Ex Ilva: 22 e 20 anni per Fabio e Nicola Riva. Tre anni all'ex governatore Vendola. "Calpestata la verità"

TARANTO - Arrivano le condanne per l'inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico Ex Ilva. La Corte d'Assise di Taranto ha condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell'Ilva, tra i 47 imputati (44 persone e tre società) nel processo Ambiente svenduto. Rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. La pubblica accusa aveva chiesto 28 anni per Fabio Riva e 25 anni per Nicola Riva.

Tre anni e mezzo di reclusione sono stati inflitti dalla Corte d'Assise di Taranto all'ex governatore regionale Nichi Vendola sempre nell'ambito del processo. I pm avevano chiesto la condanna a 5 anni. 

"Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità. E' come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l'ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all'avanguardia contro i veleni industriali. Appelleremo questa sentenza, anche perché essa rappresenta l'ennesima prova di una giustizia profondamente malata", dice l'ex governatore pugliese Nichi Vendola dopo la sentenza sull'Ilva di Taranto.

Palombella (Uilm): “Dopo pesanti condanne, accelerare su transizione e futuro ecosostenibile” - “Questa sentenza con pesanti condanne penali deve rappresentare la fine di un’epoca, fatta di inquinamento, di conflitto tra salute e lavoro, tra cittadini e lavoratori. Deve essere quindi l’inizio di una nuova fase con una forte accelerazione della transizione ecologica e una produzione ecosostenibile che riporti un equilibrio tra fabbrica e città. Oggi è stato stabilito, ancora una volta, che uno stabilimento così grande e importante per l’intero Paese non può essere lasciato in mani private senza alcun controllo da parte dello Stato che, al contrario, deve garantire contemporaneamente il rispetto della salute e il lavoro”. Lo dichiara Rocco Palombella, Segretario generale Uilm.

“Dopo questa sentenza lo Stato è di fronte ad un’unica strada: investimenti corposi, anche grazie ai fondi europei, per anticipare i tempi della transizione ecologica del più grande sito siderurgico europeo, verso una produzione ecosostenibile, abbattendo le emissioni delle fonti inquinanti, salvaguardando l’ambiente, l’occupazione e un asset strategico per il nostro Paese” sottolinea il leader Uilm.

“Non è più rimandabile – aggiunge – un intervento diretto dello Stato nel controllo della maggioranza di Acciaierie d’Italia. Per questo chiediamo al Governo di indicare una direzione chiara, di dirci come immagina il futuro del sito e della città di Taranto, quali progetti concreti vuole mettere in campo e con quali tempistiche. Da Taranto dipende anche il futuro di tutti gli altri stabilimenti del Gruppo”.

“Dopo nove anni dal sequestro degli impianti, è arrivato il momento delle scelte definitive da parte dello Stato – conclude – Non è più il tempo di rimandare decisioni che da troppi anni i lavoratori e i cittadini di Taranto attendono”.

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto