“Libertà, merito, responsabilità”. Parla Andrea Bernaudo (Liberisti Italiani)
FRANCESCO GRECO. ROMA – Simbolo forte: una motosega dal ronzio minaccioso. Modelli politico-culturali di riferimento spalmati su tutti i continenti fra questo e l’altro secolo: Javier Milei (Argentina), Ronald Reagan (USA), Margaret Thatcher (Regno Unito).
Il fresco conio di un neologismo, “statalesi”, semanticamente affollato di antistatalismo. Oltre al classico dei liberisti storici: meno tasse, più libertà.
E l’intento di occupare uno spazio vuoto, dialogare con liberali, libertari e liberisti, in un momento storico escatologico, in cui, a saperle vedere e intercettare, ci sarebbero praterie di consenso.
A 5 anni dalla fondazione, e dopo varie ibridazioni, i Liberisti Italiani hanno appena celebrato, al Centro Congressi "Roma Eventi" di via Alibert (Piazza di Spagna), il loro primo, affollato e intenso congresso.
E in questa intervista Andrea Bernaudo (in foto, Roma 1970, broker immobiliare, laurea in Legge) traccia analisi, percorsi e segmenti della loro progettualità politica in progress.
Voi attaccate il partito trasversale della spesa pubblica, che drena risorse e aumenta il debito, e però procura consenso alla casta...
Lo attacchiamo con determinazione, perché è il vero responsabile del declino italiano. Esiste un partito unico, trasversale, che unisce destra, sinistra e populisti: è il partito della spesa pubblica.
Un cartello politico-mediatico parassitario che si regge sullo scambio immorale tra tassazione esasperata e redistribuzione clientelare.
Questo sistema premia chi non produce, penalizza chi lavora, strangola le imprese e moltiplica enti inutili.
Il risultato è evidente: povertà crescente, sanità al collasso, servizi pubblici disastrosi e un debito pubblico monstre di 3.000 miliardi.
Siamo qui per rompere questa spirale. Basta con il consenso fondato sulla dipendenza dallo Stato: serve libertà, merito, responsabilità individuale.
A quale tradizione storica e politica fate riferimento?
Ci ispiriamo alla grande tradizione del liberalismo classico e del libertarismo moderno.
Da Bastiat a Mises, da Hayek a Rothbard, da Reagan a Thatcher fino a Javier Milei, che oggi ha dimostrato che il liberismo funziona anche nella realtà, non solo nei libri.
Crediamo nello Stato minimo, nel primato della proprietà privata, nella supremazia del mercato rispetto alla pianificazione collettivista.
Dove c’è libertà economica, c’è vera libertà. Dove cresce lo Stato, cresce la povertà.
La nostra missione è semplice: smantellare l’ideologia statalista che soffoca l’Italia.
Che idea avete del welfare?
Il welfare italiano è fallito. È un apparato costosissimo che serve più a mantenere burocrazie e clientele che a tutelare chi è davvero in difficoltà.
Le liste d’attesa negli ospedali sono infinite, i pronto soccorso al collasso, l’INPS è uno schema Ponzi legalizzato.
Chi lavora è tartassato per mantenere un sistema che produce disuguaglianze, inefficienza e umiliazioni.
Noi proponiamo un’alternativa: sanità ispirata al modello svizzero, con concorrenza, libertà di scelta e qualità.
Previdenza sul modello cileno, a capitalizzazione, dove ciò che versi lo ritrovi.
Basta con l’assistenzialismo che crea dipendenza: serve un welfare liberale, limitato e selettivo, per chi non può farcela da solo. Per tutti gli altri: libertà.
Contestaste le cifre dei successi in campo economico vantati da questo governo, dite che è propaganda: quali sarebbero quelle reali?
I dati reali smentiscono ogni trionfalismo. La pressione fiscale è al 50,6%, in aumento, il Total Tax and Contribution Rate per le imprese ha raggiunto il 59,1%, tra i più alti al mondo.
Il debito pubblico è fuori controllo. La povertà assoluta è più che raddoppiata dal 2005, passando dal 3,3% al 9,7%.
Eppure ci raccontano che va tutto bene. È propaganda da social, utile solo a mascherare la continuità con i governi Monti, Conte e Draghi.
Questo non è cambiamento, è l’ennesima illusione.
I numeri dicono una sola cosa: il sistema economico italiano è nel pantano statalista da oltre 30 anni e l’unica via d’uscita è la motosega liberista.
Cosa vuol dire essere liberisti oggi, nel XXI secolo e in questo momento storico particolare, così convulso?
In Paesi ad economia liberale significa poco, è la normalità.
Qui in Italia significa essere eretici. I veri dissidenti contro il pensiero unico statalista siamo noi e non i pagliacci di regime comunistoidi o fascistoidi.
