Schianto sulla Brindisi-Bari: navigava con lo smartphone il camionista che ha travolto e ucciso Francesco Derosa

BARI - Quella domanda ha tormentato fin da subito i suoi familiari, sconvolti per la perdita del loro caro a soli 26 anni: com’era possibile che il camionista non si fosse accorto in pieno giorno di due furgoni fermi a bordo strada e li avesse travolti, innescando la drammatica e fatale carambola? La risposta ora è arrivata e acuisce la rabbia e il dolore senza fine per una morte assurda ed evitabile: il conducente dell’autocompattatore “armeggiava” al cellulare, e non per parlare ma per “navigare” in Internet. L’amara verità è emersa dall’atto con il quale, al termine delle indagini preliminari, il Pubblico Ministero della Procura di Brindisi, dott. Pierpaolo Montinaro, titolare del procedimento penale per omicidio stradale e lesioni personali stradali gravissime per la tragica morte di Francesco Derosa e il ferimento di un suo collega di lavoro, in coma permanente, ha chiesto il rinvio a giudizio per l’autista del mezzo pesante, C. D. C., brindisino di 47 anni, unitamente a un altro collega della vittima, L. P., 35 anni, di Bari. E in relazione alla richiesta, il Gup del Tribunale di Brindisi, dott. Maurizio Saso, con avviso del 14 ottobre, ha fissato per il 3 dicembre 2019, alle ore 10, presso il palazzo di giustizia di via Lanzillotti, l’udienza preliminare di un processo dal quale i congiunti del giovane e Studio3A-Valore S.p.A, che li assiste, si attendono risposte forti. Lo rende noto l'ufficio stampa di Studio3A.

Com’è noto - si legge nel comunicato Studio3A -, il drammatico sinistro si è verificato il 13 dicembre 2018, alle 10.15, sulla Statale 379, strada a due corsie per senso di marcia, presso lo svincolo per Torre Pezzella, a Ostuni. Derosa, che abitava a Bari e lavorava per la lavanderia industriale Stella Snc, della sua città, si trova come come passeggero su un Volkswagen Crafter che trasporta indumenti per la ditta e procede verso Brindisi: al volante si trova il collega L. P. Lo scoppio dello pneumatico posteriore destro costringe il conducente ad accostare posizionando il veicolo sull’estremo ciglio destro della strada, a un metro dal guardrail. E’ la prima lacuna della serie di eventi infausti che determineranno il dramma secondo l’ing. Maurizio Sagace, il consulente tecnico a cui il sostituto procuratore ha conferito l’incarico di ricostruire dinamica, cause e responsabilità del terribile incidente: alle operazioni peritali ha partecipato anche l’ingegner Pietro Pallotti, il consulente di parte per la famiglia messo a disposizione da Studio 3A-Valore Spa, società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, a cui i familiari di Derosa, attraverso l’Area Manager e responsabile della sede di Bari, Sabino De Benedictis, si sono affidati per fare luce sui fatti e ottenere giustizia. Per il Ctu, infatti, il conducente del Crafter dov’era (stato) trasportato Derosa, si è colpevolmente “fermato sulla banchina di emergenza a seguito dell’avaria alla ruota sebbene nella possibilità tecnica di raggiungere la (più sicura, ndr) piazzola di sosta collocata appena 250 metri più avanti”. Perciò il Pm lo ha indagato e ne ha chiesto il rinvio a giudizio “per non aver adottato le opportune cautele per la sicurezza della circolazione, in violazione degli artt. 140 e 161 commi 1 e 4 del codice della strada”.

L. P. e Francesco, com’è stato documentato, indossano regolarmente il giubbetto catarifrangente, collocano il triangolo dietro al mezzo in panne e provano a cambiare la gomma con il cricco in dotazione, ma non ci riescono, perché il mezzo è stracarico. Allora chiamano l’azienda da dove mandano in loro aiuto un collega, V. B., 32 anni, di Bari, che arriva con un altro furgone della ditta, un Ford Transit, e lo parcheggia alle spalle del primo, ma non in modo impeccabile. L’ing. Sagace rileva che il trentaduenne si è arrestato “sulla corsia di marcia e non sull’estremo margine destro per prestare soccorso al furgone in avaria, riducendo di fatto la sezione di passaggio di tutti i veicoli sopraggiungenti”, con violazione degli artt. 140 comma 1 e 157 comma 3 del Cds. Anche V. B. è stato iscritto nel registro degli indagati ma nei suoi confronti "si procederà separatamente” in ragione delle sue (tuttora) gravissime e difficilmente recuperabili condizioni di salute per le lesioni che pure lui ha riportato nel sinistro: in questo procedimento figura come parte offesa.

