La leggenda di Taras, figlio di Nettuno, e la fondazione di Taranto
MARIO CONTINO* - Secondo l’antichissima tradizione, Taras, figlio del dio Nettuno, avrebbe raggiunto le coste ioniche in epoche così remote da precedere la stessa fondazione di Roma di oltre dodici secoli. Al comando di una flotta, approdò nel seno dello Ionio e sbarcò alla foce di un fiume che avrebbe poi portato il suo nome. Il giovane eroe, fedele agli antichi riti mediterranei, offrì libagioni al padre divino, sia per ringraziarlo del viaggio propizio, sia per ottenerne i favorevoli auspici prima di fondare la futura città che oggi conosciamo come Taranto.
Fu proprio durante quei riti che Taras vide un delfino emergere dalle acque: un segno celeste, interpretato come buon presagio. Quel prodigio lo convinse, senza esitazione, a dare inizio alle opere edilizie e a fondare la “città dei due mari”.
Ma la leggenda non si ferma qui: si racconta che un giorno, mentre nuovamente sacrificava a Nettuno, Taras cadde nello stesso fiume. I presenti tentarono di recuperarlo, ma il corpo non venne mai ritrovato. Da questo fatto nacque la voce che fosse stato assunto in Cielo dal padre Nettuno, accolto nel numero degli Eroi Divinizzati. In suo onore venne innalzato un tempio, insieme a una statua che raffigurava una giovane figura femminile a cavallo di un animale dotato di coda di pesce.
Le antiche iconografie numismatiche
Nelle più antiche monete tarantine — quelle che oggi sono considerate tra le più preziose testimonianze della Magna Grecia — compare la figura di Taras a cavallo di un delfino, con un tridente nella mano sinistra (chiaro simbolo di Nettuno) e nella destra un vaso rituale, forse memoria diretta delle sacre libazioni che il giovane compì all’atto della fondazione della città .
Il tema del figlio del dio dei mari che fonda una città è noto anche in altri contesti mediterranei: basti pensare al mito di Tritone presso gli antichi greci, oppure alle figure eroiche dei fondatori semi-divini in area fenicia. Taras è perfettamente inserito in questa cornice culturale che vede l’acqua non come semplice elemento naturale, ma come porta di accesso al mondo degli dei e dei simboli iniziatici.
La nostra Puglia, come spesso ho affermato, cela un patrimonio folkloristico degno di maggiore attenzione istituzionale: questa leggenda ne è l’ennesimo esempio.
* Lo scrittore del mistero
