Ilva: il discorso integrale di Vendola in Consiglio regionale. Zullo (Pdl) chiede dimissioni

BARI -  E' approdata in Consiglio regionale la discussione sull'intercettazione del colloquio tra il governatore Nichi Vendola e l'ex pr Ilva Girolamo Archinà, nell'ambito dell'inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici Ilva.

IL DISCORSO INTEGRALE DI VENDOLA - Ringrazio innanzitutto la mia maggioranza, ma ovviamente ringrazio pure la opposizione, per l’occasione che mi viene offerta di difendere non solo una biografia individuale, ma anche una storia collettiva, che è politica, è scientifica, è culturale, è civile. Di difenderla da una calunnia insopportabile che si esercita con lo stile del processo mediatico, la barbarie travestita da giustizia fai da te, il soffio maligno sulla piazza. Di difenderla più che con ragionamenti sofisticati su quanto sia paradossale discutere di Ilva a parti rovesciate, difenderla con il racconto delle cose, atti, fatti, leggi, investimenti. Gli smemorati discettano di Ilva, come se non ci fosse un prima, un durante e un dopo, rispetto a ciò che accadde in Puglia nella primavera del 2005. Perdonatemi la pignoleria, ma ho pensato di allegare a questa relazione un significativo campione documentale che include atti amministrativi e normativi, corrispondenza istituzionale, rassegna giornalistica e che può essere utile come riscontro della mia ricostruzione di vicende che hanno rappresentano una svolta nelle politiche ambientali in Italia.

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Come eravamo: lo stato dell’arte
(quarantennio 1965 – 2005)
Cominciamo dall’inizio, da cosa troviamo, dallo stato dell’arte. La situazione è assolutamente desolante, la Puglia non ha strumenti evoluti di tutela ambientale, non ha Protezione civile, non custodisce le sue coste, non cura i suoi corsi d’acqua, gioca d’azzardo con l’amianto alla Ex Fibronit di Bari, è in infrazione comunitaria per le mancate bonifiche a Manfredonia, per il mancato adeguamento della rete di depurazione alle norme europee, per la carenza di parchi e di aree protette. E’ una regione a rischio di accogliere un rigassificatore nella pancia di Brindisi e un paio di centrali nucleari magari nel Salento: non sono fumetti questi, ma cronache recenti di casa nostra.
Quando si insedia il primo governo regionale Vendola (primavera 2005) la situazione dell’ordinamento di settore, dello stabilimento tarantino e del territorio circostante è la seguente:

STATO DI CRISI AMBIENTALE - Il sito è incluso in area dichiarata “ad elevato rischio di crisi ambientale” come definito dalla L.426/1998 e individuata dal D.P.C.M. 30.11.1990, reiterato con D.P.C.M. 30.7.1997 e in seguito inclusa nel D.P.R. 23.4.2998 di adozione del Piano di risanamento.
L’area tarantina è altresì inclusa in un Sito di bonifica di Interesse Nazionale.
Dunque, nel 2005 il sito è già da 15 anni ricompreso in area ad elevato rischio di crisi ambientale ma non vi sono sostanziali iniziative in atto.

STABILIMENTO ILVA - L’impianto è funzionante dall’anno 1965 con oltre 200 camini attivi.
Lo stabilimento è dotato di una semplice autorizzazione alle emissioni in atmosfera rilasciata  nel 2003 ai sensi del DPR 203/1988 (allegata), che si limita ad elencare i numerosi punti di emissione e a disciplinare Polveri, NOx e SOx, oltre a dettare alcune prescrizioni gestionali. Prevede controlli a carico di ARPA e ASL che non vengono mai eseguiti.
Nessun dato sulle emissioni viene acquisito o reso noto dal 1965 al 2001.
Dal 2001 in poi sono disponibili solo dati autodichiarati dall’impresa all’inventario INES – EPER:
Diossine e furani: dai 71,4 g/a del 2002 ai 91,5 del 2006;
Mercurio: dai 1181 kg/a del 2002 ai 1827 del 2006;
IPA: dai 28.548 kg/a del 2002 ai 35.480 del 2006;
Benzene: dai 188.236 kg/a del 2002 ai 231.387 del 2006;
PCB: dai 92,8 kg/a del 2002 ai 119 del 2006;
Piombo: dai 57.718 kg/a del 2002 ai 74.688 del 2006;
Arsenico: dai 118 kg/a del 2002 ai 1116 del 2006

