I quattro Vangeli in dialetto barese di Luigi Canonico

di Vittorio Polito - Vangelo (o i Vangeli), che vuol dire ‘buona novella’, è il nome dato ai quattro primi libri del Nuovo Testamento detti ‘canonici’, in quanto accolti nei canoni della Bibbia che a sua volta è il complesso delle Scritture sacre dell’ebraismo e del cristianesimo, comprendente cioè i libri dell’Antico e del Nuovo Testamento.

Luigi Canonico, noto poeta dialettale barese, che ha pubblicato alcuni libri di poesie, proverbi ed altro, si è cimentato, questa volta, con un’ardua e complessa opera, la traduzione in dialetto barese dei Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
Il notevole lavoro fatto da Canonico si intitola «U Vangèle chendate da le quatte evangeliste: Matté, Marche, Luche, Giuanne veldate a la barése», Stampa Pressup, Roma 2014).

Tradurre in dialetto barese il Vangelo è una grande responsabilità in quanto bisogna trasporre in un’altra lingua, in linea di massima senza regole condivise, quanto scritto della vita di Gesù da quattro persone timorate di Dio Lo stesso autore che ha dedicato tanto studio alla lettura ed interpretazione delle varie Bibbie scrive «iì non zò nu speggialiste de la lèngua grèche usate da le scretture de tanne, me so abbeggiate a ttande veldate modèrne strafìne de la Bibbie, ca, come discene le cchjù ddotte ndra le chidde ca stedièscene chisse cose, s’avvecinene de cchiù a le scritte oreggenale». I Vangeli, com’è noto, furono scritti in lingua greca, ad eccezione di quello di Matteo che fu scritto prima in lingua ebrea e poi tradotto in greco.

La traduzione in dialetto barese del Vangelo è importante poiché consente ad un maggior numero di persone di conoscere il comportamento di Gesù sulla Terra e cosa ha trasmesso in relazione al suo sacrificio e l’utilità che noi possiamo trarne da tale vicenda.

Canonico ha inserito (in dialetto barese) anche alcune parole, poco conosciute, inserite nei Vangeli come Dazzìire (agenti delle tasse), Dècapele (distretto comprendente dieci città abitate da greci ed ebrei al tempo di Alessandro Magno), Senèdrie (corte giudiziaria), ed anche il significato di alcuni nomi: Abraàme (Attane de na marè de ggènde); Giacobbe/Giagheme (Ca s’arrobbe u poste – ca nonn’è u su); Sabbèdde (U Ddì mì iè abbennanze), ecc.

Infine, c’è la scionde (aggiunta o aggiornamento) con un elenco di “Chìsie cattoliche e protèstande”, di “Combositure, scretture, puète ca chiamene Ddì cu nome su Gèove”, di “Museca saggre”, la “Conglusione sope o nome de Ddì” ed anche l’elenco dei testi principali consultati dall’autore facenti parte della sua biblioteca privata. Non manca neanche un piccolo vocabolario delle parole usate nel libro

Un lavoro, quello di Canonico, degno della massima attenzione e per il quale non si può che esaltare il suo lavoro per avere contribuito ad arricchire il dialetto barese con un’opera non comune e originale che rimarrà nella storia di Bari.

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