L’intervista di Pierdavide Carone: "Lucio Dalla mi ha ascoltato…"
di Nicola Ricchitelli - In concerto il prossimo 28 luglio a Conversano, abbiamo fatto con Pierdavide Carone una lunga chiacchierata tra presente, passato e futuro.
D: Dunque Pierdavide, il prossimo 28 luglio avremo la possibilità di ascoltarti a Conversano. Cosa devono aspettarsi i fans pugliesi in questo concerto?
R: «La notizia principale è proprio quella del mio ritorno nella mia terra dopo tanti anni. Musicalmente parlando, diciamo che ci sarà un lungo viaggio attraverso tutti quei brani che mi hanno accompagnato in questi tre - quattro anni e che mi hanno portato fin qua, “la donna dell’ospedale”, “Jenny”, “di notte”, fino agli ultimi episodi della mia vita che mi hanno visto coinvolto con Lucio Dalla, e quindi Sanremo con “Nanì”. Nel corso di questi 3-4 anni sono sempre stato abbastanza trotterellato se cosi si può dire, tra un disco e l’altro senza neanche rendermene conto di quello che accadeva, adesso per il primo anno dopo un po’ di tempo, non ho un disco nuovo da proporre – è in fase di preparazione – visto che mi so voluto prendere un po’ di tempo per riflettere su un po’ di cose, quindi è la prima tournée slegata da questo o quel disco, e sarà un bel modo per riassumere - anche per me – e fare mente locale su ciò che ho combinato in questi 4 anni, quindi ci sarà spazio per tutto e per tutti gli album fin qui prodotti».
D: Pierdavide, sappiamo delle tue origini pugliesi, tra l’altro proprio nella tua città natale – Palagianello – muovi i primi passi nel mondo della musica, suonando nella band "Whiskey & Cedro". Che ricordi conservi di quel periodo?
R: «I Whiskey & Cedro è stata una delle prime esperienze importanti che ho fatto. Io già suonavo, ma un conto è strimpellare con una chitarra dentro casa, un altro è iniziare a relazionarsi con il pubblico, coi palchi. Spesso si finiva a suonare nei pub, nelle birrerie, insomma è stata la cosi detta gavetta. Tra l’altro io nei Whiskey & Cedro ero chitarrista e compositore delle musiche e ad affiancarmi in quella avventura c’era un cantante e autore di testi che mi ha insegnato molto, si può dire che è stato il mio primo maestro. Tutti parlano dei maestri eccellenti, tutti parlano ovviamente di Lucio, e di quanto lui mi abbia insegnato in uno step in cui avevo già maturato determinate cose. Invece i Whiskey & Cedro è un’esperienza che mi porto dietro perché il mio partner in quella avventura aveva molti anni più di me, mentre io ero un novellino avendo più o meno 13-14 anni e davvero ho imparato suonando, visto che molti prima imparano e poi suonano, io invece sono salito su un palco che sapevo far poco e mi so dovuto ritrovare a crescere in fretta».
D: Poi sono arrivati i “Terràros”…
R: «I Terràros erano agli antipodi e per me è stata una cosa positiva visto che arrivavo dai Whiskey & Cedro. Quella è stata un’esperienza pop – rock, più rock che pop se vogliamo, quindi ero abituato a suonare la chitarra elettrica, a fare “casciara” sul palco e saltare da una parte all’altra. Mentre con i Terràros mi sono ritrovato in un contesto totalmente diverso, visto che si suonava musica popolare, ho dovuto smettere i panni di chitarrista elettrico per imbracciare la chitarra acustica, e approcciarmi ad un altro tipo di suono, perché ovviamente i suoni della nostra terra sono sicuramente diversi dal rock, che seppur fatto tante volte in Italia, resta comunque un genere non delle nostre parti. Devo dire quindi che i Terràros mi sono serviti per creare questo legame, questa empatia con la mia terra, perché attraverso quella esperienza io ho potuto conoscere brani della nostra terra, e attraverso i brani conoscere le storie e le esperienze dei nostro pro genitori».
D: A cavallo tra il 2009 e il 2010 si può dire che la tua vita artistica viene sconvolta. Partecipazione alla nona edizione di Amici, la vittoria a Sanremo come autore del brano di Valerio Scanu – Per tutte le volte che… - come hai vissuto quei momenti?
