CHIESA. “Tolleranza e diritti contro il terrore”. Parla il Cardinal Filoni

(Ph: F.Spadafora)
di FRANCESCO GRECO —  GALATONE (Le) - I bei fiori lilla dei capperi rigogliosi che ondeggiano dalle facciate delle vecchie case affacciate su Palazzo Marchesale lo commuovono. La voce si incrina, si illanguidisce.

Per il Cardinale Fernando Filoni, “missionario” di pace in giro per il mondo, rievocano l'infanzia passata fra i vicoli del centro antico di Galatone, all'ombra del barocco sontuoso del Santuario del Crocefisso.

70 anni ben portati, il porporato è nato a Manduria (Taranto). A 6 anni la famiglia si è trasferita a Galatone, nel Leccese, la città di Antonio de Ferrariis, detto il Galateo, svelato al mondo dalla passione dello studioso Vittorio Zacchino.

Il vento fresco della sera mediterranea accarezza i lunghi steli colmi di frutti e spargono nell'aria un profumo dolce che forse gli ricorda Baghdad, dove fu Nunzio Apostolico negli anni Novanta, i tempi delle due guerre del Golfo, quando incontrava Saddam Hussein, il ministro caldeo Tareq Aziz, dialogava con Bush e Tony Blair con l'imperativo di portare la pace, evitare orrori e sangue innocente.

Nella mente l'imprimatur di Giovanni Paolo II in quel 19 marzo 2001, consacrazione episcopale: ”Sono certo che sarai per le comunità cristiane sparse in quelle terre un messaggero di pace e di speranza”. Una “comunità”, quella irachena, di appena 200mila cristiani su 37 milioni, maggiorana sciita, minoranza sunnita al governo.

Il pontefice polacco aveva intuito le spiccate doti diplomatiche unite a carisma e senso del pragmatismo, tanto che dopo l'Iraq e la Giordania il Cardinale si è speso in altre contrade calde del pianeta (Filippine). Oggi è Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.

E' festa grande a Galatone per il ritorno del suo figlio più illustre in questo ispido XXI secolo, che se non è “breve” come il precedente, è altrettanto drammatico. Si presenta il libro “La Chiesa in Iraq” (Storia, sviluppo e missione, dagli inizi ai nostri giorni), Libreria Vaticana Editrice, Roma 2015, pp. 256, euro 16.

“Non è un libro lungo – celia il Cardinal Filoni - altrimenti non lo avrebbe letto nessuno...”. Arcivescovo e cardinale (dal 2011, lo nominò Benedetto XVI), in veste di storico, ricompone un puzzle barocco: contesti, dinamiche, eventi: la storia dei cristiani di Mesopotamia, sulle rive del Tigri e l'Eufrate, dal primo secolo a Saddam braccato a Tikrit e giustiziato.

Tradotto in spagnolo, arabo, inglese, francese, tedesco: attese altre translation. Un “caso” letterario che si innesta sull'attualità geopolitica, perciò utile a decifrare lo snodo storico che ci vede attoniti: il terrore globale, il sangue degli innocenti sparso a ogni angolo del pianeta, la guerra di religione e di civiltà, l'esegesi del Corano fra sunniti e sciiti, il Califfo, le armi, il petrolio: analisi dentro la carne viva della modernità.

Il sindaco della città (15mila anime) Livio Nisi, l'assessore alla cultura Sondra Dall'Oco, Gianluigi Antonaci, si son prodigati per l'evento, ben riuscito. Nel pubblico molti sacerdoti (fra cui don Angelo Corvo, parroco della Chiesa Maria SS. Assunta).

Relatori di pregio: un esperto di Medio Oriente, il prof. Hafez Haidar, libanese (saggista e scrittore, per Piemme ha tradotto l'opera di Gibran) e il prof. Carlo Alberto Augieri, docente all'Università del Salento. Livelli altissimi, da iperuranio: si respira la Storia, il silenzio vellutato è sfiorato solo dalle foto dei tablet.

Uomo della Chiesa Universale, Sua Eminenza (al centro nelle foto di Francesco Spadafora) ha una voce calda, quieta, sceglie le parole adatte, firma le copie; il rito delle foto-ricordo lo diverte. Premette: “La crisi più grave non è tanto l'attacco ai cristiani da parte dell'Islam radicale, quanto la coscienza che essi hanno di se stessi”.

DOMANDA: Dovesse paragonare il libro a qualcosa di materiale, a cosa penserebbe?RISPOSTA: A un kilim, il classico tappeto orientale: un intreccio di fili ben ordinati...

D. Possiamo dire che ha aperto una finestra su un mondo che pretendiamo di conoscere, ma solo per luoghi comuni?R. Ho guardato dentro con interesse e curiosità per osservare la vita. Tenendo presente il dialogo interreligioso, la conoscenza. Ho cercato di spiegare la complessità di quella terra, quei popoli, la loro storia.

D. In Gran Bretagna è sotto accusa l'ex premier Blair: affrettata la decisione di entrare in guerra accanto agli USA, in Iraq...R. E' tutto nel libro. Ricevendo gli emissari di Saddam Hussein dissi loro: “Cerchiamo altre vie, se sono qui con le navi e le armi non è per fare buuu!”. Saddam voleva incontrare gli inglesi e gli americani, parlare di come evitare la guerra, che si poteva evitare. Mi chiese: “Cosa devo fare?”. Gli consigliai di fare in due giorni una legge per eliminare le armi di distruzione di massa, e lo ripetei all'assemblea dell'ONU. Mi ascoltò, ma ormai era troppo tardi, fu tutto inutile...

D. Si parla molto delle donne yazide...R. Non si può non rimanere emozionati dalle loro storie. Per sfuggire all'Isis scappano di casa e per avere la vita salva sono costrette a vendersi: le vergini per 50 dollari, quelle in età per 15. La sola dignità che resta loro è il suicidio.

D. Perché è così difficile dialogare con l'Islam?R. Noi cristiani abbiamo un capo riconosciuto: il papa. Nel mondo islamico invece il potere politico e religioso coincidono, si confondono, il frazionismo poi è immenso: si dialoga con capi non riconosciuti da tutti.

D. Lei ha detto che contro la barbarie terrorista la tolleranza non basta, ha parlato di diritti...R. Ero in Bangladesh e col primo ministro, la signora Sheik Hagina, parlavo delle piccole comunità cristiane perseguitate in quell'area. Mi confidò di essere figlia di uomo ucciso dai terroristi. Mi parlò di tolleranza. Risposi che la tolleranza è solo il primo passo: per convivere e non massacrarci, si deve parlare anche di diritti.

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