Enrico Chiesa (intervista): "Ho giocato nel Parma più forte di tutti i tempi"
di Nicola Ricchitelli - Parma, Sampdoria, Lazio e Siena tra le maglie indossate dall’ex attaccante blucerchiato, due coppe Italia con Fiorentina e Parma, una Coppa Uefa; con quest’ultima e una coppa delle Coppe con i blucerchiati della Sampdoria.
Eccovi la chiacchierata avuta qualche tempo con l’attuale tecnico della primavera blucerchiata ed ex calciatore di Sampdoria e Parma.
D: Mister, dopo anni sui campi di calcio, ora quegli stessi campi li vede da una panchina... com’è la visuale?
R:« Sicuramente è una cosa completamente diversa, qui hai una responsabilità importante - allenando la primavera della Sampdoria - visto che ho a che fare con ragazzi che vanno dai 16 ai 18 anni, con ragazzi che sono adulti ma non ancora, perciò hai una responsabilità diversa da quando indossavo la maglia da calciatore. Lì era più facile in quanto avevi una responsabilità relativa, c'era il campo e gli allenamenti a cui pensare, invece essere allenatore vuol dire pensare a tutti una serie di altri aspetti».
D: C’è qualche nome che alleni di cui sicuramente sentiremo parlare in futuro?
R:«Sai, è difficile dirlo. Nomi non ne faccio ma devo dire che vi è stata una crescita importantissima di questa squadra dall’estate scorsa ad oggi, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista tattico, abbiamo iniziato il campionato facendo un po’ di fatica, per poi raggiungere buoni risultati. Vi è stata una crescita costante da parte di tutti, e insomma, fare nomi ora credo sia un po’ presto».
D: Quali gli aspetti cui tenere conto maggiormente nell’allenare i ragazzi più quei tecnici o umani?
R:«Tutti gli aspetti per quanto riguarda un ragazzo e un calciatore sono importanti. È logico che l’aspetto caratteriale e comportamentale in questa fase sono molto importanti, e quindi parlo della scuola, dei loro comportamenti fuori dal campo, quindi quello tecnico, tattico e via dicendo. In questa fase della loro via i ragazzi vanno seguiti giorno per giorno e ora per ora costantemente. Però devo dire che l’aspetto comportamentale è fondamentale poiché se c’è quello questo poi si riversa nel lavoro in campo, poiché c’è impegno e voglia di imparare. Con grande umiltà si riesce a crescere sia tecnicamente e umanamente».
D: Mister, mi conceda ora qualche domanda sulla sua carriera. Qualche tempo fa il Parma ha celebrato i suoi cento anni di storia. Cosa significa per lei essere entrato nella storia di questo leggendario club?
R:«Purtroppo non ho potuto prendere parte alla festa poiché c’era il “Mantovani day”. A Parma sono stati sicuramente tre anni importanti, tre anni di vittori e bei ricordi. Credo di aver giocato nella squadra più forte della mia carriera, oltre ad essere quel Parma il più forte di tutti i tempi, e in quel periodo credo anche d’Italia».
D: Era più forte la coppia Chiesa-Crespo, Chiesa-Batistuta o Chiesa-Mancini?
R:«Con Crespo e Batistuta mi mettevo a loro disposizione poiché erano centravanti e avevano bisogno dell’area di rigore mentre io giravo attorno, mentre con Mancini le cose erano un po’ più diverse poiché lui era un centravanti finto, portava via parecchi difensori lasciando a me più libertà di manovra e più libertà in area di rigore. Insomma, un conto è dare la palla e quindi fare gli assist, un conto riceverla e metterla dentro».
D: Di te si disse che eri un mix tra Gigi Riva e Paolo Rossi, con “Rombo di tuono” che addirittura ti definì tuo erede. Chi è oggi invece l’erede di Enrico Chiesa?
R:«Aspettiamo ancora qualche anno e vedremo, io mi auguro che ci sia un erede di Enrico Chiesa, poiché questo vuol dire che Enrico Chiesa ha lasciato un buon segno nel calcio italiano. Io trovo che Gigi Riva è stato ed è un personaggio straordinario. Quando l’ho ritrovato in nazionale questa è stata una cosa che mi ha sempre detto, e questo è stato per me una cosa davvero importante visto che per me è stato un idolo assoluto. Ha vinto lo scudetto con il Cagliari quando io sono nato però delle sue gesta se ne sempre parlato tanto».
D: Mister, lei ha concluso la sua carriera sui campi di terra battuta – Figline in Seconda Divisione- come mai quella scelta?
R:«Si, devo dire che è stata una scelta non economica. Avevo ancora gran voglia di giocare, quindi c’era questa società a pochi passi da Firenze e decisi di intraprendere questa avventura. Devo dire che anche qui mi so tolto le mie soddisfazioni visto che ho vinto un campionato; insomma avevo iniziato da lì e ho smesso lì, sui campi di terra battuta».
D: Ci pensa ad una panchina di prestigio? Magari a quella della Sampdoria in prima squadra?
R:« Ma no. Ti dico una cosa, quando si inizia a giocare, lo si fa per passione, per voler cercare di arrivare più in alto possibile. Lavorando giorno per giorno e con le mie possibilità sono arrivato fin in nazionale. Quando ho iniziato ad allenare ho iniziato con la consapevolezza di dover fare il meglio possibile, con la consapevolezza che si indossa una veste diversa da quella del calciatore e che la strada da intraprendere è fondamentalmente diversa».
