Russo, l’artista che scava l’anima della materia

GALLIPOLI (LE) – Osserva una pietra che affiora dalla terra rossa, scavata dal vento e la pioggia, un tronco d'ulivo abbandonato accanto a un muretto a secco e già "vede" l'opera che contiene, e che grazie alle sue grandi mani presto sarà. Vito Russo è un artista visionario, che scava paziente l'anima della materia, la scopre a se stessa, la enuclea dal contesto dove dormiva da un milione di anni per farla rinascere a nuova vita per i prossimi millenni, gli anni-luce di cui il tempo è gravido.   
   14 opere, le ultime "visioni", rivelazioni, sono in mostra a Gallipoli (Museo Diocesano, sino al 27 di questo mese), accattivante il titolo: "Apparenze". Carico di simbolismo: nel senso che noi comuni mortali vediamo un sasso insignificante, cosa inutile, l'occhio affinato dell'artista invece l'opera in nuce. E che sbozza in pezzi unici in pietra di Pescoluse (il mare smeraldo di Salve dove è nato e vive dopo aver insegnato all'Istituto d'Arte di Lecce e aver rifiutato una cattedra all'Accademia di Belle Arti di Roma) o ulivo secolare.
   Ma Russo ha domato anche il ghiaccio con performance ormai passate alla storia dell'arte, da Livigno (1997, "Art in ice"), col figlio Dario e l'allievo Giovanni Scupola, a Nagano (Giappone) l'anno dopo, medaglia d'argento con una scultura di ghiaccio. In questi giorni lavora a "Paolo e Francesca", opera in marmo commissionata da un facoltoso uomo d'affari di Oslo, mentre a fine mese inaugura alla chiesa delle Pescoluse un altare e un tabernacolo scavati nel cuore di pietre emerse durante i lavori e che erano là dall'inizio del mondo.
   "Ho intrapreso da tempo un percorso che tende al recupero dei materiali della mia terra, il Salento – osserva spiegando l'input estetico del suo essere artista completo, scultore e pittore – scavo la materia trovata per caso, per un nuovo modo di cercare la forma che la stessa materia contiene". Ma la sua dimensione artistica si spinge oltre, sconfina in una valenza antropologica, etica, storica, ma anche religiosa: "Cerco un filo conduttore fra Oriente e Occidente, Roma e Bisanzio, anche sotto l'aspetto spirituale, che unisca antico e moderno, che ne rappresenti la sintesi". 
   Dà dignità non alla nobile, superba pietra leccese, o la sontuosa pietra di Trani, Apricena, Alessano, Gallipoli, Cutrofiano, Cursi o Soleto, che sfavilla al sole incastonata nei portali barocchi o sulle facciate delle cattedrali, ma quella senza pedigrèe, modesta, umile. La pietra di scarto richiamata dal Vangelo diviene così testata d'angolo sottratta al silenzio, pronta  a entrare in aperta, ricca dialettica con tutti noi, raccontando antiche storie, scagliandosi verso il cielo con le sue forme audaci e smussate, i colori irriproducibili della terra che l'ha sgravata, dello scoglio verde verso Otranto o rossiccio correndo giù verso Leuca.
   Anche un ciottolo raccolto sulla riva del mare ha un'anima, ci dice l'artista pugliese: trattato con amore da una mano lieve ma decisa può darci una bellezza che il tempo aveva celato a lungo ma non negato: e che aspettava solo una sensibilità e una mano sapiente per donare stupore, raccontare favole, stillare emozioni antiche eppure nuove.   
   Russo dà alle cose insignificanti e apparentemente morte una nuova vita: la tenerezza di una "Maternità", le forme ridondanti, echi di culture lontane ma condivise, confronti che hanno lasciato contaminazioni respirate con l'aria in altri meridiani e paralleli. Il tutto in un contesto, la sua terra ricca di energia e colore, che emerge da ogni opera e si colloca in sinergia con i luoghi e la natura circostante, dialogando con i suoi silenzi carichi di parole primitive, idee, concetti, sottintesi, instaurando un'osmosi fra gli uomini e fra essi e la natura vista come madre affettuosa e generosa.
   Un'affabulazione ricca di echi e risonanze lasciati dai pellegrini, i guerrieri, gli invasori, immigrati che nei millenni passati si sono affacciati al confine fra Oriente e Occidente (l'artista chiama la Puglia il "cordone ombelicale fra l'Europa e il Mediterraneo, fra la cultura orientale e quella occidentale") in un intreccio di civiltà, un melting pot di cui siamo la sintesi anche se, forse spaventati, non ne avvertiamo la possente ricchezza.
   Russo persegue da sempre un Umanesimo della pietra capace di incantare il distratto viaggiatore del nostro tempo, che se solo ne avvertisse la voce melodiosa potrebbe ascoltare i silenzi così pregni di significati significanti che sgorgano  dal suo cuore e forse giungere a un nirvana in grado di placare i crampi d'angoscia della modernità che turbano i giorni che accidentalmente si trova ad attraversare.