Xylella ko col siero, le acque da frantoio e la peperina


di FRANCESCO GRECO - Scarpe grosse, cervello fino. O, se si preferisce: la fame aguzza l'ingegno. Insomma, tocca al contadino combattere e debellare la xylella. Loro "sentono" il respiro della pianta, hanno con l'ulivo un'intima confidenza con la madreterra, un rapporto di osmosi, di carattere antropologico con le sue creature, e accade da secoli, millenni.

Forse fra poco sarà troppo tardi: le foreste spettrali intorno a noi, come nei racconti di Edgar Allan Poe o il napalm da "Apocalypse Now", saranno cresciute e avranno occupato tutto il paesaggio, e oppresso il nostro cuore. Va intanto avanti la sperimentazione empirica di Angelo Potenza: e sono ormai due anni (questo giornale ne parlò nella scorsa primavera). Metà uliveto è stato trattato, metà no. La differenza si vede a occhio nudo.

"Sono intervenuto proprio in questi giorni a fare un altro trattamento con il siero. Peró prima ho provveduto a potare, diciamo a togliere i polloni superflui dalle piante già precedentemente trattate a luglio". Angelo Potenza non sta nella pelle: due anni fa iniziò una sperimentazione empirica alle sue piante malate in agro di Taurisano col siero derivante dalla lavorazione del latte acquistato nei caseifici del Barese.  Tale lasso di tempo è sufficiente ad abbozzare un qualche bilancio.Lo facciamo sul campo.

Le piante hanno mostrato una qualche reazione? "La natura deve fare il suo corso, ma mi pare di osservare che hanno ripreso rigogliosamente a far crescere i polloni della base del tronco. Secondo la mia intuizione, le piante hanno bisogno di essere liberate appunto dai polloni superflui in modo da dare la possibilità a quelli buoni che restano di ingrossarsi e riprodurre la stessa quantità di chioma aerea perduta. Quindi quel che conta è salvare l'apparato radicale, che ripeto dà vita ai polloni e la chioma riprende in poco tempo. La pianta si difende da sola". 

Quindi la chioma ha mostrato segni di rinfoltimento...
"Abbiamo riscontrato un apparato fogliare il più possibile grande quanto l'apparato della pianta in sofferenza, questo perché i polloni, essendo piante giovani. hanno un floema maggiore dello xilema, al contrario della pianta adulta, che ha molto xilema e poco floema. Nel floema defluisce la linfa elaborata che ha la capacità di combattere il batterio. Mentre nello xilema, trovandosi il batterio, esso si moltiplica e va a soffocare la pianta. Questo però avviene nello xilema della pianta vecchia, nello xilema della pianta giovane non può avvenire in quanto è molto più ridotto rispetto al floema. Quindi con le caratteristiche di difesa della pianta".

L'olivicoltore che vuole seguire i suoi consigli, quali polloni dovrà lasciare? "Bisogna recarsi sotto la pianta per osservare quali sono quelli buoni e quelli selvatici, invece, che si devono eliminare".

Nelle due foto si vede il prima e il dopo il trattamento. La sperimentazione continua, ma possiamo dire che gli xylemi si sono sturati e hanno riaperto le loro vie e la linfa transita?"Ora dobbiamo continuare col siero a raggiera intorno al tronco (io le definisco flebo), per permettere alla pianta di assimilarlo attraverso le radici. Che lo mandano nello xilema e attraversando appunto lo xilema della pianta, cercano di raggiungere l'apparato fogliare, ma per far questo occorre che essa sia viva. Il siero attacca milioni di batteri e libera la pianta dal soffocamento.
Se la pianta è seccata, diciamo perché precedentemente questo passaggio è stato ostruito dalle colonie di batteri, difficilmente il siero passa all'interno di questi canali ostruiti dalle colonie dei 
batteri .E quindi Il nostro intervento diventa difficile, però ci sono delle possibilità..".

Continua con le buche ai quattro angoli del tronco, quindi? "Si tratta di praticare dei fori paralleli, ma inclinati dall'alto verso il basso. Praticandoli ad altezze varie, in modo da far penetrare il siero dentro i vasi dello xilema".

Ma se intorno ci sono piante malate, che cosa potrebbe accadere? "Dal punto di vista tecnico occorrerebbe che tutti i terreni venissero lavorati, allo stesso modo e contemporaneamente. Sappiamo però che ciò non è possibile e non avviene. E allora ciascuno protegga il suo. Una volta che le piante sono state liberate dalla soffocante presenza delle colonie di batteri, riprende anche la sua attività di difesa. Farà più fatica, ma ce la farà. Non dimentichiamo però che dobbiamo arare il terreno più volte l'anno e bruciare le parti secche. E poi bisogna trattare il terreno con la peperina, per distruggere eventuali residui di sputacchina".

La peperina? Che effetto fa, esattamente? "E' una sostanza fungicida. Nella lotta alla sputacchina è un metodo naturale. Si ricava dall'infusione del peperone. E funziona. Dobbiamo distruggere tutte le uova. Perché se alcune si schiudono, siamo punto e accapo. L'insetto è molto resistente".

In verità si usano anche le acque derivanti dalla lavorazione delle ulive...
"Le acque reflue dei frantoi sono ricche di polifenoli, sostanze antimuffa che distruggono le colonie di batteri. Ma è una pratica vietata, forse perché è autarchica, detta meglio: non produce business. Tutto a costo zero".

E ora? "Ora tocca alla politica. Dovrebbe approntare un protocollo unico per la conduzione degli uliveti, in modo che tutti gli olivicoltori provvedano a far ripartire le piante. Se le nostre si stanno riprendendo e intorno c'è la xylella allora ogni rimedio è del tutto inutile".

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