Gli unici interventi di miglioramento delle performance ambientali dello stabilimento tarantino erano quelli previsti, in via pattizia, con le intese in data 8 marzo 2003, 27 febbraio 2004 e 15 dicembre 2004.
Dunque nel 2005 non esistono serie di dati storici idonei e non vi sono forme di monitoraggio e controllo in atto. Nonostante ciò i dati auto-dichiarati evidenziano livelli molto alti di emissione.

ARPA - La struttura tecnico-scientifica a servizio delle Istituzioni è rappresentata dall’Agenzia Regionale di Protezione dell’Ambiente.
L’ARPA è una struttura prevista dalla l. 61/1994, che però la Puglia istituisce solo con l.r. 6/1999.
L’attivazione effettiva dell’Agenzia avviene solo nel 2003 (Direttore Generale Alfredo Rampino), attraverso la fusione dei Presidi Multizonali di Prevenzione delle ASL.
Nel 2005, la pianta organica di ARPA prevede 832 unità, ed invece ha solo 301 dipendenti, che include il personale trasferito dalle ASL e quello in comando.
Il Dipartimento di Taranto ha un numero del tutto insufficiente di dipendenti, e nessuna strumentazione utile per l’analisi delle diossine/furani ed in genere per valutare gli effetti delle pressioni ambientali dell’area industriale tarantina.
Quanto agli organici, si consideri che il Dipartimento di Taranto, nel 2005, ha solo 30 unità, cioè circa la metà degli altri Dipartimenti provinciali, che pure operano in territori con pressioni ambientali infinitamente inferiori (Bari 61, Brindisi 55, Foggia 55, Lecce 57, Taranto 30).
Dunque, nel 2005 ARPA non ha mezzi, risorse ed attrezzature idonee a consentire di valutare e fronteggiare le pressioni industriali dell’area tarantina; il Dipartimento di Taranto ha la metà del personale degli altri Dipartimenti.

LE NORME
Quali sono le principali normative statali in materia di ambiente applicabili ad ILVA nel 2005?  Vediamo: la situazione sembra eccellente, per Ilva.
- Non sono previste autorizzazioni integrate, ma singole autorizzazioni  compartimentate (come quella che autorizza le emissioni in atmosfera di ILVA).

- Limiti alle emissioni di diossina:
-  DM 12/7/1990: 10.000 ng/mc
-  DM 19/11/1997 (decreto Ronchi-Bindi-Bersani) 10.000 ng/mc

- Benzoapirene: DM 1994 che prevede, dal 1999, un obiettivo di qualità di 1 ng/mc, mai applicato; mai nessun monitoraggio valido ai sensi delle norme vigenti risulta eseguito al 2005.
- La legge regionale 7/1999 prevede l’abbattimento del 20% delle emissioni in atmosfera previste da norme o autorizzazioni in relazione agli impianti insediati delle aree a rischio di crisi ambientale (art. 5).

Dunque, nel 2005 ILVA può continuare ad emettere inquinanti senza violare leggi o autorizzazioni anche perché i limiti emissivi sono altissimi e sostanzialmente inutili e non risultano espletate attività di controllo.

I CONTROLLI - La rete regionale di centraline parte solo a maggio 2004.
Nessun controllo a camino viene mai eseguito in relazione allo stabilimento ILVA
Dunque, nel 2005 non si ha alcun dato ambientale consistente e nessuna attività di controllo al camino già eseguita o in corso di esecuzione.