Siamo gli unici a combattere contro il partito unico del “più Stato”, contro l’ideologia del controllo e della paura.
Oggi il liberismo in Italia è l’unico vero fronte del dissenso. È la battaglia per la libertà economica, per la dignità del lavoro, per la responsabilità individuale, contro il controllo sociale e la dittatura fiscale.
In un mondo che è scivolato verso il neo-dirigismo ecologista, verso la sorveglianza digitale, verso la pianificazione forzata, essere liberisti è una scelta di coraggio.
Milei in Argentina ce lo ha dimostrato: la libertà è ancora possibile. Ma va difesa con la motosega, tagliando sprechi, caste e monopoli.
Chi sarebbe il vostro elettore ideale?
Tutti i cittadini in buona fede che non vivono di rendite clientelari, che non dipendono dal parassitismo politico.
Lavoratori autonomi, imprenditori, professionisti, artigiani, ma anche dipendenti pubblici che hanno superato un concorso nei settori di sanità, giustizia, istruzione, oggi sottopagati perché lo Stato spreca miliardi in partecipate, municipalizzate, IPAB e carrozzoni inutili.
Il nostro elettore ideale è chi vuole liberarsi dal ricatto dello Stato, chi non vuole essere complice, chi sogna un’Italia in cui contano merito e libertà, non appartenenza politica o assistenza pubblica.
Pensate di pescare consenso nel bacino sconfinato dell’astensionismo, segno della disaffezione alle urne anche a causa di una proposta politica logorata e superata?
Assolutamente sì. Lì c’è il nostro elettorato naturale, ma anche in quel 50% che va a votare il malcontento è alto.
Milioni di italiani non votano perché hanno capito che il sistema è truccato. Si sono stancati di finti oppositori e di finti cambiamenti.
Noi siamo una rottura vera. Siamo nati dal basso, senza soldi pubblici, senza media amici, senza parlamentari che traghettano da un gruppo all’altro.
Parliamo chiaro, con il linguaggio della libertà e della verità.
E agli astenuti diciamo: non vi siete ritirati dalla politica, vi siete ritirati dalla menzogna. Ora è il momento di tornare.
Vi presenterete col vostro logo alle prossime scadenze elettorali, e non temete le soglie di sbarramento?
Sì, vorremmo presentarci. Ma va detto chiaramente: in Italia non c’è libertà politica.
Per un nuovo soggetto raccogliere centinaia di migliaia di firme autenticate in presenza è quasi impossibile.
O sei un miliardario con tre reti TV come Berlusconi, o il comico più famoso come Grillo, o un miracolo mediatico come Giannino.
Il resto è bloccato da una legge elettorale criminale, pensata per escludere chi nasce dal basso.
I partiti oggi nascono per osmosi parlamentare, non dalla società civile. Noi, invece, siamo una forza autenticamente antisistema, e questo fa paura.
Il nostro primo Congresso Nazionale è stato un successo, con la partecipazione di intellettuali, economisti e giornalisti di rilievo.
Eppure, salvo rare eccezioni, i media mainstream ci hanno ignorati.
Radio Radicale, con coerenza rispetto alla sua storia, ha trasmesso la prima parte del congresso e lasciato online la diretta sul suo sito.
Nicola Porro ci ha citati a Quarta Repubblica, mostrando il simbolo del “partito della motosega” accanto a Giuseppe Cruciani.
Libero e L’Opinione ci hanno dato spazio. Ma per il resto: blackout. Nessuna copertura televisiva, nessun titolo, nessun confronto.
Solo Radio Radio si sta aprendo con interesse crescente alle nostre ragioni e al nostro movimento.
Forse è importante chiedersi perché tanto ostracismo.
Ma noi non ci fermiamo. Sappiamo che il sistema ha paura della verità, e cercherà di censurarci.
Useremo i social, parleremo direttamente ai cittadini. Nessun compromesso, nessun arretramento. Il “partito della motosega” è qui per tagliare ciò che nessuno ha mai osato toccare.
Dove vi collocate nell'attuale quadro politico ed eventuali alleanze con chi?
Fuori e contro. L’intero sistema politico italiano è schiavo del “+Stato”.
Non esistono più partiti ideologicamente opposti: esistono solo varianti dello stesso dirigismo fiscale, sanitario, educativo ed ecologista.
Noi non vogliamo poltrone, non chiediamo elemosine elettorali. Vogliamo abbattere il sistema, non entrarci.
Ci alleeremo solo con chi condivide i nostri 10 obiettivi: libertà fiscale, abolizione del monopolio INPS, privatizzazioni vere, trasparenza totale della spesa pubblica.
Il resto è fuffa. Noi siamo un’alternativa, non un’altra versione dello stesso inganno.