Un argine contro populismo e xenofobia

(Pixabay)
di ANGELO POTENZA - Non ho vissuto l’età dei totalitarismi, l’età della morte del pensiero critico, ma oggi più che mai posso considerare quanto è pericoloso il sonno della ragione. Nell’età del ritorno dei Malvolio di montaliana memoria, un semplice prendere le distanze non può bastare, non è più possibile una “fuga immobile”, anzi, può rappresentare una scelta immorale, un disimpegno colpevole.

Oggi non è più tempo di tacere, ma di prendere posizione, perché ogni esitazione potrebbe mettere a rischio le grandi conquiste culturali del secondo dopoguerra: la cooperazione internazionale, la democrazia, l’integrazione, la tolleranza, non possono essere valori negoziabili. Quello che maggiormente preoccupa, non è il ristretto e circoscritto disegno politico di Matteo Salvini, ma la constatazione dei consensi numerosi che colleziona.

Non è di Di Maio che mi preoccupo, e del suo serbatoio di voti “protestanti”, ma la constatazione che la protesta sinistroide abbia consegnato il paese a una destra becera e livida, e che una larga fetta di intellettuali non si sia ancora resa conto che si è prostituita alle peggiore delle destre, non a quella progressista ed europeista, ma alla destra razzista e violenta di Salvini. Una destra incapace di cogliere i segni del tempo, di progettare un mondo di uomini in grado di vivere insieme pacificamente, nella consapevolezza che ogni vero progresso raggiunge la sua pienezza col contributo di molti e con l’inclusione di tutti, seguendo l’insegnamento terenziano, alla base della cultura occidentale: “Homo sum humani nihil a me alienum outo”.

Appartengo al mondo della formazione, sto in trincea a contatto con una generazione vivace, intelligente, elettronica e “veloce”, che “vivendo in burrasca”, rischia di precipitare nel baratro dell’intolleranza, dell’aggressività pericolosa e ignorante. Questi stessi giovani invece meritano di essere salvati, una cultura in grado di coniugare pathos e logos, che percepisca l’uomo come fine e non come mezzo, che consideri “l’altro da sé” una risorsa importante, giammai una minaccia. Nell’età delle interconnessioni, con c’è niente di più assurdo e anacronistico dei muri e dei silenzi colpevoli.

E’ solo nelle diversità che si può cogliere il vero senso della bellezza e l’essenza di un impegno costruttivo che non è mai discriminante, ma sempre inclusivo, totalizzante e interdipendente. Non è neanche questione di destra e di sinistra, di rosso o nero, ma il problema è soprattutto di carattere culturale. La vera emergenza è quella di costruire un argine contro ogni forma di populismo, contro la xenofobia, contro i nuovi razzismi in nome di una società civile che riparta dall’uomo, non prima dall’uomo italiano, né come in passato, prima dall’uomo della Padania, ma dall’uomo in quanto umanità.

E’ necessario che in ogni campo, sia politico che economico, culturale e sociale, non si perda mai di vista l’uomo, la sua dignità, il suo inestimabile valore, e al di là di ogni faglia e filo spinato, lo si consideri il fine ultimo di ogni progetto. Intellettuali di tutto il mondo, unitevi: c’è molto da fare, a partire dalla formazione scolastica. Se uniti si costruirà una forza inarrestabile, la forza della cultura, la sola che possa costituire un argine autentico contro la deriva pericolosa del populismo e della miseria, principalmente di quella della mente e dello spirito. (Questo articolo è una risposta all’appello lanciato, giorni fa, dal filosofo Massimo Cacciari)

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