“In tempo di crisi metà del cibo prodotto finisce in spazzatura”

“Il fenomeno mondiale sta assumendo dimensioni raccapriccianti – spiega Stefàno – e tocca anche il nostro Paese, dove sarebbe interessante sapere a quanto ammontano, rispetto alle quantità prodotte, gli stock alimentari che finiscono direttamente in discarica. Il nostro Governo intende intervenire su quello che è un vero e proprio paradosso della nostra epoca? Infatti, mentre da un lato la crisi acutissima si abbatte sulle nostre famiglie e imprese, dall’altro si assiste ad uno spreco insopportabile di alimenti ”.
“È un tema molto delicato che intreccia diversi ambiti di intervento – sottolinea ancora Stefàno - come spiega il Rapporto dell’Institution of Mechanical Engineers (IME) “Global food, waste not, want not”. Le cause, nel Paesi occidentali, sono dovute essenzialmente alle date di scadenza troppo ravvicinate indicate sulle etichette, mentre, sempre secondo il Rapporto IME, nei Paesi in via di sviluppo è da addebitare all’arretratezza delle pratiche tecniche e agricole. Secondo le Nazioni Unite entro la fine del secolo ci saranno altri tre miliardi di persone da “sfamare”, mentre nei Paesi occidentali quasi un terzo delle colture non viene raccolto per l’incapacità di soddisfare gli standard rigorosi dei venditori “sul loro aspetto fisico”. È un fenomeno che impatta terribilmente sull’ambiente: si pensi, ad esempio, che circa 550 miliardi di metri cubi d’acqua viene usata in colture che non raggiungono mai il consumatore. Per la produzione di carne, poi, la quantità di acqua cresce anche di 25/50 volte. Secondo il rapporto Ime, la domanda di acqua per la produzione alimentare potrebbe diventare insostenibile già a metà del secolo. È urgente, dunque, agire”.
“Per questo – conclude il senatore – è importante effettuare una ricognizione sui numeri che riguardano il nostro Paese e porre contemporaneamente delle iniziative che da un lato sollevino il tema a livello internazionale e dall’altro promuovano campagne di educazione alimentare sin dalla scuola dell’obbligo, pensando magari di introdurre nei cicli scolastici la materia di “educazione alimentare ed educazione alla scarsità delle risorse naturali”.