sistemata a prato in posizione centrale e contornata da una serie di gradonate concentriche, di varia larghezza, completate, a tratti, da ampie sedute in modo da permettere a tutti, da qualsivoglia posizione, di sentirsi vicino a don Tonino e di stringerlo in un “abbraccio” affettuoso".

D Il Vescovo di Molfetta guarda a ovest, ha un significato?
R. "La sistemazione della salma (e della pietra tombale) è stata definita pensando a don Tonino con lo sguardo rivolto verso il tramonto (a simboleggiare la sua attenzione verso gli “Ultimi”), ma soprattutto verso il posto dove un tempo era sepolta la sua cara mamma Maria".

D. Nel corpus avete inglobato alcuni suoi messaggi molto forti, dei veri e propri mantra...
R. "Gli spazi così definiti sono in più punti interrotti, attraversati e completati da alcuni “percorsi” ora a scivolo (a mo’ di tratturo) ora a gradini (a mo’ di pietre a secco), che si diramano quasi a raggiera verso alcuni dei suoi messaggi più significativi (“Ascoltino gli umili e si rallegrino” – “Ama la gente, i poveri soprattutto. E Gesù Cristo”) incisi su massi spietrati dalla Serra de "Li Cianci”, una zona della campagna alessanese traboccante di ulivi e di profumi contadini, dalla quale negli assolati meriggi salentini don Tonino ammirava “tramonti infuocati”.
Detti percorsi, separati e distinti, che si dipartono dalla aiuola centrale, ricucendo e raccordando le maggiori altezze dei gradoni e delle sedute con i viali esistenti e con le aree circostanti, vogliono simboleggiare la “convivialità delle differenze”".

D. E quei quattro massi ai vertici della tomba?
R. "Vogliono simboleggiare l’abbraccio delle quattro città (Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi) della Diocesi dove ha esercitato il suo ministero episcopale e al contempo i “ciottoli” da portare come punti di riferimento nella nostra “bisaccia del cercatore” nel viaggio più difficile: quello verso il nostro stesso cuore. Sul vialetto centrale, a Nord–Est, è realizzata l’unica opera in elevato: un portale in pietra a secco costruito utilizzando 'pietre di scarto'".

D. Un caposaldo del suo messaggio... 
R. "Le antiche masserie erano recintate con mura alte e solide, costruite per cercare sicurezza contro la paura e la minaccia del “diverso” e per proteggere i propri beni dagli “altri”. Don Tonino invece ci diceva che “occorre spalancare la finestra del futuro: progettando insieme, osando insieme, sacrificandoci insieme. Da soli non si cammina più”. E su quel muraglione alto e spesso ha aperto non soltanto una “finestra”, ma un “portone di speranza”, invitandoci a riprendere la marcia per le strade del mondo per annunciare la gioia del Vangelo".

D. C'è anche uno sguardo che si perde a Est?
R. "Su questo portale, rivolto a Nord–Est, verso il mare Adriatico, i paesi della ex Jugoslavia martoriati dalla guerra (negli anni ’90), a simbolo del suo impegno per la Pace, abbiamo voluto incidere l’esortazione lanciata all’Arena di Verona nel 1989: 'In piedi Costruttori di Pace'".

D. Poteva mancare un ulivo?
R. "Infine, vicino a don Tonino, è stato messo simbolicamente a dimora un segno di vita: un albero di ulivo della nostra terra: segno di tenacia, radicamento, forza e simbolo della Pace e della Pasqua".
D. Una tomba insomma che racconta la sua terra...
R. "Nel realizzare questo ostensorio di pietra, sono stati utilizzati solo materiali a Lui tanto cari: la terra rossa, il tufo, le chianche di Alessano, i massi della Serra de “Li Cianci”; così come sono stati  significati i tratturi, i muretti a secco delle nostre campagne e tante altre peculiarità".
                                                                   
(Ph credits: Orazio Coclite)  

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