Cosma Andreula: "M'illumino d'immenso"

di LIVALCA - «Apro il giornale e leggo che…» è l’inizio di una canzone portata al successo nel 1966 dal ‘molleggiato’ e che vide ‘impegnati’ come autori ben cinque elementi: Beretta, Del Prete, Celentano, Mariano, Mogol ( quasi il Clan al completo) e forse poteva esserci anche un sesto, ma questa è una storia di un altro mondo e che non è attinente con quello che voglio raccontarvi…anche se, a voler essere pignoli,  l’imprevisto è l’unica cosa che bisognerebbe prevedere quasi sempre.

Il 31 dicembre 2019 proprio in questo modo  ho appreso - sfogliando il quotidiano da non molto tornato in piazza oggi Moro, ieri Roma - che il vecchio Amico ritrovato dopo oltre mezzo secolo, Cosma Andreula, per noi da sempre Mino, è un mecenate cui Bari deve l’illuminazione della Muraglia, nel tratto fra San Nicola e Santa Scolastica.

Ora è necessario fare una piccola rimpatriata storica. Con il neuroradiologo, oggi agli onori della ribalta per il generoso gesto, non mi vedevo dal fatidico ’68 al Flacco. Ho avuto problemi di salute verso la fine dell’anno appena concluso e, come faccio di solito, ho chiesto consiglio agli amici fidati e  tutti, Enzo D’Addario in testa, mi hanno fatto il nome di Mino per il mio caso. Onestamente non ho mai frequentato Mino fuori dell’ambito scolastico, anche perché non sapevo e non so ballare e lui, invece, era uno dei più attivi nell’organizzare le feste in voga in quegli anni.

Ero indeciso quando, un fortuito incontro con Tonio Traetta, mi ha fatto entrare in possesso del  suo  numero di cellulare. Ho preferito ricorrere a quel sistema «come va» (per intenderci whatsapp!) e ho inviato un messaggio, dopo tre giorni di silenzio un altro - mai avrei inviato un terzo! - e dopo 48 ore un Mino simpatico, gentile, affabile e comunicativo mi ha contattato e sentirlo mi ha fatto l’effetto delle cure ‘ricostituenti’ di lontana memoria. 

Mi ha convocato per una visita, veloce ma professionale al massimo, e mi ha richiesto degli esami che ho effettuato (in questa circostanza ho conosciuto un medico, Raffaele D’Ursi, che, non penso perché  mi abbia raccomandato Mino,  ha dimostrato un’umanità che mi ha riconciliato con un tipo di genere umano, una persona di quelle che ti fanno capire che il bene prevarrà sempre sull’arroganza  e la prepotenza).

Poi ho richiamato Mino che, tornato l’amicone di sempre, mi ha detto che era impegnato e di risentirci fra una settimana. Il caso ha voluto che la domenica successiva alle 8,30 abbia incontrato Mino fuori la Basilica di San Nicola - mentre ero in compagnia del famoso gruppo Amici di San Nicola - che, in perfetta tenuta sportiva  (ha sempre molto curato non solo  l’aspetto fisico,  ma anche l’abbigliamento in maniera non eccentrica, ma non  certo ‘usuale’ )  era impegnato in attività fisica.

Gentile, ma forse non particolarmente entusiasta di vedere ‘profanato’ il suo sacrosanto ‘relax’, mi ha detto sono occupato…come se io fossi ‘disoccupato’ (ma questo non lo diciamo).  Ci siamo salutati con un abbraccio e, rientrato nel mio gruppo, Peppino Giordano, mi ha chiesto: «E’ Andreula?».  In pochi metri il noto chirurgo oncologo ex arbitro di calcio, ha raggiunto Mino e dopo pochi minuti mi ha chiamato per…’presentarmelo’. E’ stato un momento bellissimo di vera amicizia, che mi ha consentito di citare una frase «Quella che potè cessare non fu vera amicizia» che, pur con riserva, ho attribuito a Cicerone e, oggi, restituisco al vero proprietario, S. Gerolamo. Da allora, anche per colpa dei miei troppi impegni, non ho più cercato, rivisto e sentito Andreula, ma attendo fiducioso.

