Il ‘compare’ di matrimonio nell’Ottocento barese

VITTORIO POLITO - Il termine matrimonio deriva dal latino “matrimonium” e nell’antica Roma era un’istituzione fondata sul diritto naturale, definita come unione sessuale di un uomo e di una donna.

Secondo Khalil Gibran “Il matrimonio è l’unione di due diversità affinché una terza possa nascere sulla terra. È l’unione di due anime in un amore forte che abolisce ogni separatezza”.

Nel folklore nazionale, soprattutto meridionale, è riconosciuto in occasione del matrimonio il “comparatico”, ovvero il vincolo di parentela, detto anche di “San Giovanni”, che lega i cosiddetti “compari” o “comari” di nozze o di “anello”, di battesimo o di cresima, agli sposi o ai figliocci. Per questi ultimi sacramenti sono chiamati anche “padrino” e “madrina”.

Il “compare”, in alcune Regioni, doveva condurre all’altare la sposa, infilarle l’anello al dito durante la cerimonia, accompagnarla alla casa coniugale, regalarle oggetti di valore. Quello di battesimo, invece, teneva il figlioccio alla fonte battesimale, recitava il Credo con chiarezza e precisione, faceva un regalo importante. Inoltre, se il figlioccio rimaneva privo dei genitori, il compare o padrino si assumeva l’obbligo di allevarlo e di seguirlo nella sua vita.

Il compare d’anello, che è cosa diversa dal testimone di nozze, è una figura nata nel sud d’Italia il cui ruolo principale era quello di “monitorare” la coppia nella vita. Il suo compito era quello di regalare le fedi nuziali agli sposi. Il giorno delle nozze il suo ruolo era quello di recarsi a casa della sposa e, con lei al braccio, aprire il corteo nuziale, rigorosamente a piedi. Una volta in chiesa, il compare cedeva la sposa allo sposo. Per consolidare ancora di più il vincolo di questo “comparatico”, era tradizione anche che il compare d’anello battezzasse il primo figlio della coppia.

E a Bari, nell’Ottocento, quale ruolo rivestiva il “compare di nozze”? Ci viene in aiuto Franco Martino con il suo libro “Matrimonio e divorzio nell’Ottocento barese tra leggi e consuetudini” (Levante).

Il ‘compare’ doveva essere un personaggio di spicco nel paese, poiché classificava anche il tipo di nozze, a lui il giovedì prima delle nozze doveva essere inviato un ricco omaggio di dolciumi, una composizione non inferiore a 20 chili, ma presentato anche colorito e ricco di ogni “ben di Dio”. I colori accendevano la fantasia ed esprimevano un ‘concerto’ di forme e colori, artisticamente sovrapposti da mano esperta con il tocco sapiente del decoratore.

Il ‘compare’ doveva essere facoltoso e prestigioso, poiché serviva anche ad elevare le quotazioni sociali del futuro nucleo familiare e rappresentava il personaggio più importante dell’evento. Egli dispensava onori, dirigeva la festa, ballava con la sposa, mentre a suo carico erano la spese per la musica, che protraeva per due giorni, a lui la coppia si rivolgeva in caso di crisi, per suggerimenti circa l’educazione e l’istruzione dei figli e, a lui, toccava, all’indomani delle nozze, portare agli sposi “brodetto di colombo e pan di spagna”!

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