Bulli e vittime, come riconoscerli? Intervista a Massimo Fersini

(Pixabay)
di FRANCESCO GRECO - Entri in una scuola e quasi in ogni classe trovi un banco accanto alla cattedra, e quando la campanella della ricreazione suona, il ragazzo/a che vi siede non si alza, poiché è la “brutta”, la “secchiona”, quella che “puzza” o quello a cui piacciono i maschi, quello che da piccolo è caduto dal seggiolone, o che non viene invitato mai alle feste, o che nessuno ascolta…

Quasi in ogni classe c’è il banco attaccato alla cattedra: i bulli e le vittime, come si fa a riconoscerli? Ne parliamo con l’esperto in bullismo e cyber bullismo Massimo Fersini che tiene periodicamente convegni e corsi in ambito scolastico e non.

DOMANDA: Sono quelle appena indicate le vittime di bullismo?
RISPOSTA: “No, non sono loro, o meglio, può accadere che siano vittime di bullismo, come può accadere a qualunque alunno seduto in ogni angolo della classe. E’ vero, il banco vicino alla cattedra c’è quasi in tutte le classi, soprattutto nelle primarie e secondarie di primo grado. L’alunno seduto accanto all’insegnante si sente più protetto, ma è importante specificare che ci possono essere tante ragioni per cui gli insegnanti decidono di far sedere un ragazzo al loro fianco.

In molti casi si tratta di ragazzi Bes o Dsa, o con disturbi neurobiologici e comportamentali. A volte stranieri con problemi di lingua, altre si tratta di ragazzi particolarmente timidi o, come dice lei, che han poca cura nell’igiene, o con difficoltà relazionali.

E’ evidente che il banco al lato della cattedra può sembrare un segno di esclusione, ma nel caso di ragazzi con difficoltà o disturbi di apprendimento o con bisogni specifici, come ho detto poc’anzi, è consigliabile che l’insegnante tenga vicino a sé il ragazzo, in modo che sia facilitato nell’aiutare e sostenere l’alunno durante le attività didattiche.

Al contrario, quando si tratta di ragazzi con problematiche di tipo relazionali e sociali (la ragazza che non si cura o il ragazzo particolarmente timido), sarebbe opportuno il sostegno di uno psicologo o di un educatore che lo aiuti a migliorare le abilità relazionali, o modificare il proprio modo di essere e aiutarlo a integrarsi nel gruppo-classe, altrimenti il rimanere seduti perennemente a lato della cattedra ne amplifica il senso di emarginazione ed esclusione”.

D. L’esclusione dal gruppo quindi è il primo segnale di chi è vittima di bullismo?
R. “Il ragazzo vittima di bullismo, quasi sempre vive il suo dramma intimamente: isolarsi è la prima forma di difesa e, più è forte la sofferenza, più nasconde il suo disagio sino ad arrivare a conseguenze estreme.

I motivi che portano la vittima a non esplicitare il suo malessere sono molteplici, ma principalmente derivano dalla paura, dalla vergogna, dal senso di impotenza.

Le vittime di bullismo, al contrario di quanto possiamo pensare, sono spesso ragazzi che vivono in ambienti familiari che non denotano particolari problemi. La paura è legata principalmente a fattori caratteriali legati alla fragilità dell’età pre-adolescenziale e adolescenziale.

Quante volte sentiamo dire dai genitori di figli vittime “ma noi non sapevamo nulla, saremmo intervenuti subito… gli siamo sempre vicino…”, e spesso è vero, i genitori dicono la verità, sono vicino ai loro figli, ma la fragilità di un individuo di 13, 14, 15, 16 anni è difficile da comprendere se non si hanno le competenze adeguate”.

D. Prima di dire cosa fare, parliamo della figura del bullo. Spesso lo si immagina seduto nelle retrovie della classe, più nascosto, e mentre l’insegnante spiega, lui sotto banco fa tutt’altro: è così?
R. “E’ interessante questa mappa delle aule, la vittima nel banco in disparte, il bullo negli ultimi banchi, che letteratura, cinematografia, tv spesso ci rimanda. Anche qui, è vero che solitamente i ragazzi più vivaci si mettono in fondo alla classe: anche io, ora che ci penso, sedevo sempre in ultima fila, ma è anche vero che ero vivace, si, ma i risultati scolastici erano altrettanto buoni.

Un luogo comune che mi sento di smentire è che i bulli sono ragazzi vivaci. Al contrario, il bullo spesso è un ragazzo taciturno, poco loquace in aula, quando è chiamato in causa spesso fa scena muta, a volte ha una faccia impassibile, gli insegnanti rimangono confusi, non sanno leggere cosa passa nella testa del ragazzo, non comprendono se il comportamento è dovuto a menefreghismo o denota davvero lacune di apprendimento. Questa tipologia rispecchia soprattutto il bullo tradizionale, che appartiene al cosiddetto bullismo fisico”.

