Il 14 gennaio 1925 nasceva l’Università di Bari


GIANNI CAVALLI -
Il professore Rodolfo Benini (Cremona 1862-Roma 1956) è stato uno statistico ed economista (aveva la cattedra di Economia Politica a Roma) di grande rilievo. Grazie ai suoi studi incentrati più verso l’indagine del fenomeno in concreto, piuttosto che sulla solita ricerca teorico-formalistica, viene considerato uno dei più validi esponenti della scuola statistica italiana. A lui si devono approfonditi studi sulle oscillazioni dei fenomeni della popolazione: infatti fu proprio grazie a lui che la classe politica pugliese scoprì che all’inizio del secolo scorso la Provincia di Bari pagava oltre 25 milioni di tributi l’anno per riceverne meno della metà dallo stato centrale per ottemperare alle sue svariate esigenze. Niente da eccepire se non fosse che Firenze a fronte di un versamento di 56, ne riceveva 108; Milano versava circa 70 per riceverne oltre 110, Torino corrispondeva 60 per averne 85; si salvava, come proporzione, solo Napoli per il Sud che veniva risarcita totalmente con un aumento di quasi il 20%: pagava 90, incassava 106.

Puglia, Basilicata, Abruzzo e Calabria non avevano alcuna università, mentre la Toscana sei come la Lombardia, tre il Piemonte e la Campania. Chiaramente non è che mancassero gli studenti universitari nelle suddette regioni, solo che erano costretti a spostarsi verso altre sedi con notevoli spese, tutte a beneficio delle regioni con sede universitaria. Preciso, non solo per un fatto statistico, che cervelli nati in Puglia svolgevano il loro ruolo di professori presso vari atenei italiani: il barese Nicola Garrone era docente di Ragioneria presso l’Università di Roma; il molfettese Gaetano Salvemini insegnava Storia a Firenze; l’andriese Lorenzo Bonomo docente di Traumatologia di guerra e Medicina operatoria nella Scuola di Applicazione di Sanità Militare di Firenze; Giovanni Carano, nativo di Gioia del Colle, professore di Scienza delle Finanze presso l’Università di Napoli; Pietro Pansini di Giovinazzo insegnava Legge a Napoli; il gravinese Giuseppe Tarantino docente di Filosofia Morale a Pisa; l’orgoglio di Cerignola Nicola Zingarelli aveva la cattedra di Letteratura Italiana a Milano; il nojano Nicola Pende titolare della cattedra di Clinica Medica a Palermo; il filosofo molfettese Pantaleo Carabellese aveva la cattedra di Filosofia a Palermo; sempre partendo da Molfetta Sergio Pansini era diventato titolare della Clinica di Semeiotica presso l’Università di Napoli e il suo concittadino Sergio Panunzio aveva la cattedra di Filosofia del Diritto a Perugia; Dante De Blasi, il cittadino più illustre di Uggiano la Chiesa (piccolo centro vicino Otranto), ha insegnato Igiene presso le Università di Cagliari, Napoli e Roma e nella città eterna successe a Giuseppe Sanarelli (notissimo nei primi anni del ‘900 anche per aver fondato e diretto a Montevideo il primo stabilimento d’Igiene sperimentale). Chiaramente in questo incompleto elenco mancano tantissimi docenti (nei miei stessi datati appunti non riesco a decifrare bene molti altri nomi, dal momento che sono scritti a matita, e necessitano di verifiche che dovrei eseguire in rete, ma come ho già detto più volte per me la rete resta…il gol).

Era evidente che con l’università a Bari molti di questi professori avrebbero potuto trovare ‘occupazione ’ in Puglia con benefici per tutti: studenti, forza lavoro ed economia.

