Il dialetto barese, Dante Alighieri e la cittĂ  di Bari: un recital alla Vallisa

Vittorio Polito. Il prossimo 21 marzo si svolgerĂ  nell’Auditorium “Vallisa” di Bari un interessante evento organizzato dalla Associazione Culturale “Tavole Magiche”. Saranno declamati alcuni brani della Divina Commedia di Dante Alighieri, sia nella versione originale che in quella tradotta in dialetto barese dall’illustre studioso Gaetano Savelli, che la realizzò agli inizi degli anni settanta, con il titolo «La Chemmedie de Dande veldat’ a la barese».

L’originalitĂ  dell’iniziativa sta nel fatto che Francesco Minervini, declamerĂ  in occasione del medesimo evento entrambe le versioni. Non è la prima volta che la Commedia dantesca viene recitata in vernacolo, non era sinora mai accaduto che la lettura in lingua e in vernacolo fosse contestuale e ad opera di un solo attore.

Il senso e lo scopo dell’iniziativa stanno a rimarcare gli aspetti “teatrali” della  Divina Commedia, che mirano a nobilitare ulteriormente il vernacolo barese. Nobilitare nel senso di offrire ulteriore dimostrazione che il vernacolo è strumento linguistico di tutte le forme e i generi definibili come teatrali e/o letterari. La Divina Commedia è stato oggetto di traduzioni in diverse lingue straniere, ma anche nei numerosi dialetti della nostra penisola. Si tratta di vere e proprie traduzioni eseguite da studiosi ed appassionati tanto dell’opera di Dante quanto del proprio vernacolo.

Il recital-concerto si terrĂ , come detto, nell’Auditorium della Vallisa: un contenitore che offre una suggestiva cornice d’epoca e collocato nel cuore della cittĂ  vecchia di Bari, quindi nel grembo del dialetto barese.

Un altro aspetto dell’iniziativa è costituito dalla costante presenza della musica. La lettura dei Canti, infatti, sarĂ  accompagnata ed intervallata dall’esecuzione di brani musicali, in modo da realizzare un armonioso connubio fra poesia e musica, dando vita ad un originale recital-concerto.

Franco Minervini è attore teatrale che ha interpretato sia lavori drammatici che comici, recitando tanto in lingua quanto in dialetto barese. Ha interpretato, tra l’altro, “Trappola per topi” di A. Christie, “La Passione secondo Iacopone da Todi”, “Ditegli sempre di sì” e “Non ti pago” di Eduardo De Filippo, “Nicolaus” e  “Sanghe amore e contrabbanne” di Vito Maurogiovanni. Attualmente cura la Lectura Dantis presso l’UniversitĂ  della terza etĂ  Puglieuropa della quale è presidente. Recentemente ha curato la regia della conferenza-spettacolo “Un mito sul lettino: Don Giovanni dalla psicologa” e ha preso parte al recital “Amleto siamo noi” di Giorgio Albertazzi messo in scena al Teatro Franco Parenti di Milano

Giulia Buccarella, che suona il violino dall’etĂ  di tre anni, ha vinto nell’anno 1977, a soli 7 anni, il Concorso Nazionale pianistico di Pescara; a 9 anni vince il Concorso Nazionale indetto dalla RAI come giovane talento italiano. Diplomatasi presso il Conservatorio Santa Cecilia a Roma a 16 anni, diveniva docente di violino all’etĂ  di 18 anni come vincitrice del concorso ministeriale. Ha vinto numerosi premi in concorsi italiani ed internazionali; tiene concerti come solista e in duo sia In Italia che all’estero. Attualmente è docente presso il Conservatorio “N. Piccinni” di Bari. Suona un violino contemporaneo Claire Chaubard oltre ad un Jacob Stainer e un prestigioso arco Jacques Poullot.

Va detto, a proposito di Dante, che Bari può sentirsi orgogliosa di essere stata citata nella Divina Commedia, citazione che la Puglia divide solo con Brindisi e che molte cittĂ  importanti ci invidiano (Armando Perotti «Bari dei nostri nonni» - Adriatica Editrice, Bari 1975, pag. 55-56).
Quanto sopra lo ricorda anche Nicola Roncone nella sua corposa pubblicazione «L’Istria e la Puglia negli Studi di Francesco Babudri» (Ed. Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Bari 2007, pag. 109), nella quale si legge che la nostra cittĂ  non è citata come un insignificante inciso, ma come termine essenziale nella trafila di un discorso in uno dei piĂą delicati Canti del Paradiso, l’ottavo, in cui traspira il dramma della mancata vita di un principe magnifico, Carlo Martello, il quale se fosse vissuto piĂą a lungo, avrebbe saputo compiere tante belle imprese di pacifica e proficua politica. In questo ambiente di luce appare il nome di Bari, circoscrivendo una configurazione politica di grande momento.


«Quella sinistra riva che si lava
di Rodano poi ch’è misto con Sorga,
per suo segnore a tempo m’aspettava,
e quel corno d’Ausonia che s’imborga
di Bari e di Gaeta e di Catona,
da ove Tronto e Verde in mare sgorga.»