A questo punto devo fare una retromarcia per raccontarvi come a volte le coincidenze perse possano cambiare non dico il destino, ma lo sviluppo di una storia.  Anni fa mentre ero ricoverato a ‘Villa Lucia’ di Conversano per un intervento ho incontrato - io ero in divisa da paziente - Andreula, ma non ci siamo riconosciuti.  Avevo saputo che sarebbe passato per un incontro professionale e mi ero fermato in corridoio per salutarlo.   Chiesi poi al mio medico-amico di riferimento come mai non fosse intervenuto e lui mi rispose: «Era uno dei tre che hai visto passare…». L’accaduto conferma quella teoria - attenzione l’esempio vale per me e non per Mino, io sapevo, lui no  - che multos annos  non fanno dei sapienti, ma degli anziani.

Tornando alla Muraglia illuminata da Mino, non posso fare a meno di ricordare che Andreula, quando si giocava a ‘pallavolo’, era praticamente imbattibile a ‘muro’.   Faceva disperare il gruppo che tifava per me - Buono, Pedone, Tricarico, Ingrosso e altri - perché da bravo futuro medico non era abituato a sbagliare ‘diagnosi’, per cui le poche  volte che riuscivo a ‘forarlo’ rivendicava presunti ‘falli di piede’ o ‘ipotetiche’ invasioni di campo.  Vincere allora, per dirla ancora con Celentano in modo  ‘disonesto ma sincero’, può aver  contribuito a formare il professionista - lo stesso che  oggi onora la Sua Bari e rende raggianti i  30+2  studenti della mitica sezione D del Liceo Quinto Orazio Flacco -  è una lecita supposizione, che ritengo non possa infastidire amici e nemici ‘occulti’.  Aznavour, rivisitato da una copia di  Zalone,  scalda il nostro cuore.

Com’era triste via Venezia appena 50 anni dopo/ soltanto un neuroradiologo che guardava verso il mare/e non  chiedeva niente, perché negli occhi suoi/ e dentro la sua mente vi era solamente  Bari. Com’era triste la Muraglia, tra San Nicola e Santa Scolastica,/ perché i Musei e le Chiese non erano più illuminati/  e perché i vecchi studenti non venivano più. / Addio ‘flacchisti’ in volo che un giorno salutaste quelle vecchie aule/addio anche a Lei logora Scuola che fu/che sa che non l’amano più/ come soltanto tu, vecchio flacchista che fu,/ sapevi fare un tempo che non tornerà più. /Com’è bella, ora,  via Venezia che  grazie a quel Cosma Andreula M’ILLUMINO D’IMMENSO  si ama sempre più./ Tutti  noi di quella leggendaria sezione D, che un bel D(ì) dal Flacco prese il volo/ ti diciamo bravo Mino che hai dato luce a quel cerino/ e fa niente se un poverino fu considerato solo ‘equino’ da macello.

Potrei dire, a titolo personale, che mi porto dentro da mezzo secolo un segreto che solo Vito e Pipino conoscono e da due anni, Enzo, in parte, ma  dimostrerei che ‘ in cauda venenum’ e non è assolutamente vero, ma è innegabile che ‘ars longa, vita brevis’.

Tutti quanti conosciamo quella frase sull’amicizia di Aristotele «Nessuno potrebbe amare una vita senza amici, anche se possedesse tutti gli altri beni», ma io al filosofo di Stagira e al suo sillogismo  ho preferito il nostro Luca Medici, un artista da me  scoperto per primo in una  Bologna in cui la ‘mortadella’  si mangiava tagliata a fette troppe spesse per i miei gusti, e a cui volevo proporre la partecipazione in un film dal titolo ‘La leonessa’;  Checco mi ha fregato, avendo successo fin dalla sua prima pellicola, e mi ha lasciato «Tolo tolo» (Fratello, ma perché hai fatto fuori il buon Gennaro Nunziante dalla regia? Spero vi sia una motivazione che lasci inalterata la vecchia amicizia. Fare squadra al Sud è un ‘Fiorello’ che necessita di molta acqua).

