Le donne baresi? Riservate ma importanti!


VITTORIO POLITO - Fino a non molto tempo fa, le occupazioni alle quali la donna poteva aspirare – soprattutto al fine di contribuire al bilancio familiare – erano piuttosto limitate, tuttavia la creatività ed il genio femminili non sono mai stati centellinati, in alcuni casi hanno rappresentato l’eccellenza in diversi settori.

In precedenza, invece, il diritto longobardo nelle ‘Consuetudines Barenses’, considerava la donna addirittura incapace di governarsi, per cui si richiedeva che fosse costantemente sottoposta all’altrui potestà (?). Tale forma di tutela, ricorda Vito Antonio Melchiorre (1922-2010), nei suoi libri “Storie baresi” (Levante) e “Donne baresi” (Adda), si chiamava ‘mundio’ e ‘mundualdo’, aggettivi attribuiti a colui che l’esercitava, identificato nel padre, nel fratello, nel figlio, o altro parente maschio, scelto dalla stessa donna, ovvero un apposito giudice del ‘mundio’, ma mai il marito, il quale poteva subire le moine della moglie e quindi essere raggirato. In certi casi era proprio lo stesso marito a necessitare del consenso della moglie per il compimento di alcuni atti.

È il caso di ricordare che alcune donne baresi hanno contribuito nel 1862 all’Unità nazionale, attraverso una “Filantropica Associazione delle Dame Baresi”, finalizzata alla raccolta di offerte per il “fondo sacro al riscatto di Venezia e di Roma”, per la totale unità del paese.

Il 27 aprile del 1898, invece, una popolana barese, Anna Loprieno, soprannominata ‘La Mosce’ (per la faccia butterata), capeggiò una grande rivolta a causa dell’aumento del prezzo del pane, definita “La piccola rivoluzione francese”, sommossa che ebbe ripercussioni anche nel resto d’Italia, e per la quale ad Anna Loprieno fu dato un secondo soprannome “La Portapannère” (portabandiera).

Altro personaggio da considerare barese per il suo vissuto è Bona Sforza, figlia di Isabella d’Aragona e del duca di Milano Gian Galeazzo. Nata probabilmente tra il 1493 ed il 1494, seguì la madre a Bari ove fu educata, approfondendo studi classici e religiosi. Sposò nel giorno di San Nicola del 1517, per procura, il re di Polonia Sigismondo I Jagellone e si circondò di molti italiani, tra i quali il nobile barese Vespasiano Dottula ed il medico Iacopo Ferdinando.

Nel diritto consuetudinario barese, nonostante la sfera femminile fosse fortemente limitata dal ‘mundio’ (il potere domestico esercitato dal capo della famiglia), erano previsti anche i diritti delle donne. In una codificazione (XLVII) erano stabilite le spettanze della moglie sui beni altrui tenuti in usufrutto dal marito, al momento della stipulazione del contratto di matrimonio, mentre la successiva (XLVIII), permetteva alla donna di contrarre liberamente mutui, cosa impossibile in precedenza senza la tutela. Nella codificazione XLIX era consentito alla donna alienare qualcosa o contrarre altro tipo di obbligazione, sia pure per mezzo di terzi, ma sotto l’attenta verifica dell’intera operazione da parte di un magistrato. Solo le disposizioni riguardanti l’anima non erano sottoposte a controllo che potevano essere liberamente adottate.

Ed a proposito di anima non si può non ricordare suor Elia di San Clemente, al secolo Teodora Fracasso (1901-1927), unica donna barese, che nonostante la sua breve vita terrena, è assurta all’onore degli Altari, motivo per cui Bari può ritenersi orgogliosa, di aver dato i natali ad una persona che “Godette fama di santità ancora in vita ed aumentò anche dopo la morte”. Fu il pontefice Giovanni Paolo II ad introdurre la causa della sua beatificazione, avvenuta il 18 marzo 2006.


E dopo il sacro passiamo alla musica ricordando il soprano barese (naturalizzata statunitense), Licia Albanese (1909-2014), che ha debuttato in diversi grandi teatri italiani (il Regio di Parma, la Scala di Milano), fino ad approdare al Metropolitan di New York sotto la direzione di Arturo Toscanini, ove ha continuato la sua lunga carriera ottenendo numerosi successi e creando nel 1974 la ‘Licia Albanese-Puccini Foundation’, una istituzione finalizzata ad assistere giovani artisti e cantanti.

Un cenno a parte meritano, infine, le nostre donne che hanno avuto un rapporto con il mare attraverso i loro uomini, i pescatori, al punto che Mario Piergiovanni (1927-2009), pittore, scultore e poeta dialettale barese, qualche anno fa realizzò nei pressi del Fortino una eloquente scultura, sulla quale scrisse l’epigrafe che segue.


ALLA DONNA D’ACQUA

SIMBOLO DELLA DONNA UNIVERSALE

CHE DONA LUCE ALL’UOMO

ALLA SPOSA

CUSTODE DEL FOCOLARE

E DELLE ANTICHE MEMORIE

ALLA “MATER” AMOROSA

CHE LO CONFORTA NEI MOMENTI PIÙ CUPI DELLA VITA

CHE LO SOSTIENE NELLE SUE DIUTURNE FATICHE

E LO INCITA ALLE GRANDI IMPRESE

ALLA “MATER” DOLOROSA

CHE IN SILENZIO SOFFRE LE PENE DELLA SOLITUDINE

DEL TERRORE PER I MARI DEL MONDO

DELL’ANSIA PER I SUOI FIGLI LONTANI

EMIGRATI IN TERRE LONTANE

E CHE NEI BUI ANNI DELLE LOTTE

IL SUO CUORE SPARTÌ

CON I SUOI UOMINI NELLE TRINCEE

È indubbio, quindi, che le donne baresi hanno dato lustro alla nostra città in vari campi, dalla cultura al patriottismo, all’arte, alla poesia, alla musica, alla religione, per cui oggi sono da considerare insostituibili ‘costole’ non solo al fianco dell’uomo, come mogli e come madri, ma anche nelle molteplici ed indispensabili attività alle quali sono chiamate quotidianamente e che svolgono egregiamente e con tanta dignità.

Non va dimenticato che la donna è l’angelo e il timone della casa e rappresenta l’asse portante della famiglia, riconosciuta anche dai numerosi proverbi che le attribuiscono capacità e doti non comuni.

Curiosità: Schiavo da Bari, un giullare, il cui nome indica il casato e non la condizione sociale, strano personaggio vissuto a Bari tra il 1200 ed il 1300, che esercitò le attività di mercante, giudice e poeta, aveva considerazioni non proprio favorevoli nei riguardi delle donne, accusate di essere infedeli verso i propri mariti. Per questa ragione suggerisce una serie di “castighi e busse” per le femmine, soprattutto per quelle di malaffare, raggiungendo il culmine del disprezzo, definendo molte di esse ‘lusingarde’, ‘traditrici’, ‘ghiottone’, ‘bevitrici’, ‘vane da lasciare ardere nel fuoco’, ‘ruffiane da scacciare come cani e puttane’. Dopo tante invettive ci fu anche lode e considerazione, ammettendo che vi può essere anche qualche donna da onorare, ma senza confidarle segreti (?).

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