Salone del Libro di Torino: Domenico Quirico lancia appello stop violenze in Ucraina

di Dario Durante - È un forte atto di accusa nei confronti dell'Unione europea quello che Domenico Quirico, inviato di guerra per conto del quotidiano “La Stampa”, ha lanciato dal Salone del libro di Torino, in uno degli incontri della kermesse culturale appena conclusa.

Il dramma in atto nell'Ucraina, infatti, è, agli occhi del giornalista, la manifestazione della finzione dell'Europa, intesa come l'essenza di una civiltà. «Quelle giovani vittime ucraine, protagoniste della barricate nelle piazze, invocavano l'Europa per avere un sistema di regole, un luogo in cui è garantita la democrazia e la sacralità dell'individuo. Ma – riflette Quirico – l'Ue si è dimostrata vile, ancorata all'universo delle regole economiche gestite da mediocri politicanti e sedicenti leader».

Proseguendo, Quirico analizza il cambiamento del lavoro dell'inviato speciale in età digitale sostenendo come i principi guida della sua idea di giornalismo (ma anche il suo personale rapporto con la vita e gli uomini) maturarono durante il genocidio in Ruanda del 1994 in cui persero la vita 800mila persone. Gli avvenimenti «ebbero un carattere orribilmente unico, con un rapporto diretto e tattile tra assassino e vittima, diverso, perfino, da quello meccanico messo in atto dai nazisti nei confronti degli ebrei.

L'insondabile profondità del genocidio ruandese – prosegue – comportò una spersonalizzazione dell'altro: il sistema dell'informazione fallì perché noi raccontammo soltanto il dopo, quindi venne meno il nostro compito primario di essere presenti prima e durante l'evento».

Per Quirico, l'obbligo di raccontare determina «un rapporto di responsabilità morale tra le parole scritte e gli eventi». Dopo il rapimento in Siria (aprile-settembre 2013), il reporter svela di interrogarsi incessantemente sulla propria «incapacità nel raccontare in seguito al mio stato di partecipazione personale alla totalità della disperazione umana che rappresenta la guerra siriana».

Agli occhi del pubblico, Quirico appare segnato non tanto dalla sua vicenda – che definisce soltanto «un incidente di percorso» lavorativo – ma dagli avvenimenti con i quali viene a contatto nelle zone più calde del mondo. La Libia e la Siria, avverte, sono due tasselli per la ricostruzione dell'Islam nella sua purezza territoriale. «Il progetto politico del califfato non è un'invenzione di qualche nostalgico. L'umiliazione subita nei secoli passati è un'offesa contemporanea poiché, per le formazioni jihadiste (ma, in generale, per quanti professano l'islam), il tempo storico non nasconde o allontana gli avvenimenti, ma li infiamma, rendendoli contemporanei».