Cronaca nera: una chiacchierata con il dott. Alessio Bucci tra i misteri di Erba, Garlasco, Avetrana e Brembate

di Nicola Ricchitelli - Da Salvatore Parolisi, « …non so se lo si sarebbe potuto mettere con le spalle al muro» a Sabrina Misseri, «fu sua la mano che uccise la povera Sarah…», passando per Garlasco: «è proprio il caso di dirlo, hanno cercato un ago in un pagliaio e l’hanno trovato», fino ad arrivare alla strage di Erba: «Rosa Bazzi e Olindo Romano sono, secondo me, assolutamente estranei alla vicenda…»: vi è tutto questo e molto di più nella chiacchierata avuta con il dott. Alessio Bucci - Riabilitatore Psichiatrico- attualmente impegnato in diversi progetti di prevenzione e sensibilizzazione alla violenza negli istituto secondari del territorio pugliese. Il suo curriculum vanta la certificazione di Evidence Collector Specialist (Specialista in ricerca e reperta mento tracce sulla scena del crimine) conseguita in North Carolina, negli USA, secondo gli standard Americani oltre ad una specializzazione in Programmazione neuro-linguistica.

D: Dott.Bucci, omicidi e delitti sono all’ordine del giorno. Perché su alcuni si accendono le macabre luci della ribalta rispetto ad altri? R: «Credo che indubbiamente ci siano dei casi che si offrano maggiormente, in quanto a presenza di colpi di scena”, durante l’attività investigativa, o alla tipologia della vittima e dell’aggressore, o dal grado di crudeltà che sconvolge l’opinione pubblica. Ne è un esempio, la notizia di questi giorni, del ragazzino 14 enne abusato dal branco in un autolavaggio con l’ausilio di un compressore, che ha avuto una altissima attenzione mediatica. Social, giornali e web e tv non hanno fatto che parlarne in maniera capillare proprio per l’efferatezza del reato».

D: Casi come quelli di Garlasco (Chiara Poggi) e Brembate (YaraGambiraso) ci portano ad un’altra riflessione: come mai spesso si fatica ad assicurare il colpevole alla giustizia? R: «Bè mi cita due casi completamente diversi nel loro genere. L’omicidio di Brembate, a quanto pare, ha il nome e il volto del presunto colpevole. E’ un caso molto complicato che ha richiesto anni di attività investigativa, ma che ha portato ad un risultato. Per ciò che concerne l’Omicidio di Chiara Poggi, credo ci siano stati una serie di fattori che hanno intralciato le indagini».

D: Dott.Bucci, possono dirsi il delitto di Via Poma (Simonetta Cesaroni) e quello della Sapienza (Marta Russo) i due delitti che in qualche maniera abbiano segnato una svolta nella spettacolarizzazione della cronaca nera? R: «Il delitto di Via Poma sicuramente sì. Probabilmente, a causa del fatto che l’assoluzione di Raniero Busco è avvenuta 24 anni dopo l’omicidio. Però, se lei mi parla di “spettacolarizzazione della cronaca nera”, il mio pensiero non può che andare ad altri due delitti: in ordine cronologico, il delitto di Cogne. Ricordo in maniera chiarissima l’intervista, in diretta tv, fatta ad Anna Maria Franzoni, Madre della vittima e, ad oggi, colpevole, qualche giorno dopo l’omicidio. Se non erro, molte delle informazioni che la stessa Franzoni fornì durante quell’intervista furono oggetto di attenzione degli investigatori. L’altro, e più recente, invece, è stato l’omicidio di Sarah Scazzi. In questo caso abbiamo assistito alla totale spettacolarizzazione. Addirittura, i colpevoli (o presunti tali per essere garantisti) hanno utilizzato i media, per entrare a “gamba tesa” nelle indagini».

