Una dotta lezione... sul “crudo” di mare

di VITTORIO POLITO* - Il “crudo” di mare è stato il tema della prima interessante lezione che il prof. Matteo Gelardi, preside, con la consulenza tecnica di Silvestro Carofiglio, rettore, ha tenuto in occasione dell’inaugurazione del terzo anno dell’Accademia del Mare, che ha sede presso il noto Ristofish “La Pesciera” di Bari.

I frutti di mare crudi consentono di mantenere inalterato tutto il contenuto di Omega-3, utilissimo alla salute, e conservano al meglio le qualità nutritive, permettendo di mangiare bene senza appesantirsi, grazie alle vitamine termolabili.

Il prof. Gelardi, noto medico otorinolaringoiatra e citologo nasale con la passione per il mare, per l’arte e per la musica, ha tenuto, la magistrale lezione su mitili e cefalopodi, con dovizia di particolari pratici e scientifici. E così gli “accademici” ora sanno tutto sulla produzione di ostriche, cozze, noci, canestrelle, cozze pelose, ricci, polpi e allievi, quando è il periodo della riproduzione e della migliore degustazione, ed i luoghi di produzione in Italia e all’estero. La proiezione di un video ha mostrato tutte le fasi di come si “arriccia” sua maestà il polpo. Inoltre sono state evidenziate le differenze tra polpo fresco e congelato.

Gelardi ha anche illustrato alcuni primi piatti i cui frutti di mare, questa volta cotti, sono alla base della preparazione per la delizia dei palati (risotti, spaghetti e tagliatelle con le cozze o frutti di mare, a cui si aggiunge la squisita teglia (la tièdde) di riso, patate e cozze. Il dotto conferenziere ha ricordato anche il Decreto n. 41 del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, pubblicato sul supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 176 del 29 luglio 2017, che ha aggiornato l’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali delle varie Regioni, Puglia inclusa, nel quale sono state aggiunte diverse specialità tradizionali pugliesi e baresi, tra cui il piatto principe della nostra cucina, la teglia (tièdde) al forno con riso, patate e cozze.

Mangiare pesce crudo in sicurezza è possibile adottando alcuni piccoli, ma indispensabili accorgimenti per essere consumato in totale tranquillità, facendolo stazionare 24 ore in congelatori che raggiungano i – 20°C, i cosiddetti “abbattitori”, procedura che uccide il parassita Anisakis, mantenendo intatti sapore e consistenza della carne.

In Puglia, e soprattutto a Bari, mangiare pesce crudo o frutti di mare, rappresenta uno stile di vita, più che una tradizione. Infatti in Puglia abbondano i ristoranti ove si può gustare il sapore di prelibato pesce fresco cotto e crudo. In altri tempi per frutti di mare si intendeva solo l’ostrica, infatti i venditori di chiamavano “ostricari”, ma per i pugliesi gustare “crudo di mare”, viene da molto lontano. A Bari non è Domenica senza frutti di mare, questi sono “venerati”, scrive Lino Patruno, come San Nicola.

La lezione è stata seguita con la massima attenzione dagli studenti, quasi tutti professionisti e medici, a cui è seguita la “prova pratica, cioè la degustazione, superata alla grande, tanto che il preside insieme al rettore, hanno promosso tutti alla seconda lezione.

*Accademico del Mare

Curiosità - Felice Alloggio, attore e regista barese, racconta in una sua nota che “Nettuno, il dio del mare, quando scese a Bari si lamentò con i baresi perché quando offrivano sacrifici agli dei, arrostivano solamente pecore, caproni, buoi, tori e cavalli, e mai pesci. Nettuno non capiva perché mai i baresi non sacrificassero pesci a lui e agli altri dei, e li minacciò che se non avessero sacrificato animali marini lui avrebbe provocato un maremoto vicino alla costa della città distruggendola. E mentre era con il suo carro in acqua, all’altezza dello scoglio emergente a circa duecento metri dalla riva, il cosiddetto Monte Rosso, gli passò davanti, affiorando, un enorme polpo che lui afferrò con una mano per sbatterlo immediatamente sullo scoglio del monte Rosso tramortendolo. Poi gli morsicò la testa e di nuovo lo lanciò sullo scoglio più volte, quindi lo prese fra le grandi mani e cominciò a scuoterlo come se le sue enormi mani fossero un largo canestro di vimini, per arricciarlo e renderlo morbido. Con i suoi affilatissimi denti, infine, Nettuno staccò i tentacoli (cjìrri) e cominciò a mangiarli e a distribuirli a tutti i baresi presenti in mare sulle loro barchette da pesca affinché facessero altrettanto. E la stessa cosa fece il dio del Mare con tutti i molluschi che stavano attaccati agli scogli sottacqua dentro i loro coriacei gusci. Infatti prese di tutto, cozze nere, tartufi di mare (taratuffe), cannolicchi, noci di mare, ostriche, patelle e telline, cozze pelose, datteri, cozze san Giacomo, canestrelle e altre prelibatezze, che ‘spedecchiàve’ (staccava dal bisso), sgusciava abilmente, e distribuiva a tutti i presenti, felici di mangiare tali delizie mai consumate. Da allora, sono passati più di duemila anni, e quella che all’inizio fu considerata solo una abitudine alimentare, divenne presto per gli antichi baresi una tradizione che, cristallizzatasi nel tempo è diventata vera e propria cultura.»
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