Protesta all’IPM di Bari: un grido di dolore ignorato. L’appello di Antigone per un sistema minorile rieducativo


BARI - L'associazione Antigone apprende con dolorosa (ed alcuna) sorpresa della protesta presso l’Istituto penale per i minorenni (IPM) di Bari "Fornelli" consumatasi nella serata di ieri e che ha visto, secondo le prime ricostruzioni, alcuni giovani detenuti coinvolti in colluttazioni e dissidi con alcuni agenti della Polizia Penitenziaria in servizio presso la struttura.

L'episodio di Bari rappresenta l'ennesimo caso di una lunga sequela di rivolte ed intemperanze negli istituti di pena minorili, tempestivamente denunciate da Antigone ma rimaste puntualmente inascoltate. Si inserisce in un evidente clima di sfiducia e rassegnazione, che sembra prediligere la via della sanzione a tutti i costi, piuttosto che perseguire gli obiettivi costituzionali minimi della rieducazione del condannato, obiettivi che dovrebbero essere il fulcro del trattamento minorile.

In tale contesto, destano non poche preoccupazioni le dichiarazioni del segretario nazionale del SAPPE, il quale sostiene, senza mezzi termini, che "E’ il momento di rivedere le punizioni per chi si macchia di reati orrendi e grazie alla minore età la fanno franca". È evidente che inserire un minore in un circuito carcerario sprovvisto di mezzi idonei al recupero ed alla rieducazione non equivale affatto a "farla franca".

Questa scelta di parole evidenzia un’intenzione sempre più chiara di trasformare il sistema carcerario minorile (e non solo) in un indiscriminato strumento di punizione, più orientato all’annichilimento della personalità in formazione del minore piuttosto che alla sua salvaguardia e crescita.

Non a caso, Antigone nel suo rapporto 2024 parla di "Prospettive Minori", riferendosi al costante ed inesorabile ridimensionamento del sistema penitenziario minorile italiano. L’ultimo evidente tassello di questo processo di de-costruzione è il cosiddetto "Decreto Caivano", un manifesto programmatico politico e culturale che mira alla "normalizzazione dell’emergenza" e all’ampliamento della custodia cautelare in carcere, destinata inesorabilmente ad aumentare il numero dei minori detenuti.

La situazione dell’IPM di Bari non sfugge a questa tendenza di ristrutturazione trattamentale: la carenza di attività per i minori e di personale addetto produce il devastante effetto della permanenza continuativa in cella, che può arrivare fino a 20 ore al giorno. Un simile isolamento non può che avere conseguenze drammatiche, come quelle occorse ieri.

Manca un valido e stabile programma psicologico di rielaborazione e ripensamento per i minori detenuti, che li aiuti a prendere coscienza delle proprie scelte e che, soprattutto, li prepari al reinserimento nella società con strumenti adeguati affinché possano ricollocarsi in modo dignitoso e rapido.

La protesta di Bari, come molte altre registrate negli ultimi anni, è un grido di dolore di cui si vuole cogliere solo la frustrazione degli esiti finali, senza interrogarsi sulle cause profonde che lo generano.

Si tratta di una situazione insostenibile, che coinvolge tutto il personale carcerario. Sebbene siano comprensibili le difficoltà degli agenti della Polizia Penitenziaria, sarebbe necessario un ripensamento etico del sistema carcerario, piuttosto che l’elaborazione di punizioni sempre più sofisticate e massive, offerte come risposta giustizialista all’opinione pubblica.

Le preoccupazioni degli operatori penitenziari, costretti a lavorare con mezzi e strutture evidentemente inadeguati, sono legittime. Tuttavia, si auspica che, una volta spento il clamore mediatico generato dalla protesta, resti il fermo proposito da parte di tutte le istituzioni coinvolte di ripensare un sistema carcerario minorile conforme ai principi costituzionali e degno di un Paese civile, quale il nostro si proclama.