ANALISI DELLO STATO DI SALUTE - Nel 2005 la normativa vigente non prevede l’esame dell’impatto sanitario delle emissioni industriali, neanche in sede autorizzativa (DPR 203/1988).
Nel periodo 1999-2003 ha operato il Registro Tumori Jonico Salentino, istituito come mero progetto di ricerca dall’Università di Bari (prof. Giorgio Assennato) nell’ambito dei Piani di disinquinamento delle aree di crisi ambientali di Brindisi e Taranto, senza alcuna forma di istituzionalizzazione: vengono comunque fornite le prime stime di incidenza tumorali del triennio 1999-2001. In quel contesto, il gruppo di ricerca guidato dal prof. Assennato effettua anche studi sull’esposizione ad IPA nei lavoratori della cokeria.
In quel periodo erano comunque disponibili i dati di ospedalizzazione e di mortalità.
Fino al 2005, dunque, a fronte delle prime evidenze di criticità sanitarie, non era attivo alcun sistema di monitoraggio ambientale sistematico, né sull’aria ambiente (tantomeno all’interno dello stabilimento), né sulle emissioni dei camini. Gli unici dati disponibili erano quelli autocertificati dall’azienda nell’ambito dell’ European Pollutant Release and Transfer Register (E-PRTR).


Il dibattito in aula
Giammarco Surico. Abbiamo chiesto al presidente Vendola di relazionare su quanto stava accadendo. In gioco non c’è solo la credibilità di una persona ma quella di un’intera istituzione. Ricordare ciò che è stato fatto in Giunta e in Consiglio regionale dal 2005 in poi è importante per far desistere dalla tentazione di essere giustizialisti o garantisti a corrente alternata, soprattutto quando a giudicare è il potere mediatico. Tornando alla questione della telefonata, occorre concentrarsi su quale fosse il fine: il presidente Vendola ha confermato la sua preoccupazione per il rischio ambientale, ma soprattutto per la questione del lavoro. Si tratta di un’equazione difficile da far quadrare, quando si devono contemperare tutela della salute, dell’ambiente e del lavoro. Quello che la Regione Puglia ha fatto in termini di leggi e regolamenti è motivo di vanto, e l’operato di una persona non può essere giudicato da un’intercettazione: vanno piuttosto chiarite le motivazioni e valutate le consizioni che hanno portato a determinate scelte.

Roberto Ruocco. E’ necessario porre il problema in termini diversi e capire perché il dibattito non è nato all’indomani dell’inchiesta giudiziaria, ma solo successivamente alla diffusione delle intercettazioni. Nella telefonata del presidente Vendola ciò che è politicamente rilevante è il passaggio in cui dice “io non mi sono defilato”: una dichiarazione che stride con l’immagine rivoluzionaria ed ammaliante di “diverso, sovversivo, pericoloso” con cui affrontò e vinse le elezioni del 2005 e che in qualche modo sancisce la chiusura di un ciclo politico. E’ arrivato il momento che Vendola lo riconosca.

Euprepio Curto. Più che attaccare il presidente Vendola sulla questione delle intercettazioni, ritengo più opportuno affrontare la discussione sotto il profilo istituzionale e politico: in primis quello dell’opportunità di un presidente di Regione di ricercare a tutti i costi “consensi unanimi” e di essere animato da “passioni trasversali”. Il motivo per cui Vendola va attaccato e censurato è la sua ripetuta assenza dagli impegni politici regionali, ai quali preferisce la ribalta nazionale, tradendo così il patto di fiducia con i cittadini pugliesi, ai quali continua a vendere bugie per ricostruire una credibilità che in questo momento è al minimo storico.

Francesco Damone. Non sarà un’intercettazione distorta ad oscurare l’operato “trasparente” del presidente Vendola: la credibilità si acquista con l’impegno, così come egli ha dimostrato di saper fare in questi anni. Non dobbiamo consentire che si perda il rispetto per le istituzioni, e per questo è necessario un discorso serio e approfondito su quale sia il compito della classe politica stretta come in questo caso, tra la necessità di tutelare l’ambiente e l’esigenza di assicurare posti di lavoro.

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