Napolitano: sarà un anno difficile ma fiducioso negli italiani

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano durante il discorso di fine anno
ROMA. Giorgio Napolitano apre il suo discorso di fine anno con un pensiero ai militari all'estero. "Un augurio affettuoso a tutti voi, uomini e donne d'Italia, che vivete e operate in patria e all'estero, e in particolare a quanti servono da lontano la nazione, in suo nome anche rischiando la vita, come nelle missioni di pace in tormentate aree di crisi", dice il Capo dello Stato.

Giorgio Napolitano guarda "all'unità nazionale come bene primario da tutelare e consolidare". 'In questo spirito ho operato finora, secondo il ruolo attribuito dalla Costituzione al Presidente della Repubblica'', ribadisce.

"Alla vigilia di importanti elezioni politiche, non verranno da me giudizi e orientamenti di parte, e neppure programmi per il governo del paese, per la soluzione dei suoi problemi, che spetta alle forze politiche e ai candidati prospettare agli elettori". Nel suo discorso di fine anno, il presidente Napolitano sostiene di muovere "piuttosto dal bisogno che avverto di una considerazione più attenta e partecipe della realtà del paese, e di una visione di quel che vorremmo esso diventasse nei prossimi anni".

"Al di là delle situazioni più pesanti e dei casi estremi, dobbiamo parlare non più di "disagio sociale", ma come in altri momenti storici, di una vera e propria "questione sociale" da porre al centro dell'attenzione e dell'azione pubblica".

"E prima ancora di indicare risposte, come tocca fare a quanti ne hanno la responsabilità, è una questione sociale, e sono situazioni gravi di persone e di famiglie, che bisogna sentire nel profondo della nostra coscienza e di cui ci si deve fare e mostrare umanamente partecipi", spiega ancora il Capo dello Stato.

DI PIETRO: DISCORSO VUOTO E SENZ'ANIMA -  ''Il discorso del Presidente della Repubblica Napolitano quest'anno e' stato piu' vuoto che mai, senza anima, senza cuore e senza alcuna assunzione di responsabilita', anzi con un improprio autoelogio finale. Un compitino fatto di parole vuote e di circostanza''. Cosi' il presidente dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, commentando il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica.

''Il Presidente si e' rammaricato della mancanza di una nuova legge elettorale. Ma perche' non ha fatto il suo dovere mettendo il Parlamento di fronte alle sue responsabilita'? Per dare cosi' una risposta a quel milione e duecentomila cittadini che hanno firmato per ripristinare una legge elettorale che avrebbe permesso loro di scegliere chi mandare in Parlamento e chi mandare a casa. In questi anni non ha mai sollecitato le Camere per la risoluzione di quello scandalo che si chiama conflitto di interessi. In quest'ultimo anno non e' mai intervenuto facendo passare in cavalleria le oltre cinquanta fiducie chieste dal Governo che pure aveva sulla carta una massiccia maggioranza. Il presidente Napolitano ha raccontato il dramma del Paese senza rendersi conto che l'Italia e' in queste condizioni per colpa di tutte le istituzioni. Con la scusa della crisi, sono stati tolti i soldi ai cittadini e allo Stato ma sono stati dati alle banche. E questa e' la verita' che viene nascosta. Le famiglie si sono impoverite, i nostri giovani sono a spasso, i lavoratori - additati spesso nelle loro rappresentanze sindacali come i piu' conservatori - sono quelli che hanno pagato il prezzo piu' alto. A niente e' servito riempire le piazze di tutta Italia per gridare il malcontento generale del Paese e denunciare le ingiustizie sociali. Le istituzioni sono rimaste sorde a tutto questo. Al contrario di quanto e' accaduto, invece, alle caste e agli ordini professionali, a cui e' bastato solo alzare un dito per respingere qualunque ipotesi di riforma che potesse sfiorarli. I conti sono pesati solo sulle spalle dei poveri cristi, della gente onesta, dei giovani precari e delle famiglie. La ricetta dei professori era sbagliata e la via d'uscita percorsa finora era inadeguata. Serve un segnale forte contro queste politiche inique. E non possiamo accettare che, come accadde nel feudalesimo, si chieda l'obolo ai servi della gleba, mentre si mantengono intatti i privilegi, i patrimoni, i soldi della Casta e dei corrotti. Auspichiamo, percio', che il nuovo anno apra un nuovo corso, porti nuovi protagonisti e permetta ai cittadini di mandar via quanti hanno distrutto lo stato sociale'', conclude Di Pietro.