Doveri informativi e responsabilità d’équipe (Quarta parte)


VINCENZO NICOLA CASULLI -
Tanto premesso, il sanitario operante in qualità di capo équipe non può dunque per ciò solo, sic et simpliciter, ritenersi penalmente responsabile. È necessario svolgere un’analisi case by case, in quanto solo sulla base del dato empirico e della peculiarità del caso concreto sarà possibile orientare il giudizio di accertamento sulla sussistenza della ragionevole prevedibilità dell’evento, oltre che sugli specifici compiti e obblighi gravanti sul soggetto apicale.

Occorrendo una rilettura compatibile col principio di colpevolezza, va dunque riproposto, quale criterio dirimente, il principio di affidamento attenuato, in coerenza con le argomentazioni che precedono, secondo cui in tema di responsabilità medica, il capo dell'équipe operatoria è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente in ragione della quale è tenuto a dirigere e a coordinare l'attività svolta dagli altri medici, sia pure specialisti in altre discipline, controllandone la correttezza e ponendo rimedio, ove necessario, ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali o comunque rientranti nella sua sfera di conoscenza e, come tali, emendabili con l'ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista.

Concludendo, sulla base delle argomentazioni suesposte, si può affermare che l’intenzione, in definitiva, sembra quella di circoscrivere gli obblighi di sorveglianza altrui alle ipotesi di errori macroscopici, realmente percettibili e prevedibili dal sanitario membro dell’équipe attraverso un’analisi delle circostanze fattuali in cui si sviluppa l’intervento terapeutico.

È infatti sul giudizio di prevedibilità in concreto operato di volta in volta dall’interprete che si gioca la necessaria canalizzazione della responsabilità per colpa del sanitario in équipe nell’assetto dei principi costituzionali di tassatività e personalità del rimprovero penale.

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