Pd, quo vadis? Parla la generazione Y

di FRANCESCO GRECO - “Non rinchiuderti, partito, nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada!”, Vladimir Majakovskij. Già: una delle tragedie dei dem è proprio l’essersi estraniato dal mondo (Zavattini direbbe che non prende più l’autobus), chiuso nelle sue burocrazie autoreferenziali, che raccontano una realtà inesistente, fra i Parioli, Capalbio e le terrazze romane. La sconfitta del 4 marzo 2018 nasce anche da questo sostrato culturale, politico, storico. Come da una supponenza delle sue classi dirigenti. 

Così l’internazionale sovranista (Trump, Orban, Putin, Le Pen, Farage e i “nostri” Salvini vs Di Maio) ha avuto la meglio. Sarebbe stata necessaria una profonda, impietosa riflessione, un’autocritica radicale, analisi serie, fare, una volta per tutte, i conti con la Storia (con Mani Pulite, per esempio), oltre ogni ambiguità: anche per placare l’ira di milioni di elettori all’improvviso senza più identità (tant’è che a falangi sono transitati nel M5S). Invece assistiamo a un’opposizione livida e rancorosa, alla liturgia delle primarie, con i contenuti sullo sfondo, sbiaditi, esigui. Ora con Zingaretti segretario è iniziato un tempo nuovo, da riempire con contenuti al passo con la realtà, narrazioni, capaci di emozionare cuori e folgorare menti. E’ la sfida iniziata il 3 marzo. 

Che fare, mentre all’orizzonte incombono le Europee? A offrire un contributo articolato alla discussione, come si diceva un tempo, “sul tappeto”, un millennials (o quasi), la generazione Y (autodefinizione), nato nel 1989, mentre crollava il Muro di Berlino, Alexander Marchi, con “SOS, sociale, occupazione, sicurezza” (Proposte e provocazioni per un futuro europeo e riformista), Mauro Pagliai Editore, Firenze 2018, pp. 90, euro 10 (collana “Passaparola”). La rabbia e l’orgoglio di un ragazzo d’Europa ferito nel suo patrimonio di valori e ideali, d’un tratto relativizzati. Idee per far ripartire la sinistra in un momento storico in cui prevale la pancia, il furore iconoclasta di una narrazione tutta muscoli e demagogia e la comunicazione zeppa di fake-news e di strani mantra (governo del cambiamento, abolita la povertà, me ne frego!, aiutiamoli a casa loro, la pacchia è finita, ecc.). Spinte irrazionali, suicide, che pagano a breve distanza, ma sulla lunga destinate a esaurirsi. 

Se bisogna ritrovare la ragione, prima che i mostri facciano arretrare la civiltà e sprofondare il Paese oltre ogni orizzonte e diritto acquisito, questo ragazzo cresciuto fra Scozia (dove ha cominciato a studiare Scienze Politiche) e Italia, che si è sudato il pane facendo l’operaio per cinque anni, offre degli spunti seri e appassionati. E se la sinistra affetta dalla sindrome di Totò e Peppino a piazza Duomo (“Noio vulevù savuar: per andare dove dobbiamo andare dove dobbiamo andare?”), oltre che di Tafazzi e Cetto Laqualunque, ripartisse dalla generazione Y?

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