D. Sempre per rimanere nella letteratura e probabilmente ai luoghi comuni: il bullo fisico è quello che mena, sputa, aggredisce verbalmente con ingiurie, etichettature, ecc.?
R. “Si, questi sono alcuni dei comportamenti dei bulli più tradizionali che mettono in atto forme di prevaricazione fisiche, violente e persistenti.

Di solito il bullo fisico è una persona non molto intelligente, con una bassa empatia, ed essendo poco sensibile al dolore altrui, non ha alcuna difficoltà a commettere vessazioni attraverso la violenza fisica o verbale e quando il suo agire è rinforzato da altri attori che rafforzano il suo essere bullo, si corre il rischio che il gruppo diventi un vero e proprio branco che attacca la vittima.

Questa forma di bullismo si tende a sottovalutarla in virtù di altre forme che possono sembrare più frequenti e caratterizzanti nei nostri giovani, ma il bullismo fisico ancora oggi, come in passato, può degenerare in episodi che possono trasformarsi in veri e propri atti criminali.

Il bullo e il branco possono perdere il controllo e da semplici episodi di prevaricazione passare ad atti violenti o illegali, che portano a pericolosi scontri fisici tra i ragazzi o violenze sulle ragazze”.

D. Il bullo agisce da solo o in gruppo?
R. “Il bullo fisico raramente agisce da solo. Infatti la pericolosità di questi soggetti scaturisce dalla forza del gruppo, chiamato anche bullismo collettivo.

Il bullismo, in questi casi, è perpetrato non solo dal bullo e il suo branco, ma dalla maggior parte dei compagni di classe e anche da alunni di altre classi.

I comportamenti più frequenti che si adottano per isolare la vittima dal gruppo dei pari, sono l’emarginazione, l’esclusione dai gruppi e dai giochi, la diffamazione, cioè parlare male della vittima con gli altri compagni per metterla in cattiva luce.

Questa forma di bullismo verbale
attraverso il linguaggio genera insulti, prese in giro, fastidiosi nomignoli, piccole minacce”.

D. Quali sono le altre forme di bullismo conosciute?
R. “Negli anni, anche le tipologie di prevaricazione si sono evolute. Dal bullismo fisico prettamente maschile e legato ad ambienti sociali disagiati ed emarginati, si è passati ad altre forme come il bullismo psicologico.

Questa tipologia appartiene molto alle femmine con appartenenza a diverse estrazioni sociali, non solo ad ambienti disagiati o emarginati.

Il bullismo psicologico si differenzia dal bullismo fisico/verbale per l’intenzionalità di ferire la vittima nei sentimenti, suscitare in essa un forte disagio psicologico, con la volontarietà di ferire la vittima nei suoi punti più deboli: handicap, difetti fisici, sessualità, religione, ma anche situazioni personali come nel caso di bambini adottati, stranieri, figli di genitori separati o screditare la situazione socio-economica della famiglia o il lavoro dei genitori.

Una caratteristica che coinvolge tutti i bulli è la tendenza a incolpare la vittima ingiustamente di atti che non ha commesso o l’utilizzo di minacce gravi che tendono a terrorizzare la vittima e a negare sempre e comunque le loro azioni”.

D. Quando possiamo parlare di cyber bullismo?
R. “E’ l’espressione più moderna e attuale del bullismo, di pari passo con l’evoluzione sociale e tecnologica. È il bullismo di questo secolo e viene attuato sui social network, su internet o sulla telefonia mobile, attraverso l’uso di strumenti elettronici: telefonini, PC, tablet e phone.

Il cyber bullismo viene messo in pratica mediante mms, sms, e-mail offensivi, minacciosi, volgari o porno, spediti alla vittima o di persecuzione con squilli anonimi e continui.

Inoltre viene perpetrato attraverso la condivisione e la diffusione di immagini, filmati e informazioni che riguardano la vittima, possono essere condivise con amici comuni, ma anche pubblicate sulle chat, sui forum, sui blog, sui social network e su portali che mostrano immagini e filmati.

Il cyber bullismo è pericoloso per due ragioni: l’anonimato, il bullo si nasconde dietro a un computer e l’età che coinvolge i cyber bulli che non riguarda solo i ragazzi minorenni ma anche gli adulti. Il cyber bullo si nasconde dietro il suo avatar e si sente libero e legittimato a perpetrare azioni illegali di ogni specie: furto di identità, creazione di falsi account, adescamento”.

D. Una domanda che vorrebbero farle tutti i genitori: ma è così difficile individuare i bulli?
R. “E’ una domanda comprensibilissima. La preoccupazione è tanta per chi è genitore e perdere un figlio per comportamenti stupidi è la cosa più assurda che possa accadere.

