Gli Atenei italiani e lo scandalo dei concorsi ‘truccati’, una storia che viene da lontano


di VITTORIO POLITO - Ancora una volta torna d’attualità il problema dei concorsi universitari ‘truccati’: una vergogna nazionale che non ha eguali.

Dalle notizie che pervengono dai mass media si evince chiaramente che non è una novità il malcostume esistente negli ambienti accademici e dell’assoluta libertà che hanno i docenti. Ormai le cronache di questi ultimi tempi hanno dato un ampio e dettagliato quadro della situazione dei concorsi che vedono sempre e comunque premiati figli, figliastri, amici e parenti che sembrano avere la precedenza su tutti. Insomma, una «strana razza di genietti» come titolava qualche decennio fa un quotidiano.

D’altro canto, l’ordinanza della Corte di Appello di Roma, allegata, la dice lunga sulla situazione dei concorsi universitari che ha visto annullare e condannare la Commissione giudicatrice di un concorso ed i relativi candidati dichiarati “falsamente idonei” (Ordinanza Corte di Appello di Roma, 8 ottobre 2004). La citata sentenza, relativa al concorso del raggruppamento F 1500, annullava ovviamente anche il concorso.

Queste “storie” si ripetono da sempre nelle Università e nei Politecnici.

Chi denuncia è immediatamente messo fuori dal giro, nel senso che non potrà più partecipare ai concorsi o sarà sempre isolato. Pare inutile e dannosa ogni denuncia: i baroni sono baroni, solo loro hanno in mano le redini dei concorsi universitari. È una constatazione che viene da lontano, difficile da estirpare.

Lo scandalo scoperto dalla Digos della Questura di Catania vede tra gli indagati due rettori e tantissimi docenti, forse il numero più grande di persone indagate, la cui operazione è stata denominata “Università bandita”. Il sistema, secondo gli investigatori, non sarebbe riferito solamente all’Università di Catania, ma esteso ad altri Atenei italiani. Non potrebbe essere diversamente.

Pare che i concorsi “truccati” sarebbero 27, ma si indaga anche su altre 97 procedure concorsuali che gli investigatori hanno definito un’associazione a delinquere, che avrebbe avuto come capo il rettore dell’Università di Catania Francesco Basile e di cui sarebbe stato promotore il suo predecessore, Giacomo Pignataro, finalizzata a commettere ad alterare l’esito dei concorsi per il conferimento degli assegni, delle borse e dei dottorati di ricerca, per l’assunzione del personale tecnico-amministrativo, per la composizione degli organi statutari dell’Ateneo, per l’assunzione e la progressione in carriera dei docenti. Si parla di un “codice sommerso” che stabiliva norme e sanzioni nelle progressioni o esclusioni dalle carriere. Insomma decidevano tutto loro come in una società segreta!
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