Riflessioni in libertà sul rapporto Maestro-Allievo in una società che cambia

SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI - "Dimmi e io dimentico. Mostrami e io ricordo. Coinvolgimi e io imparo". (Benjamin Franklin)

Con grande gioia ho partecipato alla cena conviviale organizzata dal Prof. Carlo Bettocchi, Urologo, che io amo chiamare semplicemente Carlo, uno degli allievi del prof. Francesco Paolo Selvaggi, pioniere dei Trapianti di rene nell’Italia Meridionale (1977), di Andrologia avendo per primo presso il Policlinico di Bari eseguito adeguamenti di sesso (1996), chirurgia oncologica complessa e così via oltre che oggi essere Professore emerito di Urologia dell’Università di Bari, premiato con numerosi attestati, riconoscimenti e medaglie d’oro. E con meraviglia ho visto tantissimi Uro-andrologi provenienti da tutta Europa notando dunque la tessitura e scientifica e relazionale di Carlo Bettocchi che si occupa di Andrologia e che ha portato a Bari il Congresso della Società Europea di Medicina Sessuale con numerose novità compresi gli stili di vita. Carlo Bettocchi è stato il presidente della Società e ma ciò che mi ha molto veramente emozionato è stato vedere la presenza di numerosi allievi, ma non tutti purtroppo, di Francesco Paolo Selvaggi . Ho osservato con grande piacere che durante l’inaugurazione è stata unita alla Scienza medica (che definisco conoscenza) anche la cultura musicale come per esempio la rappresentazione della Pizzica che naturalmente è salentina ma che ha origine probabilmente in Grecia traendo ispirazione dai riti dionisiaci: d’altra parte Ernesto de Martino, il grande antropologo e storico delle religioni ne parla diffusamente , Il che significa , che al di là delle assordanti percussioni delle discoteche funzionali ad eccitare in modo smisurato i sensi, esiste una ricerca di quelle radici umanistiche che sono vive nella Scienza medica. E incontrando altri allievi di Francesco Paolo Selvaggi come il Prof. Giuseppe Carrieri, ordinario di Urologia a Foggia e attuale Presidente della S.I.U che sta organizzando il Convegno nazionale della stessa Società a Bari nel prossimo autunno, mi è venuto in mente il Prof. Pasquale Martino, full member della sezione imaging della Società Europea di Urologia insieme al Dr. Vito Ricapito, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Urologia Presso l’Azienda Sanitaria Locale della provincia di Bari che di recente ha organizzato il Congresso sulla “Incontinenza urinaria e dintorni“. A breve a Foggia il 20 aprile p.v. avrà luogo il Congresso della S.A.L.U organizzato dal Dr. Filippo Portoghese durante il quale si discuterà di Andrologia che incontra l’Urologia dalla quale evidentemente deriva.

E così, durante la cena, al di là degli incontri con maestri londinesi come il carissimo Ralph David, ho sentito nel cuore molte emozioni e tanti ricordi sono affiorati nella mente come quelli riguardanti i tanti seminari sul “Rapporto Medico-Paziente“ (Gruppi Balint) presso la Cattedra di Urologia da me condotti con il noto psicoanalista Andreas Giannakoulas. Gruppi di formazione che evidentemente sono alla base dell’essere medico prima che rivestire incarichi vari. Il sapere prima del potere, inteso quest’ultimo da me come servizio verso gli altri, verso la polis, la scienza… Centrale infatti è sempre il Paziente con la sua sofferenza e con la richiesta di essere amorevolmente curato e possibilmente guarito senza manipolazione alcuna. Il paziente che vuole su di sé lo sguardo e la mano del medico.

E nel mio girovagare con la mente tra le memorie ho improvvisamente ricordato e ritrovato nella posta un articolo di Andreas Giannakoulas scaturito dopo nostre riflessioni, presentato a Milano e dedicato a Mario Bertolini. E così leggo nell’exergo “Allora uno chiese Maestro: Parlaci dell’Insegnamento. Ed egli disse: Nessuno può rivelarvi se non quello che già cova semi addormentato nell’albore della vostra conoscenza. Il maestro che passeggia all’ombra del tempio, tra i seguaci, non elargisce la sua saggezza, ma piuttosto il suo amore e la sua fede. Se egli è saggio veramente, non vi offrirà di entrare nella casa della propria sapienza; vi condurrà fino alla soglia della vostra mente. L’astronomo può parlarvi di come intende lo spazio, ma non può darvi il proprio intendimento. Il musicista può cantarvi il ritmo che è dovunque nel mondo, ma non può darvi l’orecchio che ferma il ritmo, né la voce che gli fa eco. E chi è versato nella scienza dei numeri può descrivervi le regioni dei pesi e delle misure, ma non può condurvi laggiù. Perché la visione d’un uomo non può prestare le sue ali a un altro uomo. E come ciascuno di voi sta da solo nella sapienza di Dio, così ciascuno di voi deve essere solo nel suo conoscere Dio, e nel comprendere la terra” (Khalil Gibran).

