A Bari il 25 maggio 1922 nasceva Oronzo Valentini: il Direttore


LIVALCA
- Viviamo anni in cui è difficile fare previsioni - non mi riferisco a quelle di natura politica che facevano affermare a Roberto Gervaso: «In politica le previsioni a breve scadenza devono sempre avverarsi; quelle a lunga non necessariamente» - e, pur essendo stato allevato da Mario Cavalli al ‘vedere è facile, difficile prevedere’, mai mi sarei aspettato che Nicola Mascellaro, a pochi mesi dal volume «Sabino Fiorese un sindaco con i baffi», ‘sfornasse’ un altro testo dedicato a Oronzo Valentini, il giornalista che ha diretto “La Gazzetta del Mezzogiorno” (1962-1979) per diciassette anni, giornale cui era entrato ufficialmente ad appena 18 anni, e la cui figura è da sempre legata ad una naturale eleganza perfezionata dai ‘famosi’ baffi sempre in ordine… tanto è vero che risulta essere ispirata a lui la frase di un Anonimo che recita «L’uomo senza baffi non è ben vestito».

Mascellaro ha pubblicato ad aprile di quest’anno un volume dal titolo «IL DIRETTORE Oronzo Valentini» (DI MARSICO LIBRI, 2022, pp. 400, e 22,00) con una prefazione lucida, misurata, quasi spartana del prolifico giornalista scrittore Gianni Spinelli (… si proprio l’autore, nel 2018, di quel volume «Andiamo al Cremlino. Una storia di fantacalcio», il quale mai avrebbe potuto supporre - prevedere? - quanto fosse attuale anche in questo 2022 il suo disperato sogno) che voglio ricordare non solo per il libro «ZEMANPERSEMPRE», ma per lo splendido racconto dal titolo «Il genio dannato» dedicato al grande e sfortunato portiere Giuseppe, Bepi per tutti, Moro che nel 1948-49 difese la porta del Bari parando cinque rigori.

Spinelli termina il suo intervento dedicato a Valentini con una risposta data su quale fosse la cosa più difficile per un giornalista: «La cosa più difficile per un giornalista è quella di non poter scrivere» (chiaramente Valentini alludeva al fatto che sul suo giornale dall’età di 56 anni, cioè da quando fu costretto ad abbandonarlo, non scrisse più niente).

Oronzo Valentini nasceva a Bari il 25 maggio 1922 primogenito dei dieci figli di Giovanni, tecnico del laboratorio di chimica dell’Istituto Giulio Cesare, e da subito si rivelò scrupoloso e meticoloso negli studi. Mascellaro precisa che la prima volta che apparve nome e cognome per esteso, sul quotidiano di cui diventerà direttore, - in precedenza bastavano le lettere iniziali - fu il 31 dicembre del 1941 per una recensione di un volume del prof. Alberto Mori, lo stesso professore con cui 10 mesi dopo Valentini si laureava in lettere ad Urbino all’età di vent’anni e cinque mesi. Ho conosciuto personalmente il direttore un’estate successiva al 1966 - in quel tragico ’66 avevo ventilato, su un settimanale diretto da Aurelio Papandrea, che avremmo potuto perdere anche con la Corea se avessimo giocato come contro l’Unione Sovietica… la cosa avvenne realmente e mi diede popolarità ‘negativa’ - perché mi ero recato, nella sede storica di piazza Moro poi incautamente demolita, per ritirare una foto da Mario Gismondi che serviva per la realizzazione del suo “TuttoPuglia” e, posso sbagliare, fu Antonio Rossano a presentarmi: ricordo che il direttore mi regalò un sorriso smagliante e «…lei ha la stessa età e nome del mio primogenito». Puntualizzo che ho conosciuto il figlio Giovanni in occasione del premio “Giornalista di Puglia Michele Campione”, ritengo l’edizione del 2008 che lo vide vincitore, e fu Ada Campione a fare da tramite con colui che, non ancora trentenne è stato il più giovane giornalista-direttore di settimanali d’Italia (L’Europeo), alla presenza di Antonio ed Angelo Rossano, Peppino Accettura, un Michele Emiliano a fine primo mandato come sindaco e molti altri. In quell’occasione il direttore Giovanni, al cospetto di una sala Murat gremitissima anche di giovani leve del giornalismo, pronunciò un genuino intervento, con garbo e fermezza, e qualcuno ‘anta anta’ osservò ‘sembra di ascoltare il padre’ (genitore che lascerà questo mondo cinque mesi dopo, senz’altro contento del riconoscimento al figlio nella sua Bari). Io, che per prassi consolidata sono abituato a sondare l’umore del pubblico, dovetti registrare che il premio attribuito a colui che ha partecipato alla fondazione del quotidiano “ la Repubblica” era considerato non solo meritato ma doveroso (…perfino il decano Venanzio Traversa, non sempre allineato, mi gratificò di un ‘ineccepibile’).

