Fatalità o azzardo dietro la morte di Taricone?
Non ce l’ha fatta il “guerriero”, che ieri pomeriggio è precipitato dopo un lancio da un aereo posizionato a quota 1500-2000 metri. È morto a 35 anni, lasciando nel dolore la compagna Kasia Smutniak e la figlia Sophie di sei anni. La salma di Pietro Taricone è stata messa a disposizione dei familiari per il funerale. Il Pm non ha disposto l’autopsia perché dagli accertamenti effettuati la dinamica dell’incidente appare chiara. Fino all’ultimo momento la speranza di tutti, parenti e fans, era che Taricone riuscisse a riprendersi. Lui che, fin dalla sua prima apparizione in tv nella prima edizione del reality show di Canale 5 del “Grande fratello” (nell'ormai lontano 2000), aveva affascinato il pubblico, presentandosi a tutti come un “guerriero”, un ragazzo genuino, schietto, forte e pronto a “combattere” per difendere le proprie idee. Il direttore di Canale 5, Massimo Donelli, ha deciso di dedicare la serata all'attore, tra La5 e Canale 5.
Ora, l’opinione pubblica si divide, seppur addolorata per la morte di un promettente attore di cinema e tv, tra il credere che sia stato il destino e che forse, senza aver per l’ennesima volta messo alla prova la propria vita, Taricone sarebbe ancora qui con noi.
Si poteva evitare? Troppe volte i giovani mettono in pericolo la loro vita con incoscienza, semplicemente spinti da una voglia di libertà “estrema”, che li porta a ricercare nuove sensazioni, anche in attività piuttosto “pericolose”.
Taricone sembrava fosse un esperto di paracadutismo, avendo più di cento lanci alle spalle. Una passione, questa, condivisa dalla compagna che, durante un lancio fatto recentemente, aveva subìto un piccolo incidente, risoltosi poi positivamente.
Ma è una consolazione morire facendo ciò che si ama? Quale può essere la motivazione che spinge a vivere fino in fondo una passione così rischiosa, anche quando si ha una compagna e una figlia?
Il pensiero di molti, ora, è rivolto alla bambina di sei anni che, oltre ad aver assistito all’incidente, da oggi non avrà più un papà, un uomo coraggioso, certo, ma forse anche un po’ imprudente rispetto a quelle che sarebbero potute essere le conseguenze di tale pratica.
Non è questo un tribunale, ma, in occasione di eventi del genere, ci si augura sempre che essi possano essere un esempio per coloro che oggi possono ancora scegliere in vita come spendere le proprie energie di uomini e non di “superuomini”, e in quali passioni e interessi investirle, consapevoli dei rischi.
Resta, però, l’altra faccia della medaglia, che ci invita a ricordare che talvolta, nonostante la valutazione dei rischi, il destino giochi comunque brutti scherzi, e che sia più fantasioso di noi nel creare situazioni imprevedibili. Ma tutto questo fa parte della vita e non possiamo tirarci indietro. Certo, un po’ di prudenza nelle nostre scelte e nelle azioni non può che fare bene, ricordando che “la vita è un teatro, ma non sono ammesse le prove” (Anton Pavlovic Cechow).
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