E Andreas nel testo comincia con affermare: “Le mie teorie, le mie idee che hai dimenticato son cose che han servito al loro scopo: ora basta” (T. S. Eliot, Quattro quartetti) “Chi mi tradisce?” (Ultima Cena) Freud scrisse i molti interessi della psicoanalisi nel periodo in cui stava definendo i suoi assunti sul transfert utili anche all’apprendimento. Questo lavoro (1913) contiene un riferimento preciso al transfert con punti di vista, ipotesi e conoscenze che rendono la psicoanalisi in grado di gettare luce sulle origini delle maggiori istituzioni culturali dell’epoca. E allora, quasi come in dialogo immaginario con Andreas, ho sentito di leggere e rileggere il testo antico il Giuramento di Ippocrate "Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto: di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno….)". Il che vuol dire che la relazione tra maestro e allievo è una relazione speciale che include l’amicizia, il senso dell’amore come lo intende Platone nel Simposio, un rapporto che in modo transferale evoca quello genitoriale.

In tempi lontani da “intelligenze artificiali” o “robotiche” il maestro era ”assimilato al padre, e l’allievo, più ancora di un figlio, era creatura, creazione, del maestro”. La struttura della relazione fra maestro e allievo è la medesima struttura, secondo Platone, che esiste tra un farmaco e la natura di un corpo (Cfr. Plat. Prot. 311b-312 a. George Steiner, nel 2003, sottolinea che trattasi una relazione assai complessa in cui il maestro a volte riceve ingratitudine, rancore e odio proprio come accade nella relazione madre- bambino, secondo M.Klein. In Lidia Palumbo (Didaskalos. Sulla relazione tra allievi e maestri nell’antichità) si legge: “Essere discepoli – così come essere amanti – è in un certo senso un’arte, un’arte che implica la capacità di cambiare, di trasformarsi: è un andare fuori del proprio sé precedente, precedente all’incontro paideutico (omissis), per acquisire un proprio sé trasfigurato dalla relazione duale, è un divenire sé stesso attraverso l’altro”. E non a caso viene riportata una affermazione che personalmente e per esperienza trovo straordinaria: «L’educazione non può che essere amore, e amore rischioso, perché si tratta di consegnare tutto quello che siamo, tutto quello che abbiamo nelle mani, libere fino al rifiuto, di un altro: può educare solo chi sa cosa significa amare» (P.P. Pasolini, Romàns, Guanda, Parma, 1994, pp. 40-41). Il vero maestro, proprio perché tale spesso rimane solo, e lo si riconosce nella sua pienezza dopo tempo … E se è vero come è vero che sul maestro si proiettano le relazioni genitoriali, non deve stupire che il padre e il maestro risultino evaporati per la struttura sociale che cambia con tutti i risvolti e le ricadute alle quali inermi assistiamo data anche la permanenza delle madri fuori casa per i più vari motivi, compresa anche i nuovi orizzonti ambito medico-chirurgico. Ma certo come leggo in M. Recalcati (Cosa resta del padre, Raffaello Cortina editore, 2021) esiste “un padre che sa incarnare, nella sua propria esistenza singolare, la passione del desiderio e proprio ( e solo), perché la sa incarnare può anche trasmetterla“. Un padre, un maestro che sanno bene che un ‘esistenza di desiderio non ha limiti poiché la conoscenza nel suo stesso statuto epistemologico lo richiede. Sembra superfluo ricordare Dante quando fa dire ad Ulisse al verso 119 del canto XXVI dell’Inferno “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Dante ammonisce, come d’altra parte nel nostro tempo G.Steiner, ad evitare l’imbarbarimento etico, morale, relazionale dell’essere umano fatto per seguire virtude (amore) e canoscenza (il nascere insieme all’altro nella conoscenza).