Vi dicevo del sorriso brillante che mi regalò Oronzo Valentini e che fu oggetto di ‘tenera’ ironia da parte dei tanti direttori di settimanali locali che allora frequentavano la nostra azienda e che mi valse, da parte di uno di solito equilibrato, un «… ti hanno presentato un altro». In sostanza se avrete la costanza, amici lettori, di acquistare il libro scoprirete che Spinelli precisa che la fama di cui godeva Valentini era «…campata in aria, come quella dei bambini che temono il lupo cattivo».

La seconda volta che ho incrociato direttamente il direttore Valentini è stato verso la metà degli anni ’70 nella nuova sede di via Scipione l’Africano e, onestamente, penso di aver pregato Antonio Rossano di favorire l’incontro perché volevo riferire che il mio tesserino dell’Ordine era firmato da lui come presidente. Non penso fosse una giornata propizia perché vi era una normale discussione con un giornalista che si occupava di sport con toni leggermente sopra le righe. Quel giorno non mi gratificò del sorriso, ma fui affidato all’indimenticabile e magnanimo affetto di Andrea Castellaneta e Sabino Quintavalle affinchè mi facessero visitare la nuova sede e la tipografia - in verità avevo già avuto questo privilegio più volte in precedenza - e fu una cosa di cui ancora oggi ho un ricordo bellissimo perché rividi tanti giornalisti ed operatori del settore che erano passati dalla nostra azienda. Fu in quell’occasione che Rossano mi disse che il figlio Giovanni, colui che ha un solo anno più del sottoscritto, era già professionista da molto tempo. Penso che ad un qualsiasi genitore faccia piacere - ovunque si trovi attualmente in Terra o Cielo - che la propria prole venga apostrofata non con “è il figlio di…”, ma “ il padre è…”, a maggior ragione nel caso in cui i figli hanno esercitato la professione paterna. Giovanni Valentini vanta un curriculum prestigioso che comprende anche cinque anni passati a fare il vice-direttore del giornale di Eugenio Scalfari, dopo essere stato dal 1984 al 1991 a dirigere l’Espresso… poi era circolata la voce ultimamente che potesse tornare a dirigere il giornale in cui aveva iniziato a Bari e di cui il genitore detiene il record di più lunga direzione. Ma le voci proprio perché tali, non avendo come base qualcosa di scritto, sono destinate a perdersi per strada… per cui noi diciamo ‘ho perso la voce’.

Antonello Valentini, l’altro figlio famosissimo del direttore Oronzo, penso sia stato nel 1987 il giornalista più invidiato d’Italia: Antonio Matarrese lo nominò capo ufficio stampa della nazionale italiana di calcio. I pretendenti erano tantissimi, per giunta a tre anni da Italia ’90, e senz’altro vinse giustamente la ‘baresità’ migliore.

Una gagliarda battuta, frutto della bravura del giornalista nel gioco del tennis fu “ …è passato dalle… volèe al pallone”. Penso che vivere dall’interno mezza dozzina di mondiali di calcio, tre olimpiadi, non so quanti europei ed aver pranzato con allenatori come Sacchi, Vicini, Lippi, Zoff, Donadoni, Trapattoni, Cesare Maldini, Prandelli, Conte, senza dimenticare la conoscenza diretta dei migliori calciatori italiani, sia una gratificazione impagabile. Dai tempi di Ottone direttore del Corriere della Sera a metà degli anni ’70, per proseguire poi in RAI con Campione dove ritrovò Rossano e Pirro e quindi a direttore generale della FIGC questo figlio «della Gazzetta e della vespa rossa» ha fatto il giro del mondo più piacevole ed interessante che si possa immaginare. Tutto liscio? Qualche piccola ‘rogna’ è fisiologica.

