Giovanni Brusca è ufficialmente libero: fine della libertà vigilata per il boia di Capaci
ROMA - Giovanni Brusca, il boss mafioso che il 23 maggio 1992 azionò il telecomando della strage di Capaci, è un uomo libero. Si è infatti concluso, a fine maggio, il periodo di libertà vigilata di quattro anni impostogli dalla magistratura di sorveglianza: l’ultimo vincolo giudiziario per uno dei protagonisti più spietati della stagione stragista di Cosa Nostra.
Il killer della strage di Capaci
Brusca, ex boss di San Giuseppe Jato, è l’uomo che ha fisicamente fatto esplodere l’autostrada all’altezza di Capaci, provocando l’uccisione del giudice Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani. Il suo curriculum criminale include oltre 100 omicidi, tra cui quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, strangolato e sciolto nell’acido dopo un lungo sequestro.
Dall’arresto alla scarcerazione
Arrestato nel 1996, Brusca ha inizialmente fornito false informazioni, salvo poi collaborare con la giustizia, rivelando numerosi dettagli sugli intrecci tra mafia, politica ed economia. In virtù del regime premiale previsto per i collaboratori, ha scontato 25 anni di reclusione, uscendo dal carcere nel 2021. Da allora ha vissuto sotto sorveglianza, in un luogo segreto e con una nuova identità, grazie al programma di protezione per i pentiti.
Una libertà che fa discutere
La sua scarcerazione e successiva libertà vigilata hanno suscitato sdegno e polemiche, soprattutto tra le famiglie delle vittime di mafia e i cittadini che ancora portano il peso della stagione stragista. “Una ferita che non si rimargina”, ha detto più volte Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso, sottolineando come, pur comprendendo le leggi dello Stato, “la giustizia non sempre coincide con il senso morale”.
Brusca vivrà sotto protezione
Ora che ha terminato di scontare ogni pena, Brusca continuerà a vivere in incognito, probabilmente in una località fuori dalla Sicilia. La sua permanenza nel programma di protezione resta confermata, considerate le minacce che ancora potrebbe ricevere da ambienti mafiosi per la sua collaborazione.
Un caso emblematico
La vicenda di Giovanni Brusca riapre un annoso dibattito italiano: può il pentimento redimere i peggiori criminali? È giusto premiare chi ha distrutto vite in cambio di verità giudiziarie?. Domande destinate a restare aperte, come le cicatrici lasciate dalle stragi del ’92.