Barletta, scommetti, gratta e spera: ecco come i barlettani combattono la crisi

di Nicola Ricchitelli. Cosa hanno in comune una innocente slot machines riposta in un angolino di un ordinario bar o sala giochi che sia, un biglietto di scommesse con una puntata di 50 euro ed una presunta vincita che si aggira attorno ai duemila euro? Quasi nulla, visto che il tizio ha scommesso sulle vittorie di Novara, Atalanta, Siena e Catania (impegnate nell’ordine contro Milan, Juventus, Napoli e Udinese), quindi sul pareggio di Fiorentina, Parma e Chievo (impegnate contro Cagliari, Lecce e Bologna), nonché qualche 1,2,X, Over, Under buttati qua e là su di qualche altra partita di alcuni campionati stranieri – e quindi un biglietto di “Gratta e Vinci”? (scegliete voi tra Il Miliardario, Il Portafortuna, Sette e Mezzo e altre diavolerie di questo tipo): la disperazione.
Prendete un ordinario e anonimo sabato di maggio e divincolatevi qua e là tra un caffè al bar, una puntatina da un euro in uno dei tanti centri scommesse che stanno invadendo la città; metteteci poi che vi tocca la coda all’ufficio postale per bollette di luce, acqua e gas cui scadenze sono oramai impellenti.
Poi, prendete tre anonimi individui, gente ordinaria che vivono (o dovrebbero vivere?) la vita senza nulla a pretendere: Mario, un quarantenne cassaintegrato di un azienda tessile di Barletta – costretto a tirare avanti con la sua famiglia con poco più di 900 euro al mese – quindi Giovanni, giovane venticinquenne studente di Economia con all’attivo 5 esami in tre anni – dal diploma in poi ha lavorato solo qualche mese come cameriere poi niente più, dunque a tutti gli effetti disoccupato – e la signora Luisa, settantenne, vedova da oramai cinque anni, con una pensione che a stento tocca gli ottocento euro mensili.
 «Vuoi un “Gratta e Vinci”?»: tra una bolletta ed un versamento – mentre con la mano sul cuore si canta il de profundis alle ultime banconote da cento euro passate a miglior vita per colpa di luce, acqua e gas - i primi a tentare agli ultimi euro stipati nelle tasche sono proprio gli impiegati agli sportelli dei vari uffici postali dislocati qua e là nelle varie zone della città della Disfida.
E mentre con un amaro sorriso rispondi che in fondo di fortuna se ne ha anche troppa, ecco che allo sportello accanto, proprio la signora Luisa ha deciso di far lievitare i suoi ottocento euro di pensione tentando la fortuna con ben due biglietti de “Il Milionario” – conti alla mano dieci euro che si volatilizzeranno in meno di un minuto con poche grattate – che la bella e gentile signorina gli ha consigliato con tanto di sorriso a tutto tondo.
Con lo stesso sorriso, ma decisamente più amaro, la signora Luisa tenterà invano di nascondere la cocente delusione nonché la rabbia per aver gettato alle ortiche così tanti soldi, mentre lentamente guadagnerà la via d’uscita, forse al tabacchino lì ubicato proprio all’angolo della strada andrà meglio e ci si potrà rifare. Ed è proprio un caffè quello che ci vuole per distenderti i nervi e rilassarti un po’, visto che hai dovuto aspettare per ben cinquanta minuti prima che arrivasse il tuo turno lì all’ufficio postale.
Entri nel primo bar che ti capita a tiro e ordini un caffè, nelle solite squallide stanze nascoste dei vari bar riconosci Mario, un tuo ex collega di lavoro, quarantenne con tre figli da mantenere coi pochi 900 euro che la cassa di integrazione gli passa. Lui manco si accorge del tuo ingresso poiché è concentrato a buttar monete nella slot machines dinanzi a sé; il suo sembra essere un lungo e triste monologo: inserire moneta, premere tasto. La musichetta, poi, non fa altro che dar cattive notizie, ma lui, Mario, sembra non essersi accorto che quella, la slot, ha fame e mangia tanto, se non troppo.
Si sa, il caffè non è tale se dinanzi non hai un giornale: ecco quindi che sfoglio con la tazzina in mano le pagine di un giornale locale, proprio quel giornale che dedicò tempo addietro qualche pagina per celebrare attraverso un articolo un'attività di gioco d’azzardo, anche se la rabbia diventa doppia all’idea che proprio il sindaco di questa città sempre qualche mese addietro presenziò all’inaugurazione dell’apertura dell’ennesima attività operante nel settore del gioco d’azzardo.
Finito il caffè e finito di sfogliare il giornale pago la consumazione, mentre mi accorgo che Mario chiede al titolare del bar di cambiare in gettoni una banconota da 20 euro; il titolare, lanciandosi in una squallida opera di evangelizzazione, gli ricorda che è la terza banconota che cambia invitandolo con tono poco convinto a lasciar perdere, ma, “ci scommetto”, Mario è destinato a veder volar via anche quei venti euro.
 È l’ultima giornata di campionato. Buttar via un euro per scommettere sulle vittoria di Milan, Lecce, Napoli, Lazio e Cagliari - nonché sui pareggi di Juventus - Atalanta e Catania - Udinese – non mi sembra poi un reato. Si sa, oramai cercare un centro scommesse in questa città non è poi una cosa così proibitiva, e infatti ve ne sta uno proprio allo svincolo della strada.
Il locale all’interno pullula di uomini e ragazzini di ogni età; di norma i minori di diciotto anni non potrebbero scommettere, però questi scommettono ugualmente facendo giocare i loro biglietti a persone adulte di passaggio; così facendo, i titolari dei vari centri scommesse salvano la faccia e mantengono la forma evitando possibili sanzioni.
Avanti a me c’è Giovanni, lo conosco di vista, è da tempo iscritto alla facoltà di Economia e Commercio dell’università di Foggia, ma, stando alle fonti di alcuni amici che abbiamo in comune, pare che in tre anni abbia dato solo cinque esami. Suo padre - dopo essere stato licenziato dal calzaturificio dove vi ha lavorato per ben quindici anni - si guadagna da vivere facendo pulizie dividendosi tra studi professionali e portoni di condomini per circa 9 ore al giorno per sei giorni a settimana e per poco più di 900 euro al mese. Cinquanta euro per scommettere sulle vittorie di Novara, Atalanta, Siena e Catania, roba non dico impossibile ma al limite del proibitivo, ma lui recitando la sfilza di 1, X, 2, sembra avere quel fare da scommettitore di lungo corso, senza parlare di quell’aria da intelligente con cui dà la banconota da cinquanta euro, mentre orgoglioso esibisce ad un suo amico la cifra della possibile vincita. Giovanni, Mario e la signora Luisa: simboli di una società costretta a cercare nell’illusione della vincita facile – ma dove nella realtà è celato uno specchietto per le allodole “carico di speranze destinate ad essere disattese - ma basato su un concetto illusorio che viene inculcato nella mente delle persone, che potrebbe benissimo chiamarsi “pensiero magico”.

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