Lecce, aumentano gli occupati e i disoccupati

LECCE - Aumentano gli occupati e i disoccupati, mentre diminuiscono gli inattivi in provincia di Lecce. A rilevarlo uno studio sul mercato del lavoro, realizzato dall’Osservatorio economico di Confartigianato Imprese Lecce, diretto da Davide Stasi. In generale, il contesto economico ha fortemente condizionato le dinamiche dell’occupazione, in graduale ripresa dagli effetti di lungo periodo della recessione.

Il numero degli occupati è salito solo dello 0,7 per cento ovvero 3.644 unità in più. In particolare, l’anno scorso, gli uomini sono saliti da 140.967 unità a 142.003, mentre le donne da 83.676 a 86.284. Per un totale di 228.287 occupati (contro i 224.643 dell’anno prima). Il tasso di occupazione è passato dal 43 per cento al 43,7.

Parallelamente, sempre in provincia di Lecce, la disoccupazione è salita dal 22 per cento al 23,7. In termini assoluti, ci sono 68.492 disoccupati (contro i 63.531 dell’anno prima).

Impressiona, però, il dato riferito ai giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni. La percentuale, infatti, raggiunge quasi la metà: il 43,4 per cento è senza lavoro. Si ferma, invece, al 33,6 per cento la percentuale dei giovani disoccupati tra i 25 e i 34 anni.

«I timidi segnali di ripresa risultano del tutto insufficienti», commenta Davide Stasi, direttore dell’Osservatorio economico. «Continuiamo a pagare le conseguenze di una crisi senza precedenti. Basti pensare – sottolinea – che, nel 2006, gli occupati erano 248.652, ovvero 20.365 unità in più e il tasso di occupazione era del 46,7 per cento. Parallelamente, i disoccupati erano 43.238, cioè 25.254 in meno e il tasso di disoccupazione si fermava al 14,8 per cento. Ma occorre analizzare bene questi dati – precisa – perché se da un lato cresce la disoccupazione giovanile, dall’altro, è incomprensibile la difficoltà a reperire manodopera nei settori dell’artigianato».

La “ricetta” per contrastare il fenomeno della disoccupazione è quella di «creare un rapporto più stretto tra la scuola e le aziende per avvicinare i giovani alle attività artigiane. Occorre, in particolare, valorizzare la formazione professionale, rilanciando l’apprendistato quale strumento formativo fondamentale per trasmettere il “saper fare” e per inserire i giovani nel mondo del lavoro. La riforma dell’apprendistato serve a ridurre la distanza tra i giovani e il mondo del lavoro. Da un lato, i ragazzi potranno trovare nuove strade per imparare una professione, dall’altro – conclude Stasi – le imprese potranno formare la manodopera qualificata di cui necessitano».

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