Si deve al farmacista Giosuè Mundo, sindaco di Bari dal 1-12-1861 al 23-9-1863 come ricorda lo storico Vito Antonio Melchiorre nel suo pregevole ed utilissimo volume “Il COMUNE di BARI dal 1806 al 1989” (Levante Bari, 1989), avanzare una prima petizione al Governo centrale per ‘reclamare’ un’università per Bari e la Puglia. Uno dei più attivi a perorare l’iniziativa fu lo storico, ed all’epoca deputato, Giuseppe Massari (Taranto 1821- Roma 1884), di cui vale la pena rammentare che fu il relatore alla camera per la commissione d’inchiesta sul brigantaggio meridionale e, per un lungo periodo, ha ricoperto l’incarico di segretario di Camillo Benso, conte di Cavour. Seguendo l’iter istituzionale Massari fece al riguardo una partecipata interpellanza che non fu recepita dal Ministro della Pubblica Istruzione; che un deputato tarantino caldeggiasse la sede dell’università a Bari dimostra che era una particolare esigenza avvertita anche a Lecce, Foggia e Brindisi e da tutta la Puglia operosa (Massari ha pubblicato parecchie opere tra cui cito “Il conte di Cavour. Ricordi biografici” del 1872 e “La vita del Generale Alfonso La Marmora” del 1880, la cui copia consultai nella biblioteca del 1° Reggimento Bersaglieri Corazzato di stanza ad Aurelia-Civitavecchia durante il mio periodo di leva nel 1975)

Oggi si direbbe ‘si fece squadra’ e fu il deputato di Monopoli Luigi Indelli che invitò tutti i colleghi ed anche i consiglieri comunali e provinciali a far sentire una voce unica per una richiesta che fosse un programma elettorale di tutte le forze politiche.

Fu il medico romano Guido Baccelli (ha pubblicato notevoli studi sulla patologia del cuore, dell’aorta ed anche sulla malaria) nella sua veste di ministro della Pubblica Istruzione - solo per la statistica è stato più di dieci volte deputato e sette volte Ministro della P. I. (con Depretis, Crispi e Pelloux e una volta ministro dell’Agricoltura con Zanardelli) - che, sotto la spinta anche della stampa, decise di inserire, in un progetto di riforma dell’istruzione superiore, un articolo che proponesse l’apertura di una sede universitaria in una città del versante adriatico meridionale. Vi era anche una postilla che specificava che doveva esserci un concorso di spesa anche da parte del Comune interessato e della Provincia e magari con la partecipazione di qualche ente ben disposto. Il progetto grazie al sostegno degli onorevoli Indelli e Giuseppe Lazzaro, che con interventi mirati e ben programmati convinsero i colleghi ad approvarlo, andò in porto… salvo cadere al Senato. L’onorevole Lazzaro, nato a Napoli nel 1825, vantava una perfetta educazione presso i gesuiti ed era uno stimato giornalista; era stato eletto deputato nel collegio di Conversano e nel 1908 fu nominato senatore nel collegio di Bari l, purtroppo morì nel 1910 e non poté assistere alla realizzazione del sogno per cui si era battuto.

Nel 1892 il ministro della pubblica istruzione Ferdinando Martini - nato a Firenze fu un valente scrittore cui si deve la fondazione del “Fanfulla della Domenica” e del “Giornale dei bambini”; fu prima deputato, poi senatore e, quindi, governatore della colonia Eritrea, esperienza che trasferì in un volume dal titolo “Nell’Affrica italiana” che non ho mai letto, ma spero di colmare la lacuna nei prossimi anni - dovendo portare a compimento un piano che riguardasse una riforma ampia e completa delle università italiane fu investito del problema, ma per l’università targata Bari vi furono solo promesse.

Fu il deputato Giuseppe Laudisi, un bitontino che si era laureato in giurisprudenza a Napoli ed eletto nel collegio Bitonto-Giovinazzo-Terlizzi dal 1895 al 1900, il più insistente nel sostenere il pieno diritto della popolazione pugliese a far presente questa inderogabile necessità al ministro Martini (a Laudisi, che fu anche provveditore agli studi, si deve la costituzione dell’Archivio Storico Pugliese, che ebbe come primo direttore l’ingegnere Luigi Sylos, e la pubblicazione di un libro “ La funzione dello Stato nella società moderna” davvero in anticipo sui tempi dal momento che eravamo nel 1920). Laudisi, avendo studiato a Napoli, aveva molti amici e dovette registrare una certa avversione del tessuto economico cittadino verso questa «catastrofica eventualità che avrebbe minato consolidati interessi economici».


