Strage via Fani: 41 anni di confessioni negate

di NICOLA ZUCCARO - Roma, giovedì 16 marzo 1978: alle 9.02 in via Fani si scatena l'inferno. Un commando delle Brigate Rosse apre il fuoco sui 5 agenti che quotidianamente proteggevano Aldo Moro. Nell'intera scorta, per la quale non ci fu via di scampo, cadde anche il Vice Brigadiere di Pubblica sicurezza Francesco Zizzi, originario di Fasano. Da quel feroce piombo fu temporaneamente risparmiato lo statista pugliese nonchè Presidente della Democrazia Cristiana. 

Iniziarono così quei 55 giorni, fra i più drammatici della Repubblica, tra ricerche e trattative, intervallate dai comunicati dei brigatisti e dai falsi allarmi, che crearono angoscia in tutto il Paese. Uno stato d'animo collettivo che cessò con il rinvenimento del cadavere di Aldo Moro nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani a Roma, il 9 maggio 1978. 

Da quest'ultima data, iniziò quello che ha tutti i titoli per poter essere definito l'interminabile Mistero d'Italia, a causa di quelle zone d'ombra sulle quali, a 41 anni di distanza, potrebbe esserci una svolta a seguito del voto favorevole espresso nei giorni dal Parlamento europeo ad un emendamento presentato dalla Lega per l'estradizione di Alessio Casimirri. L'ex brigatista, che è latitante in Nicaragua dal 1998, dove lavora come ristoratore, prese parte all'efferato agguato di via Fani e al rapimento di Aldo Moro.

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