Il turismo dopo la pandemia, un altro anniversario

FEDERICO AVERSA - Dall’inizio della pandemia ad oggi sono passati quattro anni, il 75% dei paesi del mondo per buona parte di quel periodo limitava i movimenti in entrata e in uscita, sia dall’estero sia all’interno del territorio stesso. Le limitazioni sono andate poi scemando fino a totale scomparsa lasciando però degli strascichi non indifferenti, per le conseguenze economiche e sociali.

In questi quattro anni abbiamo pianto connazionali, abbiamo rivisto la nostra vita sociale, scoperto opportunità in campo sanitario, ci siamo dovuti scontrare con le teorie negazioniste in nome della democrazia e della libertà di pensiero che ha messo sullo stesso piano lo scienziato e il deejay nell’esprimere opinioni sul tema. Abbiamo poi dovuto ricostruire, e stiamo ancora ricostruendo, un intero sistema economico. C’è chi ricorda quel periodo con terrore e chi, senza ammetterlo chiaramente, con nostalgia; nostalgia di un periodo di riposo e di stacco dallo stress fisico e mentale generato dall vita frenetica che conduciamo. Abbiamo (forse) imparato molto in questi anni, sicuramente scoperto nuovi stili di vita.

E anche il turismo ha subìto delle trasformazioni radicali. La pandemia ci ha imposto viaggi in luoghi a noi vicini, ha sviluppato il cosiddetto turismo domestico. Il turismo di casa nostra ha aiutato a sopperire alle perdite internazionali ma non le ha colmate del tutto.

In questo bilanciamento si stima una perdita di entrate dirette di circa 20 miliardi di euro. Una cifra che supera i 140 miliardi se consideriamo l’intero indotto nel periodo critico (2020-2022). Siamo in ripresa, senza dubbio. Nel 2023 le notti trascorse in Italia, in strutture ricettive, hanno superato quelle del 2022, ma non sono ancora arrivate al periodo pre-pandemico (ammesso e non concesso che gli enormi flussi turistici abbiano un impatto sempre positivo senza possibilità di una replica ad esempio fondata sui temi legati alla sostenibilità e alla qualità dell’offerta turistica stessa).

E la Puglia, come si distingue tra i numeri nazionali? Tutto il territorio regionale ha risposto alla crisi pandemica con tenacia sin dai primi momenti. Parlano i dati. Già nel 2021 la Puglia era la prima regione del Sud Italia per numero di arrivi, e, seppur questi fossero inferiori rispetto al 2019, scalava ben 3 posizioni nella classifica degli arrivi di tutte le regioni italiane. In questi anni la percentuale di stranieri è aumentata sensibilmente, si pensi al +4% in un solo anno, tra il 2023 e il 2022, andando a occupare nuovamente anche le stagioni meno calde dell’anno (fonte Ufficio Osservatorio di Pugliapromozione).

Anche quest’anno, la sfida è quella di alzare, al pari dei numeri, la qualità del servizio offerto. Mentre è in perenne crescita il sentiment dei turisti per le attrazioni, non sempre questo accade nella ricettività e nella ristorazione (fonte: rilevazioni sulle recensioni online di Data Appeal Company). Formazione continua per migliorare la vita dei turisti e contribure al loro ritorno resta la via maestra per lasciare alle spalle il triste anniversario che ogni marzo celebriamo.

Daniele Martini

Sono un giornalista pubblicista, docente di comunicazione e sostegno. Sono un operatore della comunicazione.

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