Per arginare il fenomeno, bisogna lavorare a più livelli contemporaneamente. Nel lungo e nel breve termine con interventi di educazione, informazione, prevenzione e di contrasto. Nel lungo termine, si deve intervenire sull’attività curriculare, mettere gli insegnanti nelle condizioni di introdurre metodologie d’insegnamento inclusive per migliorare l’ambiente scolastico e le dinamiche relazionali tra alunni, corpo docente e personale scolastico.

Nel breve termine occorre un lavoro immediato per correggere innanzitutto alcuni errori che solitamente si commettono. In primis non aspettare di intervenire dopo che il fatto è accaduto. La scuola è il luogo dove si può intervenire, ma non possiamo delegare solo agli insegnanti o ai dirigenti scolastici il compito di affrontare il fenomeno. I docenti e i dirigenti non hanno le competenze per farlo e a volte non vogliono far emergere eventuali problemi di bullismo e sono portati a far finta di nulla.

Ma è anche vero che non possiamo chiedere agli insegnanti di essere i salvatori del mondo. La scuola va aiutata con figure esterne preparate a intervenire in aula, che sappiano modificare le dinamiche articolate e cronicizzate che si creano nel tempo. L’esperto in cyber bullismo deve saper gestire il gruppo classe, essere un abile mediatore, una figura di riferimento e di fiducia per tutti, ma soprattutto per chi subisce prevaricazioni, in modo che la vittima trovi la forza e il coraggio di esplicitare la sua sofferenza e si senta protetta.

Al tempo stesso, deve sapere far emergere le responsabilità di chi commette prevaricazioni o vessazioni. I bulli sono molto abili a mescolare le carte in tavola e apparire puri, senza macchia, ma l’esperto deve essere altrettanto abile a interporsi nelle dispute e aiutare il bullo a correggere il suo comportamento. Dobbiamo sempre tenere conto che il contrasto al bullismo implica un’azione educativa, non certo punitiva, e va fatta con cautela, in anonimato, rispettando la privacy e migliorando i punti di forza dei ragazzi”.

D. E il ruolo dei genitori quale deve essere?
R. “Purtroppo tra le componenti educative chiamate in causa, quella dei genitori è l’anello più debole. Per quanto si vuole far ricadere le responsabilità sull’ambiente familiare, abbiamo constatato che i genitori hanno molte difficoltà a intervenire sui propri figli, nessuno vuole ammettere che possano essere violenti e accusati di aver commesso vessazioni. Tutti tendono a difenderli, a volte anche davanti all’evidenza, la colpa è sempre degli altri. Per non parlare poi di quei genitori che sono più bulli dei figli”.

D. Questo aspetto complica le cose?
R. “Molto. Come vede, la tendenza generale è quella di sottovalutare sempre il problema. Le scuole non vogliono che se ne parli, i genitori non accettano di avere un figlio che contravviene le regole e tutto ciò porta a non affrontare il problema in modo adeguato”.

D. E il ruolo delle istituzioni quale dovrebbe essere?
R. “Devo dire che da un po’ di tempo parlano del fenomeno. Ci sono campagne di sensibilizzazione, mettono in atto iniziative di diverso genere. Il guaio è che non riescono a centrare il problema. Il bullismo fondamentalmente è la scarsa consapevolezza delle conseguenze di azioni sconsiderate, nonostante a volte si tratta di ragazzi intelligenti, soprattutto i cyber bulli.

Il loro agire li porta a ledere l’integrità fisica e morale di un altro ragazzo. In funzione di ciò vanno identificate le loro azioni. Le faccio un esempio: un adulto che commette un reato, bisogna trovare le prove per incriminarlo. Anche nel caso del bullo bisogna palesare che ha commesso prevaricazioni o azioni lesive… Per questo il bullismo va inserito in un’azione pluridisciplinare che comprenda piani di educazione alla legalità e questa è materia di educazione alla cittadinanza, materia che si interroga sulle regole e sul loro significato, sul rispetto del bene comune e dell’altro. Diritti e doveri che fa di ciascuno di noi un cittadino migliore. Bisogna dedicare cura alla formazione di una coscienza civica, sotto tutti gli aspetti, per comprendere il rispetto delle regole e della legalità”.

D. E questo cambia completamente il punto di osservazione del fenomeno…
R. “Più precisamente si allarga. Il fenomeno va compreso in tutte le sue peculiarità e richiede un lavoro specifico che non si può improvvisare. Prerogativa delle istituzioni è introdurre una normativa adeguata che inserisca la figura dell’esperto in bullismo/cyber bullismo nell’ordinamento scolastico.

Solo così possiamo dare una risposta adeguata e nel breve termine a un fenomeno dilagante che mette a rischio l’incolumità dei nostri figli, in modo da aiutare i ragazzi a trovare dentro di sé e nella comprensione degli altri le basi affettive ed etiche da cui dipendono sia il rispetto delle norme esistenti, sia l'impegno a volerne di migliori”.

CONTACTS:
msfersini@yahoo.it

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