Lavare i cervelli è un’arte. Ecco la “bibbia”


di FRANCESCO GRECO - Attuale, anzi, attualissimo: pare scritto ieri e invece sono passati ben 90 anni, un anno-luce al nostro tempo virale in cui se stiamo lontani dalla rete un giorno ci pare di essere invecchiati un anno. E’ segno che le intuizioni dei grandi non hanno tempo, anzi, lo sfidano apertamente. Poi, l’uso che se ne fa, l’etica usata nell’attuarle è tutt’altra cosa.

“Propaganda” (L’arte di manipolare l’opinione pubblica), di Edward Bernays, pp. 160, euro 11.50 (collana “La mala parte”) è un classico del suo genere e vi servirà per vendere di tutto, a cominciare da voi stessi. Si tratta di piccoli saggi molto sostanziosi e di struttura polisemica che spiegano in modo “scientifico”, e nelle moderne democrazie, come far fumare le donne “sebbene dovessero essere piacenti, non dovevano avere l’aspetto di modelle” e che chi non se l’accende è retrò. Ma anche come vendere una merce qualsiasi, convincere la gente dell’importanza dell’istruzione, come si imposta una campagna pubblicitaria e piazzare un brand appena uscito, ecc.

Forse quelli che ci lavano il cervello, che ci riempiono la mail di fake news che diventano virali con i like e le condivisioni, le leggende metropolitane spacciate per certezze cartesiane, gli stregoni che stroncano i vaccini, l’antimodernità che pulsa viscida intorno a noi, la scienza relativizzata, i ciarlatani che ci imboniscono, gli hacker e gli influencer manco sanno dell’esistenza di Bernays. O forse lo tengono sul comodino e ogni tanto ci danno una sbirciatina.

Fatto sta che queste teorie oggi sono applicate nella maniera più perversa possibile e l’uomo è diventato esso stesso una merce, nelle mani di pr astuti, psicologi diabolici, pubblicitari mefistofelici, stilisti che si ammantano di arte posticcia (sfruttando i bambini a un dollaro al giorno), guru che ci vendono l’effetto placebo. E siamo ostaggi di creativi la cui stessa parola contiene un suono sinistro.

E tutto questo canagliume che usa così bene le nuove tecnologie ci ha fatto smarrire il libero arbitrio, per cui più vogliamo esaltare la nostra unicità e più siamo massa ebete di consumatori di spazzatura, come il ragno che più si dimena nella ragnatela e più si intrappola e si intruppa nella massa. Mentre i decisori politici tengono bordone o stanno a guardare.

E. Louis Bernays (“padre delle pubbliche relazioni”) a un certo punto parla di bonificare l’etimologia del termine propaganda, a cui vorrebbe restituire “un’aura di rispettabilità”, avvertendone tutta la minacciosa ambiguità. Oggi bisognerebbe ridare semantica e dignità al termine “comunicazione”, con cui si intendono un certo numero di furbastri che ci propinano rubbish d’ogni genere, politico incluso. Ma delle menzogne non rende conto nessuno.
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