E’ proprio mentre i tre dipendenti della lavanderia stanno “trasbordando” parte del materiale sul Transit per “alleggerire” il Carfter e permettere il cambio della ruota, che C. D. C. piomba da dietro sui due mezzi fermi travolgendoli con il pesante autocarro Iveco Trakker di cui è alla guida, un mezzo autocompattatore della società Ecotecnica, che gestisce il servizio dei rifiuti a Brindisi, a una velocità d’urto di 71 km/h, come emergerà dai dati del cronotachigrafo. Un impatto tremendo. Come ricostruito dal Ctu, il mezzo pesante dà il là a una drammatica serie di carambole. Il Ford Transit, dopo l’impatto sul lato posteriore sinistro da parte dell’autocarro, si gira di 180 gradi urtando il posteriore centro destro del Crafter, disponendosi col muso nella direzione opposta, verso Bari, e ribaltandosi sul fianco sinistro nel canale di scolo. Il Crafter, dopo l’urto con l’altro furgone, compie a sua volta una rotazione antioraria, ponendo il suo anteriore sinistro in contatto con l’anteriore destro dell’Iveco ancora intento in una fase deviante a sinistra, dal quale viene trascinato per ben 31 metri. De Rosa, che si trova in prossimità del portellone destro del Crafter, viene investito nella rotazione oraria del Transit e poi schiacciato in seguito al suo ribaltamento: muore sul colpo. Magra consolazione per i familiari, la perizia ha appurato come il ventiseienne, al momento dell’urto, non fosse all’interno della carreggiata ma si trovasse abbondantemente al di fuori della linea bianca, all’estremo margine destro: l’unica delle quattro persone coinvolte a non aver avuto colpa alcuna.

Il conducente del mezzo pesante, a cui vanno ascritte ovviamente le principali responsabilità, “si avvedeva solo all’ultimo della presenza dei furgoni sul lato destro della strada e non era in grado di evitare l’impatto, sebbene le condizioni ambientali fossero favorevoli e la sua velocità (83 km/h al momento della percezione del pericolo) tale da consentirgli un arresto in soli 37,5 metri a fronte di una visibilità di avvistamento di oltre 76 metri (…). L’evento si è sicuramente generato a causa di uno stato di disattenzione alla guida del conducente dell’autocarro” conclude il consulente tecnico della Procura.

Il Pubblico Ministero, che ha condotto le indagini con estremo scrupolo, tuttavia, ha voluto andare a fondo per capire a cosa fosse dovuta questa condotta di guida gravemente distratta del camionista e, in particolare, se potesse essere stata determinate dal “solito” (ab)uso dello smartphone. Pertanto, ha disposto anche un’ulteriore perizia informatica sui traffici telefonici di tutti e tre gli indagati per stabilire se al momento dello schianto stessero parlando o utilizzando il cellulare: incarico affidato il 14 marzo al Ctu Silvano Greco.

I risultati dell'indagine hanno dato le risposte temute. Nella richiesta di rinvio a giudizio si imputa al conducente dell’autocompattatore di aver causato l’incidente “per colpa dovuta a negligenza, imprudenza e inosservanza di norme che disciplinano la circolazione stradale”, in particolare di aver tamponato il furgone Transit “nel mentre utilizzava il telefono cellulare a lui in uso, mediante connessione Internet al motore di ricerca Google, omettendo di conservare il controllo del suo veicolo, di condurlo in condizioni dei sicurezza e di arrestarlo di fronte alla stazione di pericolo…”, con violazione, oltre che degli artt. 140, 141 comma 2, del Cds, anche dell’art. 173, comma 2: “E’ vietato al conducente di far uso durante la marcia di apparecchi radiotelefonici…”.

Ora i familiari di Francesco, che ha lasciato il papà, la mamma e un fratello di 16 anni a cui era legatissimo, e Studio3A, che li supporta, confidano in una pena esemplare, anche per dare un segnale forte nei confronti di una violazione che sta diventando, tragicamente, la principale causa degli incidenti stradali e delle morti sulla strada. E si aspettano anche una concreta assunzione di responsabilità da parte delle compagnie di assicurazione dei veicoli coinvolti, in particolare quella dell’autocompattatore, Itas, che finora, nonostante il pesante quadro probatorio a carico del conducente del veicolo assicurato, ha dato risposte del tutto insoddisfacenti sul fronte risarcitorio.
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