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Oggi non è più tempo di tacere, ma di prendere posizione, perché ogni esitazione potrebbe mettere a rischio le grandi conquiste culturali del secondo dopoguerra: la cooperazione internazionale, la democrazia, l’integrazione, la tolleranza, non possono essere valori negoziabili. Quello che maggiormente preoccupa, non è il ristretto e circoscritto disegno politico di Matteo Salvini, ma la constatazione dei consensi numerosi che colleziona.
Non è di Di Maio che mi preoccupo, e del suo serbatoio di voti “protestanti”, ma la constatazione che la protesta sinistroide abbia consegnato il paese a una destra becera e livida, e che una larga fetta di intellettuali non si sia ancora resa conto che si è prostituita alle peggiore delle destre, non a quella progressista ed europeista, ma alla destra razzista e violenta di Salvini. Una destra incapace di cogliere i segni del tempo, di progettare un mondo di uomini in grado di vivere insieme pacificamente, nella consapevolezza che ogni vero progresso raggiunge la sua pienezza col contributo di molti e con l’inclusione di tutti, seguendo l’insegnamento terenziano, alla base della cultura occidentale: “Homo sum humani nihil a me alienum outo”.
Appartengo al mondo della formazione, sto in trincea a contatto con una generazione vivace, intelligente, elettronica e “veloce”, che “vivendo in burrasca”, rischia di precipitare nel baratro dell’intolleranza, dell’aggressività pericolosa e ignorante. Questi stessi giovani invece meritano di essere salvati, una cultura in grado di coniugare pathos e logos, che percepisca l’uomo come fine e non come mezzo, che consideri “l’altro da sé” una risorsa importante, giammai una minaccia. Nell’età delle interconnessioni, con c’è niente di più assurdo e anacronistico dei muri e dei silenzi colpevoli.
E’ solo nelle diversità che si può cogliere il vero senso della bellezza e l’essenza di un impegno costruttivo che non è mai discriminante, ma sempre inclusivo, totalizzante e interdipendente. Non è neanche questione di destra e di sinistra, di rosso o nero, ma il problema è soprattutto di carattere culturale. La vera emergenza è quella di costruire un argine contro ogni forma di populismo, contro la xenofobia, contro i nuovi razzismi in nome di una società civile che riparta dall’uomo, non prima dall’uomo italiano, né come in passato, prima dall’uomo della Padania, ma dall’uomo in quanto umanità .
E’ necessario che in ogni campo, sia politico che economico, culturale e sociale, non si perda mai di vista l’uomo, la sua dignità , il suo inestimabile valore, e al di là di ogni faglia e filo spinato, lo si consideri il fine ultimo di ogni progetto. Intellettuali di tutto il mondo, unitevi: c’è molto da fare, a partire dalla formazione scolastica. Se uniti si costruirà una forza inarrestabile, la forza della cultura, la sola che possa costituire un argine autentico contro la deriva pericolosa del populismo e della miseria, principalmente di quella della mente e dello spirito. (Questo articolo è una risposta all’appello lanciato, giorni fa, dal filosofo Massimo Cacciari)