L'inquinamento acustico ci toglie la serenità in casa? Lo stop della Corte Europea

di Maria Teresa Lattarulo
Nonostante nella Convenzione non vi sia una norma espressa a tutela dell’ambiente, tale tutela è stata ricavata, nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, da altre norme, quali l’art. 8 che sancisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
Un esempio è il recente caso Deés c. Ungheria, del 9 novembre 2010, nel quale la Corte ha ricordato che la Convenzione tutela il diritto di un individuo non solo all'area fisica concreta della sua casa (per esempio contro violazioni come l'accesso non autorizzato), ma anche al pacifico godimento, entro limiti ragionevoli, di tale area da interferenze come rumore o odori.
Il ricorrente aveva infatti lamentato che, al fine di evitare un pedaggio introdotto su un'autostrada privatizzata fuori città, molti camion avevano scelto percorsi alternativi tra cui la strada in cui viveva. La Corte ha riconosciuto la complessità della gestione delle infrastrutture - che comporta misure che richiedono tempo e risorse - e lo sforzo delle autorità di stabilire un equilibrio tra gli utenti della strada e gli interessi dei residenti. Tuttavia, nonostante gli sforzi per limitare e riorganizzare il traffico, i provvedimenti avevano sempre dimostrato di essere insufficienti, poiché il sig. Deés era stato esposto a rumori eccessivi per un considerevole periodo di tempo (almeno fino al maggio 2003, quando l'esperto ha valutato il livello di rumore e l’ha trovato in eccesso rispetto al limite di legge).
In conclusione, al momento considerato un fastidio diretto e grave aveva interessato la strada in cui il signor Deés viveva e gli aveva impedito di godere del suo domicilio e della vita privata, un diritto che lo Stato aveva l'obbligo di garantire. Vi è stata quindi, ha detto la Corte, una violazione dell'articolo 8.
La Corte ha condannato poi l'Ungheria a pagare al ricorrente seimila euro a titolo di danno morale ex art. 41 (equa soddisfazione).
Finora la Corte ha affrontato il problema dell’obbligo dello Stato di proteggere un ricorrente da rumori eccessivi in diversi casi nei quali ha avuto modo di affermare che, anche se l’obiettivo dell'articolo 8 è essenzialmente quello di proteggere l'individuo da interferenze arbitrarie da parte delle autorità pubbliche, esso si applica anche nei rapporti fra privati. Difatti la Corte ha esaminato fattispecie di emissioni rumorose provenienti da ristoranti, locali notturni e bar e, in taluni casi, è pervenuta a condannare lo Stato per non aver adottato le misure necessarie a tutelare i privati. E’ particolarmente interessante sottolineare che, nel caso in cui il rumore superi i livelli consentiti dalla normativa interna o internazionale, la Corte rileva la violazione dell’articolo 8 senza accertare ulteriori requisiti quali, ad esempio, l’esistenza di un danno alla salute. Così ha deciso la Corte non solo nella sentenza in esame, ma anche nelle decisioni Gómez Moreno c. Spagna del 2004 e Oluić c. Croazia del 2010.
Si auspica che questa giurisprudenza induca i Governi europei ad adottare misure più incisive per la riduzione dell’inquinamento acustico nelle nostre città. Infatti, secondo il rapporto di Legambiente “Mal’Aria 2010”, in molte città italiane sono ampiamente superate le soglie massime consentite di rumore. Tale fenomeno, sempre secondo il citato rapporto, è dovuto al fatto che i Governi hanno investito nelle infrastrutture stradali senza adottare i provvedimenti che assicurassero una mobilità sostenibile e, dunque, compromettendo gravemente la qualità dell’ambiente urbano.
Anche in materia di ambiente va dunque ricordato ciò che la Corte europea ha detto più volte, e cioè che la Convenzione ha lo scopo di garantire diritti che sono "concreti ed effettivi", non "teorici o illusori".

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