Taranta Power


FRANCESCO GRECO - “Quasi una metamorfosi, la malattia assume forme diverse con il mutare del contesto ambientale e culturale in cui viene patita o scompare del tutto in relazione al solo scorrere del tempo”. Con lo scolorire della civiltà contadina e dei suoi millenari archetipi, il malefico ragno pareva aver allentato il suo morso micidiale. E invece la sua perfidia ha soltanto mutato semantica.

Cos’altro possiamo infatti considerare se non un’allegoria la pandemia da coronavirus in cui siamo avvolti e che ha sconvolto le nostre vite, presenti e future? Ma anche la peste che ha infettato e devastato i nostri uliveti possiamo considerarla un’epifania della taranta (Lycosa tarentula) al tempo del byte. Senza alcun contrasto esorcizzante, né farmacologico né coreutico.

Il tarantismo, o “tarantolismo”, è un fenomeno antico di sette secoli (il “Sertum papale de venenis” è del 1362 e lo si legge come un castigo divino dovuto alla “corruzione morale e spirituale” e alla “passione d’amore che sconvolge e tormenta profondamente l’animo”) e multiforme (“estrema complessità”, il sociologo Eugenio Imbriani nell’introduzione), quanto universale sebbene nelle diverse interfacce. Non limitato, come si crede, alla “Terra del rimorso” frequentate dall’antropologo Ernesto De Martino a partire dal 1959 (“Sud e magia”).

Anche nel Maghreb ci sono fenomeni associabili, in Spagna e persino nell’algida Germania (forse “importati” dalle etnie indoeuropee). Oltre che in tutti i continenti, con qualche variazione estetica ma solo di superficie.

Fenomeno polisemico, dunque, dalle infinite password, che non si finisce mai di indagare. Un contributo assai prezioso ce lo dà il medico Roberto Lupo nel saggio “Tarantolismo, complicanze ed esiti”, a cura del Museo Pietro Cavoti di Galatina (Cahier 2, collana di studi e approfondimenti), Libermedia, pp. 48, s.i.p., con un’emozionante corredo iconografico in bianco e nero (anni Settanta) firmato da Giovanni Valentini, il progetto grafico di Anna Panareo, la prefazione di Salvatore Luperto e le note di Marcello P. Amante, sindaco di Galatina e Cristina Dettù, assessore alla Cultura.

La chiave d’accesso usata dallo studioso pugliese (Salve, Lecce) è quella della medicina e complessivamente della scienza. Approccio intrinsecamente ispido e impegnativo per una tematica dall’essenza metafisica (“sine materia”, “non ha nulla” dicevano un tempo i medici francesi, pensiero condiviso da Freud, che usa la materia come supporto escatologico della psicoanalisi, paradigma con cui contribuisce alla decodificazione).

E proprio nella Francia fin de siècle i malati erano visti come fenomeno da baraccone “esposti” all’ospedale parigino Salpêtrière dal neurologo Jean Marie Charcot per il divertimento dei “sani”.

Una panoramica onnicomprensiva, che ci porta ai giorni nostri, al “tarantismo senza tarantati”, alla “pizzica” fenomeno pop, risorsa dell’offerta turistica.

Il saggio sarà presentato, dopo Galatina, a Salve (Palazzo Ramirez), sabato prossimo, 12 settembre, alle ore 19.
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