Il dott. Alessio Bucci
D: Tra meno di un mese ci sarà l’appello per Sabrina Misseri. Possiamo dire con certezza che fu sua la mano omicida che tolse la vita alla piccola Sarah? R: «Guardi, il sistema giudiziario italiano prevede tre gradi di giudizio, e sino al terzo dobbiamo dunque essere garantisti. Per quanto riguarda la mia opinione sul caso, posso dirle che credo che fu la mano di Sabrina Misseri quella che uccise la povera Sarah e che si avvalse dell’aiuto della madre e del padre in una fase successiva all’omicidio. La mia opinione è perfettamente in linea con la tesi dell’accusa».

D: Quale secondo il suo punto di vista il caso più interessante? R: «Bè, durante la mia formazione, ho avuto modo di studiare bene alcuni casi di cronaca nera sia italiana che internazionale. Quello che, a mio avviso, è stato più interessante analizzare da punto di vista investigativo è stata la “Strage di Erba”».

D: Quale la sua opinione su Olinda e Rosa Romano? R: «Conosco questa vicenda in maniera capillare. Ho avuto modo di leggere le sentenze, di visionare le foto della scena del crimine e ascoltare le prove testimoniali. Rosa Bazzi e Olindo Romano sono, secondo me, assolutamente estranei alla vicenda. So che questa mia affermazione può risultare bizzarra a tutti coloro i quali hanno visto, in qualche talk televisivo, i video dei due coniugi che confessavano questa atroce strage, ma quello che loro hanno raccontato di aver fatto non trova corrispondenze con il risultato dell’attività investigativa. Sono tantissimi i punti di divergenza tra la loro versione e le informazioni che la scena del crimine, e i corpi delle vittime, ci restituiscono».

D: Altro delitto che ha tenuto incollati milioni di italiani dinanzi ai vari talk è stato l’omicidio di Melania Rea. Come si sarebbe potuto mettere Parolisi con le spalle al muro e farlo confessare? R: «Ottenere una confessione da un colpevole è un’attività molto complessa da un punto di vista investigativo. E’ necessaria una preparazione molto solida da parte di chi gestisce un interrogatorio. Tecniche di comunicazione, decodifica di segnali non verbali, capacità di rilevare menzogne e comprenderne le motivazioni che le sottendono. Ma comunque, tutto ciò può risultare non sufficiente. Gran parte la fa la tipologia di soggetto con il quale si ha a che fare… Non ho mai incontrato Parolisi, dunque non so se lo si sarebbe potuto mettere con le spalle al muro».

D: Un caso che sfugge alla più fervida immaginazione è stato quello di Yara Gambirasio: si sarebbe mai aspettato un epilogo di quel tipo? R: «E’ stato un caso eccezionale nel suo genere. Gli investigatori hanno fatto un lavoro assurdo. Sinceramente non pensavo si riuscisse a dare nome e volto al famoso “ignoto 1”. E’ proprio il caso di dirlo hanno cercato un ago in un pagliaio e l’hanno trovato. Questo mi fa pensare che si sta andando nella giusta direzione, e che la prova scientifica fa la sua parte. Ricordiamo che gli investigatori sono partiti da un campione DNA trovato sugli slip della vittima e “step by step” hanno ricostruito un albero genealogico, passando ahimè anche attraverso qualche relazione extraconiugale, che ha portato ad identificare Ignoto 1 con la persona di Massimo Bossetti. Adesso vedremo quali saranno le argomentazioni che la Difesa utilizzerà per convincere che Ignoto 1 non sia l’assassino della povera YaraGambirasio.Secondo il mio punto di vista sarà un’ardua impresa.

D: Dott.Bucci esiste il delitto perfetto? Può definirsi tale un giallo irrisolto? R: «A questa domanda le rispondo con una frase che diceva una illustre professoressa, della quale mi vanto esser stato allievo: “Non esiste il delitto perfetto, bensì indagini imperfette!”. E ricordo inoltre Il principio di Locard dice che quando due corpi entrano in contatto tra loro avviene sempre tra loro uno scambio dimateriale che lascia tracce. La bravura dell’investigatore sta nel sapere dove cercarle».