Poi ci sono i circa 200 goal realizzati tra campionato, coppe e nazionale che ne hanno fatto tra gli attaccanti italiani tra i più prolifici di tutti i tempi.
Eccovi la chiacchierata avuta qualche tempo con l’attuale tecnico della primavera blucerchiata ed ex calciatore di Sampdoria e Parma.
D: Mister, dopo anni sui campi di calcio, ora quegli stessi campi li vede da una panchina... com’è la visuale?
R:« Sicuramente è una cosa completamente diversa, qui hai una responsabilità importante - allenando la primavera della Sampdoria - visto che ho a che fare con ragazzi che vanno dai 16 ai 18 anni, con ragazzi che sono adulti ma non ancora, perciò hai una responsabilità diversa da quando indossavo la maglia da calciatore. Lì era più facile in quanto avevi una responsabilità relativa, c'era il campo e gli allenamenti a cui pensare, invece essere allenatore vuol dire pensare a tutti una serie di altri aspetti».
D: C’è qualche nome che alleni di cui sicuramente sentiremo parlare in futuro?
R:«Sai, è difficile dirlo. Nomi non ne faccio ma devo dire che vi è stata una crescita importantissima di questa squadra dall’estate scorsa ad oggi, sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista tattico, abbiamo iniziato il campionato facendo un po’ di fatica, per poi raggiungere buoni risultati. Vi è stata una crescita costante da parte di tutti, e insomma, fare nomi ora credo sia un po’ presto».
D: Quali gli aspetti cui tenere conto maggiormente nell’allenare i ragazzi più quei tecnici o umani?
R:«Tutti gli aspetti per quanto riguarda un ragazzo e un calciatore sono importanti. È logico che l’aspetto caratteriale e comportamentale in questa fase sono molto importanti, e quindi parlo della scuola, dei loro comportamenti fuori dal campo, quindi quello tecnico, tattico e via dicendo. In questa fase della loro via i ragazzi vanno seguiti giorno per giorno e ora per ora costantemente. Però devo dire che l’aspetto comportamentale è fondamentale poiché se c’è quello questo poi si riversa nel lavoro in campo, poiché c’è impegno e voglia di imparare. Con grande umiltà si riesce a crescere sia tecnicamente e umanamente».
D: Mister, mi conceda ora qualche domanda sulla sua carriera. Qualche tempo fa il Parma ha celebrato i suoi cento anni di storia. Cosa significa per lei essere entrato nella storia di questo leggendario club?
R:«Purtroppo non ho potuto prendere parte alla festa poiché c’era il “Mantovani day”. A Parma sono stati sicuramente tre anni importanti, tre anni di vittori e bei ricordi. Credo di aver giocato nella squadra più forte della mia carriera, oltre ad essere quel Parma il più forte di tutti i tempi, e in quel periodo credo anche d’Italia».
D: Era più forte la coppia Chiesa-Crespo, Chiesa-Batistuta o Chiesa-Mancini?
R:«Con Crespo e Batistuta mi mettevo a loro disposizione poiché erano centravanti e avevano bisogno dell’area di rigore mentre io giravo attorno, mentre con Mancini le cose erano un po’ più diverse poiché lui era un centravanti finto, portava via parecchi difensori lasciando a me più libertà di manovra e più libertà in area di rigore. Insomma, un conto è dare la palla e quindi fare gli assist, un conto riceverla e metterla dentro».
D: Di te si disse che eri un mix tra Gigi Riva e Paolo Rossi, con “Rombo di tuono” che addirittura ti definì tuo erede. Chi è oggi invece l’erede di Enrico Chiesa?
R:«Aspettiamo ancora qualche anno e vedremo, io mi auguro che ci sia un erede di Enrico Chiesa, poiché questo vuol dire che Enrico Chiesa ha lasciato un buon segno nel calcio italiano. Io trovo che Gigi Riva è stato ed è un personaggio straordinario. Quando l’ho ritrovato in nazionale questa è stata una cosa che mi ha sempre detto, e questo è stato per me una cosa davvero importante visto che per me è stato un idolo assoluto. Ha vinto lo scudetto con il Cagliari quando io sono nato però delle sue gesta se ne sempre parlato tanto».
D: Mister, lei ha concluso la sua carriera sui campi di terra battuta – Figline in Seconda Divisione- come mai quella scelta?
R:«Si, devo dire che è stata una scelta non economica. Avevo ancora gran voglia di giocare, quindi c’era questa società a pochi passi da Firenze e decisi di intraprendere questa avventura. Devo dire che anche qui mi so tolto le mie soddisfazioni visto che ho vinto un campionato; insomma avevo iniziato da lì e ho smesso lì, sui campi di terra battuta».
D: Ci pensa ad una panchina di prestigio? Magari a quella della Sampdoria in prima squadra?
R:« Ma no. Ti dico una cosa, quando si inizia a giocare, lo si fa per passione, per voler cercare di arrivare più in alto possibile. Lavorando giorno per giorno e con le mie possibilità sono arrivato fin in nazionale. Quando ho iniziato ad allenare ho iniziato con la consapevolezza di dover fare il meglio possibile, con la consapevolezza che si indossa una veste diversa da quella del calciatore e che la strada da intraprendere è fondamentalmente diversa».

