Quando la Basilica di San Nicola gestiva la fiera dello zafferano

VITTORIO POLITO - Zafferano è il nome delle specie di piante erbacee bulbose perenni, appartenenti al genere Crocus della famiglia iridacee, in particolare di Crocus sativus, con foglie lunghe e strette e fiori violacei. Di provenienza asiatica, oggi usata in cucina e in farmacia, di odore forte e aromatico, sapore leggermente amaro e piccante, che dà una colorazione gialla, intensa e vivace alla sostanza o al liquido in cui viene disciolta. Lo zafferano si ricorda soprattutto per il risotto, detto anche “alla milanese”. Tra le proprietà meno conosciute dello zafferano vi è quella di favorire l’aumento dei livelli di serotonina, importante neurotrasmettitore che contribuisce alla sensazione di “felicità”. Infatti è anche conosciuta come “ormone del buonumore”.

La medicina ayurvedica chiamava lo zafferano la “spezia del sole” a causa del suo colore caldo e dell’effetto positivo che aveva su mente e corpo. La chiave del potere dello zafferano risiede probabilmente nella sua complessa miscela naturale. Quando i livelli di serotonina e dopamina scendono, allora prevale ansia, tristezza e mancanza di motivazione. Lo zafferano stimola la produzione di questi neurotrasmettitori nel nostro organismo, trasformandosi così in un vero e proprio “potenziatore” dell’umore. Ma questa è un’altra storia.

Nel Medioevo lo zafferano, scrive Vito Ricci, noto storico e ricercatore barese, in una sua nota pubblicata su “Nicolaus” (Rivista storico-teologica della Basilica di San Nicola), rappresentava in Puglia la spezia più preziosa. La Puglia, nel Tardo Medioevo, era il secondo centro di produzione del Regno di Napoli, dopo quello de L’Aquila che era il principale, anche se il prodotto pugliese era qualitativamente e quantitativamente inferiore rispetto a quello abruzzese o toscano. 

In Puglia, scrive sempre Ricci, venivano ad approvvigionarsi mercanti tedeschi, talvolta direttamente dai produttori, spesso in occasione di fiere che si tenevano in Puglia tra novembre e gennaio. In questa ricerca Ricci consultando materiale d’archivio inedito, esamina il ruolo svolto dalle fiere gestite dalla chiesa di San Nicola di Bari tra Cinquecento e Seicento, che si tenevano nei pressi della Basilica in occasione della sua celebrazione liturgica del 6 dicembre.

In occasione della festa di Ognissanti si teneva fuori Bari, per un sol giorno, molto probabilmente si trattava della fiera presso l’abbazia benedettina di Ognissanti di Cuti di Valenzano.

Tra le curiosità l’autore ricorda che era sospesa, nel periodo fieristico, la giurisdizione ordinaria, al fine di evitare le lunghe procedure e le formalità che caratterizzavano le controversie.

La documentazione d’archivio inedita consultata, più consistente per la prima fiera, più rara per la seconda, ha confermato la presenza del commercio dello zafferano, sebbene le notizie rinvenute non siano state molto abbondanti, ma hanno comunque permesso di ricostruire un quadro con l’individuazione di alcuni ‘zafferanari’ provenienti dalla Conca barese, degli affitti pagati per le postazioni di vendita e dei tributi pagati. Il risultato importante della ricerca mostra come lo zafferano ricoprisse un ruolo d’interesse in ambedue le fiere, come testimoniato dalla presenza di un mastromercato deputato alla spezia durante la fiera di dicembre e dalla menzione particolareggiata, che non si riscontra per altre mercanzie, nei bandi della fiera di Ognissanti.

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