Taranto, via libera alla messa in sicurezza dell’Altoforno 1: lo autorizza la Procura
TARANTO - Il pubblico ministero della Procura di Taranto Francesco Ciardo ha autorizzato Acciaierie d’Italia a procedere con i lavori di messa in sicurezza dell’Altoforno 1 dello stabilimento siderurgico di Taranto, posto sotto sequestro probatorio senza facoltà d’uso dopo il violento incendio verificatosi il 7 maggio scorso. L’incendio era stato causato dallo scoppio di una tubiera, generando gravi preoccupazioni per la sicurezza degli impianti e per la tenuta del sito industriale.
La decisione della Procura arriva a poche ore di distanza dall’intervento pubblico del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che, in visita a Taranto, aveva lanciato un monito: “Un eventuale divieto alla manutenzione dell’altoforno – ha detto – comprometterebbe per sempre il ripristino dell’impianto”. Il ministro ha inoltre avvertito che il sito di Taranto rischia di diventare una ‘nuova Bagnoli’, in riferimento alla chiusura definitiva dello stabilimento Italsider nel 1992.
Il sequestro dell’altoforno, oltre a bloccare la produzione, incide sulle delicate trattative in corso per la cessione dell’ex Ilva alla società azera Baku Steel, interessata a rilevare il controllo del sito. Lo stesso ministro Urso ha ammesso che la vicenda giudiziaria potrebbe scoraggiare potenziali investitori, mettendo in crisi il futuro dell’acciaieria.
Intanto prosegue l’inchiesta della Procura di Taranto, che vede indagati tre dirigenti di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria: il direttore generale Maurizio Saitta, il direttore dello stabilimento Benedetto Valli e il responsabile dell’area altiforni Arcangelo De Biasi. Le ipotesi di reato contestate sono omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro e getto pericoloso di cose. A uno degli indagati è stata contestata anche la mancata comunicazione dell’incidente, in violazione della normativa Seveso sui rischi industriali rilevanti.
Le organizzazioni sindacali chiedono chiarezza sull’accaduto. In particolare, il sindacato LMO (Lavoratori Metalmeccanici Organizzati) solleva dubbi inquietanti: “L’azienda deve chiarire se è vero che alcuni operai si sarebbero lanciati nella vasca loppa per sfuggire alle fiamme”, afferma in una nota. Dal canto suo, Acciaierie d’Italia in as ha ribadito che nessun lavoratore è rimasto coinvolto nell’incendio.
L'autorizzazione della Procura rappresenta un primo passo verso il ripristino della sicurezza dell’impianto, ma l’inchiesta e le sue implicazioni rischiano di pesare a lungo sul destino industriale e occupazionale di Taranto.