Il 9 maggio del 1978 «La Gazzetta del Mezzogiorno» esce in edizione straordinaria annunciando che le Brigate Rosse avevano giustiziato il nostro Aldo Moro e il direttore Oronzo Valentini scrive «…un’angoscia senza limiti ha fatto irruzione nelle nostre case, Moro non era un uomo da salvare. Forse non è stato mai salvabile, perché già dalla prima ora della sua prigionia era inesorabilmente condannato…».

Mascellaro annota, nel suo libro dedicato al direttore Valentini, come il giorno dopo il ritrovamento del corpo di Moro il ministro degli Interni Cossiga si dimetteva.

In Puglia il sindaco di Bari, il moroteo Lamaddalena, lasciò spazio agli ‘amici di Lattanzio’ e venne eletto Luigi Farace.

Sandro Pertini con 832 voti a favore, sui 995 votanti, diventò il settimo Presidente della Repubblica… alla sedicesima votazione: il calendario segna 8 luglio 1978.

Il 6 agosto dello stesso anno Papa Paolo VI, il Pontefice che si era rivolto direttamente ai brigatisti per un atto di clemenza, moriva ed il 26 agosto gli succedeva il cardinale Albino Luciani con il nome di Giovanni Paolo.

Dopo appena trentatre giorni cedeva, per troppo stress annotava il prof. Nicola Simonetti, il cuore del vescovo di Roma ed il 16 ottobre veniva eletto per la prima volta un Papa straniero: Giovanni Paolo II, il cardinale Karol Wojtyla.

Sempre in quel fatidico 1978 i maggiori azionisti della Gazzetta risultavano essere Satefano Romanazzi e Giuseppe Gorgjux attraverso la Edisud Spa ed il passaggio di mano con il Banco di Napoli diventava effettivo. La ricostruzione di Mascellaro è fedele per le notizie in suo possesso, io, per logora esperienza di vita, dico che vivere la vita reale è una cosa, leggere poi le carte che ricostruiscono questi avvenimenti non sempre fa chiarezza. Ho frequentato telefonicamente Antonio Rossano negli ultimi suoi venti anni di vita quasi ogni mattina all’alba per svariati commenti su tutto.

Il 14 agosto del 2008, mentre era nel suo buon ritiro estivo di Santa Caterina in Nardò, gli comunicai che era stato pubblicato sulla Gazzetta il suo scritto per la scomparsa del direttore Valentini: lo sentii particolarmente commosso, nessuna frase di circostanza, e mi disse parola più, parola meno «E’ andato via senz’altro amareggiato per la vicenda personale della Gazzetta, ma super orgoglioso di quello che hanno realizzato i suoi figli, come lo sono io dei miei» (…inutile negare che mi sono augurato che mio padre, nel momento del viaggio senza ritorno, pensasse la stessa cosa dei suoi figli).

Visto che siamo in tema di confidenze vi devo dire che avevo già mandato una recensione del libro di Mascellaro al direttore Ferri, lui, appena possibile, di solito poi la pubblica. E’ successo che era in vacanza ‘di lavoro’ in quei giorni, per cui la mia mail non si è più… ‘trovata’. Voi dite ma tu avevi la tua di invio, vero ma io dopo pochi giorni cestino tutto perché il mio pc è già pieno di suo. Quando Mascellaro mi ha girato l’invito della presentazione del libro, mi sono ricordato che non era stato pubblicato ancora nulla. Alla mia richiesta Ferri mi ha detto “rimandalo nessun problema”. Quindi oggi, 25 maggio, alle prime luci dell’alba sto (ri)scrivendo un nuovo articolo: nell’eventualità ‘sbuchi’ l’originale lo farò pubblicare comunque… perché in comune hanno solo la ‘paternità’. Pensate leggendo il nome di Mario Spagnoletti , che presenterà oggi pomeriggio alle 18,30 nella sede dell’ordine dei giornalisti di Puglia, il libro non ho potuto fare a meno di pensare come la vita fosse un magico incastro di piccole cose. Sul finire degli anni ’70 il padre di Mario, il professore Mauro, era una presenza costante in azienda, spesso in compagnia di Tommaso Pedío, ed una volta rivolgendosi ad Oronzo Marangelli - anche lui protagonista del giornalismo pugliese e fondatore di due testate “La voce pugliese” e “La voce del Mezzogiorno” - gli fece notare che l’affettuoso ed ironico intercalare con cui ‘premiava’ i suoi collaboratori “sai leggere, ma resti analfabeta” aveva un illustre riferimento nel premio Nobel del 1975 Eugenio Montale: «Il rapporto tra l’alfabetismo e l’analfabetismo è persistente, ma al giorno d’oggi gli analfabeti sanno leggere». Sono contento che sia Mario Spagnoletti, il mitico Mario fra i ‘flacchisti’ dei primi anni ’60, a pronunciarsi sul libro di Mascellaro, lui che pubblicò con noi nel 1987 il volume «DEMOCRAZIA E SOCIALISMO NEL MEZZOGIORNO: IL “CASO PUGLIESE” (1870-1900)», testo che è una fonte di notizie inesauribili ed in linea con la fondazione di quel periodico napoletano «Libertà e giustizia» che apparve per sedici numeri complessivi.

