LA RECENSIONE. La bella e la bestia

di FREDERIC PASCALI - Quasi 62 anni dopo la prima versione cinematografica diretta da Jean Cocteau, il grande schermo ospita l’ennesimo riadattamento di una tra le fiabe più note di sempre. Con la regia di Bill Condon, “La Bella e la Bestia” prende nuovamente forma in un musical disneyano da 160 milioni di dollari e un concentrato di star capeggiato dalla brava e affascinante Emma Watson.

La pellicola, attuale campione d’incassi in Italia, non ha nulla a che vedere con l’adattamento francese del 2014 diretto da Christophe Gans  con Léa Seydoux e Vincent Cassel, ma si rifà al grande successo d’animazione del 1991. Ne segue pedissequamente la trama trasformandosi in un live – action(una riproduzione in carne e ossa) con il soggetto che, come allora, è un sintetico adattamento della versione più popolare della fiaba, quella pubblicata nel 1756 da Jeanne - Marie Leprince de Beaumont.

In questa fortunata riedizione Belle è una graziosa ragazza, brillante e anticonformista, che vive in uno sperduto e immaginario villaggio della Francia. Senza madre ha occhi solo per il padre, Maurice, un vecchio umile e raffinato esperto di congegni meccanici, e tiene costantemente a bada il suo aspirante marito, un rozzo capitano dell’esercito, Gaston, sempre a caccia di avventure e facili conquiste. La Bestia, invece, una volta principe belloccio e sfrontato, è ora, a causa di un sortilegio, trasformato in una inquietante creatura animalesca. L’incontro tra i due è inevitabile, come il loro amore.

Nella corazzata varata dalla Disney il cast è un indiscusso punto di forza. Oltre alla già citata Emma Watson, quanto mai appropriata per definire “Belle” nella sua acerba femminilità, si avvale di due interpretazioni maschili di spessore con Dan Stevens, eccellente come “Bestia”, soverchiato, nel suo “Principe” inespressivo, dal carismatico Luke Evans, “Gaston”. Molto bene il “Maurice” di Kevin Kline e il discusso “Le Tont”, il personaggio dai tratti larvatamente omosessuali, impersonato da un travolgente Josh Gad. Le musiche di Alan Menken dirigono sapientemente l’ininterrotta passerella narrativa addobbata sfarzosamente dalla scenografia di Sarah Greenwood e dai costumi di Jacqueline Durran.

Qualche effetto speciale di troppo viene “salvato” dalla fotografia di Tobias A. Schliessler e dall’eccellente montaggio di Virginia Katz.

1 Commenti

Nuova Vecchia

Modulo di contatto