Fortunatamente, al momento opportuno, il pavese senatore Golgi (lo scienziato italiano che nel 1906 ottenne il premio Nobel per la Medicina a pari merito con Santiago Ramòn y Cajal) con la saggezza, il buonsenso e l’equilibrio che hanno sempre contraddistinto le tanti menti nate e sviluppatesi nel nostro magnifico Paese, fece comprendere alla Napoli migliore che l’affluenza eccessiva degli studenti non consentivano ai medesimi di partecipare in maniera proficua alle dimostrazioni in laboratorio.

Tornando a noi in questi anni la Puglia compatta non smise di far sentire la propria voce e l’associazione “Pro Bari” incaricò il professore Saverio La Sorsa di compendiare in una memoria tutte le consuetudini e le usanze migliori della nostra terra e i suoi contatti culturali ed economici con l’intero territorio della penisola balcanica (La Sorsa, nato a Molfetta nel 1877 e morto a Roma nel 1970, è stato uno storico autorevole, allievo del napoletano Pasquale Villari, e un demologo di primo piano, autore di quella meritoria Storia di Puglia in sei volumi che è una miniera di notizie per tanti studiosi. Alcuni lo hanno definito il Pitrè di Puglia - il palermitano Giuseppe Pitrè viene concordemente riconosciuto come il fondatore della scienza folkloristica - ma io credo che il professore Giovanni B. Bronzini abbia ben documentato come possano vivere autonomamente nel proprio humus di riferimento)

Nei primi mesi del 1910, ancora una volta, fu costituita una commissione parlamentare per riordinare e riequilibrare gli studi superiori ed universitari.

Ad aprile del 1912 l’economista e sociologo grumese Sabino Fiorese, appena eletto sindaco di Bari, scrisse un articolo pubblicato sul “Giornale d’Italia” in cui con fermezza esponeva la necessità improcrastinabile che la città avesse l’università tanto agognata. Altri intellettuali, su testate di svariati orientamenti, decisero di scendere in campo con il loro contributo di motivazioni e la commissione, finalmente, propose una possibile sede universitaria per Bari.

Passano gli anni e nel novembre del 1921 il senatore Pietro Chimienti, un brindisino professore di Diritto Costituzionale presso l’Università di Cagliari che aveva studiato a Roma, confeziona una precisa, accorata interpellanza al Ministro della Pubblica Istruzione per chiedere formalmente che l’università di Bari fosse fondata: con la sua firma vi erano quelle di altri venti senatori a sostenerla.

Fu il senatore Golgi, di cui ci siamo occupati in precedenza, ad approvare ed il Ministro Corbino, un fisico che ha il merito di aver riunito il gruppo di scienziati famosi ‘come quelli di via Panisperna’ sotto la guida di Enrico Fermi, ad iniziare un sondaggio in cui decidere e selezionare con quali facoltà partire. Si racconta che la proposta non fu approvata e ci vollero ulteriori anni e l’intervento concreto e lungimirante del Comune di Bari, con il tangibile sostegno di oltre 50 comuni della provincia, che decise di offrire l’intero edificio dell’Ateneo come sede della futura università. Fu il filosofo siciliano Giovanni Gentile da Castelvetrano che, nominato senatore nel 1922 ed entrato a far parte del gabinetto Mussolini nella veste di ministro della Pubblica Istruzione, decise di raccogliere la sfida. Quella nota come “Riforma della scuola Gentile”, con l’avallo e in collaborazione con Croce, fu una vasta riforma del settore dell’insegnamento. Gentile in una visita a Bari nel 1923 si rese conto che i tempi erano maturi e la volontà di tutta la classe politica era fermamente votata alla realizzazione di un sogno che si era trasformato in bisogno. Ci voleva un trapanese con libera docenza a Napoli per formalizzare il tutto e finalmente fu promulgata la legge che autorizzava la nascita dell’Università di Bari con un contributo non elevato dello Stato centrale. Mentre Gentile si dimetteva e aderiva alla richiesta del conte Treccani di assumere la direzione della Grande Enciclopedia Italiana, fu istituita una commissione atta a prospettare al Ministero come fosse possibile far sorgere da subito in poco più di un anno l’intera facoltà di Medicina. Una commissione tecnica formata dai professori Leotta ( il chirurgo fu il quarto rettore dell’Università di Bari dal 1927-29) e Pende pianificò, con dovizia di delucidazioni, il tutto. Centinaia e centinaia di lavoratori - come per il Petruzzelli, inaugurato il 14 febbraio 1903, si parlò di oltre cinquecento - si alternavano a tecnici, il cui compito era quello di dotare i laboratori degli ultimi ritrovati della nascente innovazione. Ci fu anche qualcosa di insolito per un’università meridionale: la costituzione della “Casa dello studente” che partì con venti camere e quasi 150 posti letto. Il 14 gennaio del 1925 il ministro Pietro Fedele - storico e statista nato a Minturno in provincia di Latina - ebbe l’onore e l’onere di rappresentare il Governo per l’inaugurazione dell’Università di Bari che, è proprio il caso di sottolinearlo, andò in scena nella splendida cornice del Teatro Petruzzelli (Fedele, subentrato come Ministro della Pubblica Istruzione a Gentile, diresse la prima edizione del Grande Dizionario Enciclopedico dell’UTET, portato a termine nel 1940).

