Russia-Ucraina, pochi progressi a Istanbul: Mosca rifiuta il cessate il fuoco. Kiev: “Serve incontro Putin-Zelensky”
L’incontro tra le delegazioni russa e ucraina tenutosi il 2 giugno a Istanbul si è concluso con pochi passi avanti e conferme delle distanze già note tra le parti. I colloqui, durati poco più di un’ora, non hanno prodotto un’intesa concreta per porre fine al conflitto che dura ormai da oltre tre anni, ma hanno permesso di mettere sul tavolo nuove proposte, molte delle quali difficili da conciliare.
A fare da padrone di casa, ancora una volta, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha ribadito la propria disponibilità a ospitare un eventuale vertice diretto tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. L’ipotesi, ventilata anche con il possibile coinvolgimento di Donald Trump – che si è detto “pronto” a partecipare se entrambi i leader accetteranno di incontrarsi – resta sullo sfondo, mentre sul terreno diplomatico i nodi restano numerosi e complessi.
Ucraina: “Serve tregua incondizionata”. Mosca dice no
La delegazione ucraina è giunta in Turchia con un obiettivo preciso: ottenere un cessate il fuoco incondizionato di almeno 30 giorni. Una proposta respinta da Mosca, che ha invece offerto una tregua molto più limitata, due o tre giorni al massimo, e circoscritta solo ad alcune aree del fronte. A riferirlo è stato Vladimir Medinsky, capo negoziatore russo, che ha definito l’incontro “utile ma interlocutorio”.
Per Kiev, una tregua parziale non basta: il ministro della Difesa Rustem Umerov ha ribadito che solo un cessate il fuoco totale e senza condizioni può costituire una vera base per negoziati di pace.
Mosca presenta un memorandum dettagliato
Nel corso dell’incontro, la Russia ha consegnato agli ucraini un memorandum dettagliato articolato in due parti: una dedicata ai principi per una pace duratura, l’altra focalizzata sui passi concreti per un cessate il fuoco. Tra le proposte:
Ritiro ucraino dai territori occupati (Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia, Kherson);
Fine della legge marziale in Ucraina e elezioni anticipate entro 100 giorni;
Smobilitazione dell’esercito ucraino, divieto di forze straniere nel Paese e stop agli aiuti militari occidentali;
Neutralità costituzionale dell’Ucraina, con rinuncia ufficiale all’adesione alla NATO;
Riconoscimento dell’annessione alla Russia delle quattro regioni contese e della Crimea.
Una serie di richieste che, al momento, sembrano del tutto inaccettabili per Kiev.
Ucraina: sì al dialogo, ma entro giugno
Nonostante le divergenze, l’Ucraina si è detta disposta a tornare al tavolo entro la fine di giugno, proponendo nuove consultazioni tra il 20 e il 30 del mese. In parallelo, Zelensky ha rilanciato l’idea di un faccia a faccia con Putin, che – se mai si realizzasse – segnerebbe un momento cruciale per le sorti della guerra.
Il nodo dei minori e lo scambio di prigionieri
Un altro punto discusso è quello dei minori ucraini deportati in Russia. Mosca ha dichiarato di aver ricevuto una lista di 339 nomi e sostiene di aver già riconsegnato 101 bambini, negando categoricamente ogni accusa di rapimento: “Li abbiamo salvati e riportati indietro quando possibile”, ha detto Medinsky.
Intesa invece su un nuovo scambio di prigionieri: le parti si sarebbero accordate per la liberazione reciproca di malati gravi, feriti e detenuti sotto i 25 anni. Mosca promette inoltre la restituzione, entro la prossima settimana, delle salme di 6.000 soldati ucraini caduti.
Zelensky: “Serve aumentare la pressione su Mosca”
Al termine dei colloqui, Volodymyr Zelensky ha rilanciato la richiesta di nuove sanzioni contro la Russia, rivolgendosi direttamente a Donald Trump e ai partner occidentali. Una linea già espressa poche ore prima a Vilnius, durante il vertice dei Paesi NATO dell’Est, dove il presidente ucraino ha ribadito: “Solo la pressione economica e diplomatica può fermare Mosca”.
Nonostante gli sforzi diplomatici e l’apparente disponibilità al dialogo, le distanze restano profonde. Le prossime settimane saranno decisive per capire se si potrà aprire un varco verso una vera trattativa di pace, o se la guerra continuerà a logorare due popoli e a scuotere gli equilibri internazionali.