R: «Devo dire che quello è stato un momento strano, perché poco prima che Maria pronunciasse il fatidico SI, io ero lì li per smettere perché comunque la mia terra che tanto mi aveva dato nei primi anni iniziava però a togliermi qualcosa, mi accorgevo che rimanendo dov’ero non riuscivo a farmi sentire, era come urlare in una camera asettica e quindi iniziavo davvero ad essere scoraggiato. Tra l’altro ero entrato da poco a lavorare in un casello autostradale che comunque esulava da quello che avevo fatto in tutta la mia vita, quindi devo dire che mi stavo comunque guardano attorno. Certo continuavo a suonare però non riuscivo a tirar su più di tanto da ritenermi soddisfatto, soprattutto economicamente, visto che poi bisogna fare i conti anche con quello. Per cui Amici arrivò in un momento in cui ero molto scoraggiato e paradossalmente nello scoraggiamento, andai nello studio di Amici quasi per scherzo, in una sorta di provocazione, infatti il primo pezzo che suonai era una sorta di presa in giro di tutto il modello discografico che mi ignorava per il solo fatto di essere lontano dal gota – che può essere Milano piuttosto che Roma – ed infatti cantai una canzone pop che prendeva in giro un po’ tutti. Però la cosa paradossale fu, che Maria – persona intelligente e brillante qual è – ha colto il messaggio e non ha visto tutto ciò come segno di arroganza ma come una provocazione sana segno di un disagio che in quel momento stavo vivendo, per cui mi è cambiata totalmente la vita, visto che sono diventato parte di quel mondo pur senza snaturarmi, visto che mi considero lo stesso di quattro anni fa a livello compositivo, pur essendoci evoluzioni a livello compositivo, però i contenuti rimangono invariati e “Nanì” è la dimostrazione. Poi in mente mi arrivò quel brano – “Per tutte le volte che…” - che poco centrava con quello che stavo facendo fino a quel momento, e devo dire che anche quello è stato un bel colpo visto che era difficile aspettarsi quel “…in tutti i luoghi e in tutti i laghi…” da uno che aveva cantato brani come “Jenny” ecc, invece mi arrivò questa sorte di folgorazione, e Maria anche lì è stata abile a capire che quel brano poteva calzare più per un’artista come Scanu abituato a cantare quel tipo di cose rispetto a me che ero ancora quello strampalato, quindi è andata bene a lui, e di riflesso a me, visto che sono riuscito ad affermarmi come autore e iniziare a credere di poter scrivere anche cose un po’ più romantiche e a decontestualizzarmi da un contesto sociale che non ho abbandonato. Poi era giusto creare una trait d'union, e devo dire che “Nanì” e l’esempio lampante visto che unisce in qualche modo i miei due diversi specchi dell’anima, quello più scanzonato e quello uno un pò più romantico, visto che nel brano c’è la storia di un ragazzo innamorato che vive un contesto sociale forte, e una donna che non può innamorarsi di un ragazzo perché fa la prostituta quindi c’è un po’ tutto».
D: Un momento importante a seguito della partecipazione di “Amici” è stata sicuramente la partecipazione al Festival di Sanremo lo scorso anno assieme al grande Lucio Dalla. Cosa ci puoi raccontare di questa esperienza?
R: «La risposta credo sia già contenuta nella domanda in sé, nel senso che la presenza di Lucio Dalla azzerava qualsiasi cosa. La presenza di Lucio ha rotto degli argini che comunque erano lì lì per scricchiolare, è stata una presenza importante perché, per quanto ci fossero stati comunque altri personaggi prima di me a Sanremo legati al mondo dei talent, venivamo comunque visti come quelli protetti da chissà quale cupolone e che entravano nel circuito sanremese pur senza meriti. In questo la presenza di Lucio ha delegittimato tutte queste congetture. La sua presenza è stata una sorta di parafrasi al fatto che anche da un talent può venir fuori un qualcosa di interessante meritevole di essere ascoltato, ed infatti lui mi ha ascoltato».
D: Pierdavide, quale il tuo ricordo del grande Lucio Dalla?
R: «Ricordi ce ne sono tanti, magari è giusto dire che ho avuto il privilegio di aver conosciuto il Lucio Dalla uomo oltre il Lucio dalla artista e in qualche modo una parte serviva a giustificare l’altra, perché attraverso la conoscenza della sua musica che per anni mi aveva accompagnato nel mi percorso artistico – visto che ero praticamente un grande fan di Lucio – e mi era comunque servita quella fase lì, visto che attraverso le sue canzoni ero riuscito ad avere delle chiavi di lettura che mi sono servite per approcciarmi nella composizione. Poi però, conoscendolo di persona, passandoci del tempo insieme, sono riuscito a capire perché scriveva certe determinate cose, riuscendo a creare una trait d'union tra il Lucio artista e il Lucio persona. Quindi devo dire che questa è stata la cosa più bella, il regalo più bello che mi ha fatto, cioè essersi concesso a me non solo come artista ma anche come essere umano».
D: Pierdavide, parlavi del tuo prossimo album... puoi anticiparci qualcosa?
R: «Nel mio prossimo album c’è e ci sarà tanto di cui parlare, in alcuni casi dovrò fare anche delle scelte altrimenti si rischia di fare un disco triplo. Questo è sicuramente positivo, perché vuol dire che sono stato molto attivo dal punto di vista compositivo. Ho girato molto, ho cercato di vivere un po’ e quando sei sempre in giro vedi aeroporti, palchi, macchine e alberghi. Di cose vere e concrete ne vedi poche, però quelle sono il cardine su cui permea tutta l’ispirazione e tutta la composizione, quindi era giusto dedicare un po’ di tempo tutto per me per comporre e scrivere. Forse posso dire che sarà un disco un po’ più riflessivo, un po’ più dell’anima, visto che sono stato sempre un tipo narrativo. Però in questi ultimi tempi ho vissuto delle cose nel bene e nel male che mi hanno scosso e cambiato. Sarà un disco non vorrei dire esistenzialista – per non cadere nel kafkiano – ma di sicuro sarà un disco dell’anima oltre che della vita».
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