Alla cerimonia era presente l’onorevole molfettese Sergio Panunzio - laurea a Napoli in giurisprudenza - giurista, politologo, giornalista che all’epoca, forse, era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

Il Senato era rappresentato dall’imprenditore Antonio De Tullio - come ci ricorda Pasquale Sorrenti nel suo “Le strade di Bari” (Levante Bari, 1993) era affettuosamente appellato come ‘La Gaiete’ perché originario di Gaeta per parte di madre - che qualche anno prima, da presidente della Camera di Commercio, aveva disposto un contributo di centomila lire per cooperare alle spese scientifiche della novella Università di Bari.

La Camera fu rappresentata dal professore Raffaele Paolucci che, nato a Roma da genitori di Orsogna, si considerò sempre abruzzese e molto si spese per la sua terra. Come militare ottenne la medaglia d’oro per un’azione eroica portata a termine nel porto di Pola (1918), ma fu anche un politico impegnato e valente chirurgo. Paolucci con Pietro Valdoni, che gli successe all’indomani della repentina scomparsa nel 1958, e Paride Stefanini vengono considerati i pionieri della scuola chirurgica romana.

Il professore Nicola Pende, primo Magnifico Rettore, indirizzò a tutti i cittadini un messaggio pieno di enfasi, ma assolutamente veritiero per la tenacia che il ‘Popolo di Puglia’ aveva messo nella riuscita del progetto e per le attestazioni di stima che vennero da università italiane e straniere.

«Vivat, crescat, floreat, per il buon nome di Puglia, per la grandezza d’Italia nel mondo» queste le parole conclusive del messaggio.

Non sono in grado di attribuire ad una persona in particolare l’idea di far affrescare l’Aula Magna della nostra università all’artista Mario Prayer, ma sono in grado di definirne ottimo il risultato (Mario era figlio di Roberto Prayer Galletti, fotografo d’arte in Venezia, che aveva sposato Giovanna Boccaccini, sorella dello scultore Giovanni, discendente dalle nobili e antiche famiglie Da Mosto e Pasqualigo). Tralascio di descrivervi della probabile tecnica usata, chiamata ‘encausto’, perché mi hanno spiegato che vi sono molte ‘varianti’ di difficile individuazione. Una cosa posso dire con certezza: quei trecento metri quadrati affrescati, forse con l’aiuto del fratello Guido, in meno di metà anno lavorativo, meritano di essere visionati da tutti i nostri nipoti. Appena il mio unico nipotino di sei anni Mario, che vive a Roma, avrà il via libera dal covid…lo condurrò a visitare questo capolavoro e, se vorrà, proverà ad immergersi nella lettura di questa modesta ricostruzione messa insieme dal nonno: non più fatto storico pugliese, ma ‘storia italiana’.

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