Consulta: illegittima privatizzazione servizi pubblici locali. "Vince la Puglia"
BARI. Con soddisfazione il presidente del Consiglio regionale Onofrio Introna accoglie la sentenza della Consulta sul ricorso della Regione Puglia contro le norme della finanziaria statale di ferragosto 2011, in materia di privatizzazione dei servizi idrici. “Un successo della linea politica assunta dalla Puglia nei confronti dell’acqua pubblica e nel rispetto della volontà popolare ribadita nel referendum”.“La posizione pugliese trova puntuale conferma - dice Introna – e la Corte Costituzionale ne sancisce la validità, mettendo al sicuro il sistema idrico regionale dalle aggressione del mercato”.
La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n.138 (''Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo'') convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sia nel testo originario che in quello risultante dalle successive modificazioni, che disponeva la possibilita' di privatizzazione dei servizi pubblici da parte degli enti locali, quindi anche il sistema idrico integrato, su cui pochi mesi prima c'era stato il referendum. Il governo insomma avrebbe cercato di reintrodurre la normativa sulla privatizzazione dei servizi pubblici locali abrogata dal referendum popolare.
Erano state sei regioni a fare ricorso: Puglia, Lazio, Marche, Emilia-Romagna, Umbria e Sardegna.
Nella sentenza, la Consulta spiega che ''la disposizione impugnata viola il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volonta' popolare desumibile dall'art.75 Costituzione, secondo quanto gia' riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale''.
L'articolo 4, rileva ancora la Consulta, ''e' stato adottato con d.l. n. 138 del 13 agosto 2011, dopo che, con decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011, n.113 (Abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni, nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 325 del 2010, in materia di modalita' di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica), era stata dichiarata l'abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell'art.23-bis del d.l. n. 112 del 2008, recante la precedente disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica''.
Con la richiamata consultazione referendaria ''detta normativa veniva abrogata e si realizzava, pertanto, l'intento referendario di 'escludere l'applicazione delle norme contenute nell'art. 23-bis che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle di gestione in house di pressoche' tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica (ivi compreso il servizio idrico)' (sentenza n. 24 del 2011) e di consentire, conseguentemente, l'applicazione diretta della normativa comunitaria conferente''.
Ma, prosegue la sentenza, ''a distanza di meno di un mese dalla pubblicazione del decreto dichiarativo dell'avvenuta abrogazione dell'art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008, il Governo e' intervenuto nuovamente sulla materia con l'impugnato art. 4, il quale, nonostante sia intitolato 'Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall'Unione europea', detta una nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, che non solo e' contraddistinta dalla medesima ratio di quella abrogata, in quanto opera una drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti in house, al di la' di quanto prescritto dalla normativa comunitaria, ma e' anche letteralmente riproduttiva, in buona parte, di svariate disposizioni dell'abrogato art. 23-bis e di molte disposizioni del regolamento attuativo del medesimo art.23-bis contenuto nel d.P.R. n. 168 del 2010''.
Per queste ragioni la Corte ''dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sia nel testo originario che in quello risultante dalle successive modificazioni''.
Paradossi nella proprieta’ privata
RispondiEliminaQualsiasi concetto per essere universalmente valido dovrebbe passare il test in una qualsiasi circostanza, anche in un paradosso. Senza “Si, ma” o “No, ma”, la risposta dovrebbe essere sempre la stessa in tutti i casi.
La domanda a riguardo e' questa:
la proprieta’ privata e’ un diritto umano?
Per esempio, cosa succederebbe se permettessimo la privatizzazione di tutti gli spazi sopra le nostre teste (come avviene gia' per le aereovie che sono di proprieta' di linee aeree private) ed i proprietari esigessero una tariffa da pagare per tutti coloro che volessero guardare in alto?
Sarebbe stato commesso un crimine se qualcuno non pagasse rifiutandosi di guardare solo in basso?
L’acqua potabile privatizzata da' spunto ad altri paradossi.
Ad esempio, considerata una popolazione sul punto di morire dalla sete che si impossessa delle riserve di acqua potabile di una societa’ privata.
Se la gente dopo avere bevuta tutta l’acqua se ne andasse senza pagare, sarebbe stato commesso un crimine?
La proprieta' privata non e' un diritto umano ma una convenienza accettabile solo quando non diventa "inconveniente" per la maggioranza.
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