Ora vi spiego, in minima parte, le tante combinazioni di ‘M’ILLUMINO D’IMMENSO’ e perché mi sento legato a Giuseppe Ungaretti da Alessandria d’Egitto.

In quel  fatidico ’68, avendo il fisico debilitato da situazioni che mi vedevano più che protagonista… ‘animale’ da sacrificare, ho passato 40 giorni in ospedale e dieci in cui mi consideravano già in ‘paradiso’ ( su quello non ho dubbi!), ma poi qualcuno decise  che il  P  potesse attendere, e vi fu una ripresa.

Con me stette solo mia madre - Dio non potendo essere dappertutto, creò le madri - e la prima persona che ho visto al ‘risveglio’ è stato un parente del Gargano, un medico che aveva la passione della poesia ed era un estimatore di Giuseppe Ungaretti, che mi accolse con : « Gianni, vedo te, e M’ILLUMINO D’IMMENSO’».

Era un modo per esprimere la gioia, visto che probabilmente era venuto a Bari per un evento ‘diverso’,  e mi precisò tieni a mente l’anno di nascita di Ungaretti.   Non ci feci caso, ma in seguito ho ‘studiato’ bene la vita di Ungaretti.

Per farla breve e non certo per  rovinare la festa di Mino, vi fornisco una sintetica veloce spiegazione.

Ungaretti  è nato l’8 febbraio 1888, la mia seconda figlia un secolo dopo 1988, ma l’8 /8, in modo che nella sua data di nascita vi siano 4 otto, come il poeta.  L’autoambulanza che mio padre inviò da Bari a Coversano, con tempismo eccezionale salvandomi la vita, disponeva di tre otto ( testimonianza del giornalista Oronzo Marangelli che aveva già comunicato a tutti …’Gianni è andato’), la macchina con cui vado in giro attualmente ha come numero di targa 888, la pratica registrata dalla struttura in cui Andreula mi ha visitato possiede tre otto, poi gli otto diventano due per la fattura di D’Ursi, sono nato il 6 agosto e fin che vi è un otto intorno a me  vi è speranza, il cognome Andreula è composto di otto lettere.

Caro Cosma sopportami ancora un poco  - non per rinfacciare, ma tu hai dimenticato che ti feci fare un figurone con la professoressa Buonvino perché ti avevo reso edotto sull’Innominato, Bernardino Visconti, che nella prima stesura de «I promessi sposi» si chiamava ‘Il Conte del Sagrato’ avendo ucciso un suo avversario ( Vercellino) sulla porta di una chiesa… io conoscevo le ‘manie’ della nostra insegnante -  tu che porti il nome di un medico martire che, in compagnia del fratello Donato, prestava assistenza ai poveri senza compenso (anargiri) e, come premio per tanta dedizione, fu decapitato sotto l’imperatore Diocleziano;  carissimo Mino voglio comunicarti che ho intenzione, partendo da questa tua nobile azione, di mettere insieme una pellicola che parli anche della sezione D.  Mio il soggetto, la sceneggiatura di Raffaele Nigro, la regia di Gennaro Nunziante, Tonio Traetta nella parte di se stesso, io del preside Pazienza perchè so delle cose che voi non saprete mai, e strada facendo vedremo di arruolare tutti i superstiti; chiaramente se poi  un mecenate vorrà essere così lungimirante, oserei dire illuminato,  da trasformarsi in produttore, per dirla ancora alla Celentano, non ancora Adrian, ‘l’emozione non ha voce’.

PS    Amico Mino, i soliti bene informati, mi dicono che hai nel DNA gli affari, per cui ti comunico, solo a titolo informativo, che se mio cugino Michele Pacilli fosse stato più dinamico i film di Zalone poteva produrli la Gio.Ca di Livalca (1987) e non la  Taodue (1991) dei coniugi Piero Valsecchi e Camilla Nesbitt; sai una massima paterna ripeteva ‘ogni impedimento è un giovamento’, io per adeguarmi ho iniziato dalla mia mail ‘giova...’.
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