Oronzo Valentini, per coro unanime, ha insegnato il mestiere a tanti - a partire dai figli - con le armi degli umili che sanno di essere un esempio: rigoroso ed accurato su tutto, a partire dall’aspetto fisico, intransigente non per scelta personale, ma per amore viscerale verso un mestiere scelto solo per AMORE (ricordo gli affanni e le ansie di quelli che gli sottoponevano pezzi da pubblicare e temevano quel suo ‘va rivisto’).

Rossano affermava: «Valentini ci ha ricordato che fare informazione è una cosa seria. Niente titoli gridati, nessuna ansia di scoop, ma preparazione accurata, attenzione anche ai particolari apparentemente trascurabili e lavoro, lavoro, lavoro».

Non tutti saranno in sintonia con quello che mi accingo ad affermare, ma, per il niente che possa contare la mia testimonianza, peraltro constatata di persona in qualche incontro avuto con esponenti politici e culturali della nostra regione, mi sento di confermare quanto scritto da Giuseppe Giacovazzo per la morte di Valentini: «Non a tutti è data la fortuna di avere un maestro nella professione. Tanto più raro nel giornalismo, per quel tendenziale individualismo che non facilita il dialogo e la fiducia reciproca. Arrivando praticante alla Gazzetta trovai lui, Oronzo Valentini, e subito mi prese per mano. M’insegnò le basi del mestiere a cominciare dall’impaginazione… ricordo l’affiatamento che c’era tra noi quando insieme seguivamo i congressi dei più importanti partiti politici…. Dopo diciassette anni della sua direzione venni chiamato a succedergli, purtroppo non potemmo gioirne insieme perché mancò, a quella transizione, la buona grazia e lo stile editoriale. Ma sono ugualmente convinto che in cuor suo, generoso com’era, egli abbia accettato volentieri di vedere al suo posto un allievo a lui sempre devoto. Che oggi s’inchina riconoscente al Maestro. Grazie, mio Direttore. Grazie dal profondo di tutta una vita».

Penso che Giovanni, Antonello e la signora Cecilia possano trovare nel ‘generoso’ Maestro quella sincerità che Giacovazzo, solo di tre anni più giovane di Valentini, riservava - tolta la famiglia che è sacra per tutti noi - ai tre amori della sua vita: la Democrazia Cristiana, la Juventus e la RAI. Sono convinto che il mite Aldo Moro abbia rivelato loro come, da quelle parti, con l’arrivo, nello stesso 2012, prima di Giacovazzo e poi della scienziata Rita Levi Montalcini stiano riflettendo proprio su una esternazione della senatrice a vita: «Da giovane sono andata in Africa per curare la lebbra, da anziana ci sono tornata ma per curare l’analfabetismo, che è molto più grave».

Oronzo Valentini, insieme a tutti coloro che hanno amato, amano e continueranno ad amare la carta stampata, sia sotto forma di libri che giornali, non sono interessati alla disputa su chi abbia inventato la carta: sembrava fosse stata accettata da tutti l’attribuzione ad un cinese Ts’ai Lun nel 105, quando di recente uno scienziato indiano di nome Gosvani ha provato ad attribuirla al suo popolo.

Un detto arabo esprime un concetto che ritengo possiamo condividere in toto Amici assenti e presenti e che riassumo: un libro o un quotidiano è un giardino perenne che puoi portare sempre con te, utilizzando una tasca qualsiasi (per cortesia non ditemi che è la stessa cosa per quei ‘mostri’ tascabili che si chiamano pc, cell. tablet).

…per questo ci siamo dati i 10 Comandamenti ed una Costituzione.

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