Non possiamo certo non osservare che il rapporto padre – figlio, maestro – allievo, pur nella insuperabile bellezza, è ben lungi dall’essere trasparente e cristallino: l’ambivalenza lo accompagna in virtù di elementi transferali, proiezioni. Entrambi non possono sottrarsi alle proprie esperienze di vita, alla propria infanzia, alle proprie emozioni. In Tiziana Liguori sul Web leggiamo che “il “maestro” non è un semplice insegnante che trasmette competenze tecniche, ma è anche e soprattutto un individuo dotato di esperienza e consapevolezza dei propri vissuti, ovvero un “maestro di vita”". Pertanto: “chi è un maestro? Il maestro è solo chi insegna un’arte, una scienza, una dottrina, chi eccelle per scienza o per abilità in qualcosa tanto da poterla insegnare ad altri o da essere preso a modello, ma è anche chi, come indicato letteralmente dal termine Sensei, è “nato prima” cioè colui che si è incamminato prima degli altri“.

Nel testo di Andreas Giannakoulas leggo e mi rassicuro su quanto in me emerso: “Freud si guarda indietro, ai suoi stessi giorni di scuola alla luce delle sue scoperte psicanalitiche. Attribuisce una parte centrale all’insegnante, in quanto colui che può aprire o chiudere la strada per la conoscenza e per il piacere per essa. Il ruolo del “transference” cui si riferisce Freud nel suo articolo sulla psicologia dello scolaro gioca un ruolo importante nella relazione tra allievo e maestro. (omissis) Winnicott ( 1965), scrive Giannakoulas, enfatizzava che nel corso naturale degli eventi, la continuità della linea di vita porta alla graduale formazione del Sé, e «che il Sé centrale è il potenziale innato che sperimenta la continuità dell’essere e acquisisce a suo modo e con un suo ritmo una realtà psichica personale e un personale schema corporeo». Egli attribuisce a un ambiente facilitante e ai processi maturativi che operano fin dal concepimento, la capacità dell’individuo di diventare quello che è. Si potrebbe dire che la base di tutte le teorie circa lo sviluppo della personalità umana è la continuità della linea della vita che, verosimilmente, comincia prima della vera e propria nascita.“

Una continuità che Cesare aveva riposto in Bruto ma la tradizione ci consegna quell’inquietante “Tu quoque, Brute, fili mi”. E ancora leggo con grande commozione: «Si è ritenuto – continua George Steiner – che l’insegnamento autentico fosse una imitatio di un atto d’apertura trascendente, o più precisamente divino, di quell’interno dispiegarsi e ripiegarsi di verità che Heidegger attribuisce all’Essere [aletheia, quando la verità coincideva con la parola del maestro]» come, per esempio, il reale che crea una verità metaforica nell’istituzione dell’Eucarestia: «Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti. In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui berrò nuovo nel regno di Dio”. Istituzione dell’Eucarestia (MT 26, 26-29; Lc 22, 14-20).

E Giuda, con un bacio, tradì il suo Maestro consegnandolo alla gloria (Cfr. G. Berto, La gloria, Neri Pozza). Per il senso di colpa Giuda si impiccò. Ecco, ci si nutre del Maestro, di chi è venuto prima: il che non vuol dire fagocitare, in qualche modo relegare nell’oblio per quell’infantile sentimento di invidia teorizzato da M. Klein, bensì elaborare scoperte nella continuità di una Scuola, come quella dell’Urologia in Puglia, che oggi contempla varie branche specialistiche all’avanguardia, con la massima attenzione di quegli insegnamenti che il Maestro continua ancor oggi ad erogare in ambito clinico-chirurgico per andare avanti: ragione per cui inutili e dannosi sono i metaforici parricidi accompagnati talora da altrettanto dannose contese fratricide a memoria di Caino e Abele (Cfr. S. Freud), oppure di Isacco e Ismaele per il diritto della primogenitura di cui notiamo gli effetti devastanti nella nostra contemporaneità. Meraviglioso per scienza e coscienza è, invece, seguire una linea di continuità pregna di sviluppi e approfondimenti, ben consapevoli che senza il rispetto della radice l’albero è destinato a non esistere divelto da venti che certo per i titoli conquistati non hanno e non avranno alcun riguardo.