OPINIONI. L'Islamismo e la banalità del Male

di FRANCESCO GRECO - C'è del metodo nella follia? O è barbarie allo stato puro, istinti irrazionali, bestiali, datati sull'orologio della Storia, nel mondo liquido e globale? C'è un disegno politico e culturale complessivo di una Spectre nascosta nelle sabbie dei deserti o si tratta di ferocia gratuita di belve assetate di sangue che sparano nel mucchio e che abbiamo accolto e integrato, ma tali sono rimaste?

C'è una centrale del terrore che muove le fila, che arruola “martiri” catechizzandoli, oppure è un terrorismo do-it-yourself, difficile da affrontare, che ci costa migliaia di morti e miliardi di dollari?

Vogliono disarticolare la nostra civiltà e quotidianità, o è solo un modo di reagire alla marginalità culturale cui il loro mondo si è condannato, e non certo per colpa nostra, anzi, noi siamo le vittime?

La banalità del Male è perfida, ha molte facce, si dispiega su più livelli: una passeggiata sul lungomare, lo shopping di Natale, una partita di pallone, la metropolitana, la stazione ferroviaria, un concerto rock, ecc.

I killer li conosciamo bene e hanno profili multipli, sfuggenti: sono quelli che urtiamo camminando per strada, li vediamo ai giardinetti con i bambini, sono i vicini di casa che trafficano per siti fanatici ansiosi di indottrinarsi per farsi saltare in aria e avere le loro vergini. E, strano a dirsi, colpiscono i Paesi più aperti e con comunità arabe numerose e integrate (Francia e Germania).

Nel profondo del loro cuore ci odiano, e non capiamo perché. Non siamo musulmani, ma non tutti gli occidentali sono cristiani (noi poi siamo ormai secolarizzati) se è una guerra di religione, posto che occorre replicare le Guerre Sante mille anni dopo. Abbiamo altri valori, fra cui la tolleranza e il rispetto della diversità ideale: l'Europa non è forse cosparsa di moschee mentre l'Oriente ha pochissime chiese?

Che cosa vogliono questi assassini malati, perduti al mondo, la vita , se stessi? Se la politica delle “porte aperte” dà questi risultati, lo sanno che potremmo chiudere le frontiere e non accogliere più nessuno come minacciò Donald Trump, subito sbeffeggiato?

Non militarizzeremo le nostre vite, non tratteremo sui nostri antichi valori, non cederemo la nostra identità, rifiuteremo le loro visioni escatologiche.

Una cosa è la guerra dichiarata, un'altra questa violenza diffusa, pulviscolare, subdola. Lo sappiano, gli assassini, i loro “maestri”, ma anche o soprattutto i nostri governi pavidi e impotenti: la pazienza dei popoli è finita. Non vogliamo più essere scudi umani. Contare i morti sull'asfalto. Basta il pietismo delle classi dirigenti, il favoreggiamento (nell'epoca dei droni e dei satelliti non abbiamo intelligence serie che interagiscono fra loro per la prevenzione).

Basta Europa in fuga dalla problematica, basta accoglienza indiscriminata, trattati e “carte”, basta soldi per ospitarli, basta boss che ingrassano sul mercato dei gommoni, basta leggi tolleranti (che loro ben conoscono), basta con i Cara.

Chi vuol venire venga pure, ma non troveranno crocerossine premurose, né volontari pronti ad accudirli, sfamarli, posti per ospitarli, ONG che chiedono donazioni: come abbiamo fatto noi emigrando dal 1860 a oggi, se la sbrighino da soli.

Dobbiamo difenderci: non ci suicideremo a causa del patrimonio dei nostri valori, costati sangue e rivoluzioni, libertà e democrazia non sono stati aggratis, regali dei sovrani, ma conquiste che loro sfruttano per annientarci.

Non possiamo tollerare che uccidano i nostri bambini davanti a una bancarella di dolciumi, le nostre ragazze (Fabrizia Di Lorenzo l'ultima), in discoteca (Valeria Solesin), per strada (Giulio Regeni), né i nostri figli che prendono la metro. Che prevalga l'istinto di sopravvivenza, che ognuno si assuma le proprie responsabilità dinanzi alle proprie comunità e la Storia. E alle proprie reticenze, vigliaccherie, aberrazioni.

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