Migranti, “Sviluppare il dialogo interreligioso”. Parla Monsignor Angiuli

di FRANCESCO GRECO — UGENTO (Le) – Francesco torna da Lesbo (Grecia) e porta a Roma 12 profughi siriani musulmani (3 famiglie), scacciati dalla guerra dalle loro case, e che non hanno null'altro che le loro ossa.
 
La loro sofferenza ha toccato nell'intimo il Papa venuto dai confini della terra. Hanno trovato ricovero presso la Comunità di Sant'Egidio. “Sono tutti figli di Dio”, ha detto fra l'altro con la voce
segnata dallo strazio.
 
Un gesto assai forte, inaspettato, da definire in maniera polisemica. Lo facciamo con S. E. Monsignor Vito Angiuli, da 5 anni vescovo della Diocesi salentina di Ugento-Santa Maria di Leuca (di fronte al Mediterraneo), un “pastore” colto (Filosofia e Musica fra le sue passioni), bella penna (numerose pubblicazioni alle spalle, fra cui una su don Tonino Bello, e non per caso), impegnato nella trincea delle asprezze e le infinite contraddizioni della contemporaneità (accoglienza degli “ultimi”, No-Triv, xylella, SS. 275 a quattro corsie, ecc.).    

Domanda: Come leggere il gesto del Papa?
Risposta: Il viaggio del papa è un simbolo con un triplice significato. In primo luogo, egli ha voluto compiere un gesto di umanità fissando lo sguardo sui volti di uomini, di donne, di bambini costretti dalla guerra e dalla miseria a lasciare i loro paesi, le loro case, le loro famiglie.
In secondo luogo, il viaggio papale è stato un appello alle nazioni e ai governanti a rispettare la dignità umana. Il papa ha riconosciuto che le preoccupazioni delle istituzioni e della gente sono comprensibili e legittime, tuttavia ha voluto che l’Europa non dimenticasse che i migranti sono persone, non numeri e che questa crisi è un’occasione per far crescere il mondo verso quella realtà che Paolo VI definì “civiltà dell'amore”.
In terzo luogo, il fatto che a Lesbo si sono incontrati papa Francesco, il patriarca Bartolomeo e l'arcivescovo di Grecia Hieronymos vuol dire che le Chiese d'Occidente e d'Oriente riconoscono non solo l'ecumenismo del sangue e dei martiri, ma anche l'ecumenismo della carità.
D’altra parte, il gesto di accogliere tre famiglie di rifugiati musulmani è un segno per sviluppare il dialogo interreligoso. «La carità - ha affermato il patriarca Bartolomeo nella sua lettera indirizzata al Papa per invitarlo a Lesbo - non può essere ridotta a un mero accordo politico, sia pur indispensabile, perché il denaro, benché necessario, non è sufficiente a rispondere a questa crisi umanitaria. Alle suppliche umane devono rispondere gesti altrettanto umani per ispirazione del cuore».

D. Francesco ha attaccato l'Europa degli egoismi e dei muri, che ha paura dei migranti quando i paesi poveri (la Giordania per esempio) ne accolgono a milioni, mentre noi affrontiamo il fenomeno senza un metodo: ma non siamo il continente dei Lumi?
R. L'arcivescovo ortodosso di Atene, Hieronymos, ha definito l’Europa un continente «in bancarotta di umanità» che dimentica le dichiarazioni universali e si chiude nel suo egoismo, pensando solo a proteggersi.
In questa Europa ingrigita, smemorata e stanca occorre un nuovo slancio ideale per attuare i principi che sono proclamati nelle sue carte istituzionali. Durante il volo che lo ha portato sull'isola di Saffo e Alceo, il papa ha chiarito che egli veniva a Lesbo per «incontrare la più grave catastrofe umanitaria dopo la seconda guerra mondiale» e per richiamare l'Europa alla sua antica civiltà di «patria dei diritti umani».

D. Altro attacco: i mercanti di armi, e non è la prima volta: viene in mente il presidente Pertini: svuotate gli arsenali e riempite i granai...
R. A Lesbo non sono state pronunciate molte parole. A volte, per capire, basta solo vedere e toccare la realtà, come fece san Tommaso con il corpo di Cristo. Francesco, Bartolomeo e Hieronymos hanno firmato una dichiarazione congiunta in cui cattolici e ortodossi implorano la fine dei conflitti.
Insieme hanno sottolineato che la crisi dei rifugiati è un problema europeo e internazionale che richiede una risposta comprensiva che rispetti le leggi europee e internazionali per costruire la pace là dove la guerra ha portato distruzione e morte.
Nel corso dell'intervista concessa durante il volo di ritorno a Roma, il papa ha detto: «Io inviterei i trafficanti di armi a passare una giornata in quel campo». Anche i loro cuori potranno intenerirsi se si accosteranno da vicino e toccheranno con le loro mani la sofferenza di queste donne e bambini.
Forse questo contatto con il dolore li convincerà a contrastare con fermezza la proliferazione e il traffico delle armi e le loro trame occulte.

D. Tuttavia, il Santo Padre ha auspicato la pace nel luoghi da dove i disperati fuggono, e qui si intravede un'accusa esplicita a governi e potenti della terra: continueranno a credere che si riferisce agli altri?
R. C’è da sperare che l’Europa promuova un nuovo sviluppo e che non si lasci irretire da una visione come quella proposta in un’intervista al giornale “Libero” (18/04/2016) dal generale Carlo Jean, uno dei più autorevoli esperti di strategia militare e geopolitica. Egli ritiene che questa “invasione va fermata” perché l'Europa non è nelle condizioni di gestire le ondate migratorie. Dal momento che attualmente non esiste una forte coesione politica. Di conseguenza «ogni paese deve provvedere da solo, secondo i suoi interessi». A suo giudizio, «la priorità è creare una barriera libica, selezionare e respingere i migranti economici».
In questa prospettiva il Papa è visto come “un ostacolo” a perseguire questa realpolitik. È evidente che questa visione, apparentemente ultra realistica, è portatrice di ulteriori problemi e sofferenze.

D. Il Papa pare indicare un nuovo modello di sviluppo, di civiltà e umanità per il III millennio, sullo sfondo, c'è sempre "Laudato sì"...
R. Domenica, al termine della recita della preghiera mariana “Regina coeli”, papa Francesco ha ricordato la sua visita al campo di Moria e ha sottolineato che molti erano bambini. Alcuni di loro avevano assistito alla morte dei genitori e dei compagni, altri sono morti annegati in mare.
Tra tanto dolore, un incontro lo ha particolarmente toccato, quello con un uomo giovane, accompagnato dai due figli, musulmano, sposato con una cristiana. Purtroppo la moglie è stata sgozzata dai terroristi, perché non ha voluto rinnegare Cristo e abbandonare la sua fede.
Il Papa ha concluso il suo racconto con queste parole: «È una martire e quell’uomo piangeva tanto…».
È evidente che non si può costruire un mondo nuovo senza il dialogo e il rispetto reciproco. Non basta salvaguardare l’ambiente, bisogna rispettare anche l’uomo. Ciò che occorre è un’ecologia integrale, ovvero un'ecologia, ambientale, sociale e umana.

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto